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Il giorno che per Mary s’era concluso con un fiotto di lacrime solitarie avrebbe dovuto essere invece tutto un riposo per Conrad Manz, con in più un’oretta di volojet verso il mezzogiorno. Invece quel mattino si svegliò con un sussulto accorgendosi, incredulo, che sua moglie parlava mentre ancora dormiva.

S’avvicinò al letto di lei per accertarsene, ma dormiva davvero. Era come se la mente di lei credesse d’essere da qualche altra parte, e di fare chissà cos’altro. Vagamente ricordava che gli antichi facevano qualcosa chiamato sognare mentre dormivano, e il pensiero lo fece rabbrividire.

— Oh, Bill! — stava dicendo Clara Manz. — Ci prenderanno; non possiamo recitare più questa commedia, così senza droghe. Non abbiamo delle droghe qui, Bill?

Poi tacque e parve calmarsi. Ma il suo respiro era rapido, e anche nella grigia luce dell’alba il suo volto incorniciato dai capelli biondi appariva soffuso di rossore.

Poiché s’era appena svegliato Conrad aveva nel sangue una bassa percentuale di droghe, e quell’incidente gli apparve quanto mai seccante. Raccolse dal comodino il suo medibox e andò in bagno. S’iniettò la sua dose di Talamblok, gli enzimi integrativi, e tornò in camera da letto. Clara stava ancora dormendo.

Era da qualche tempo che si comportava stranamente, pensò, ma non aveva mai avuto nulla di simile a sintomi di quel genere. Sapeva che avrebbe dovuto chiamare un sorvegliante medico, ma naturalmente sapeva anche che non avrebbe fatto nulla di così estremo. Con ogni probabilità la cosa aveva una spiegazione: una spiegazione semplice. Clara era sempre stata un po’ spaventata. Magari aveva dimenticato di prendere la Soporina, e di conseguenza aveva sognato. La sola parola bastava a dare un tremito al suo corpo robusto. Ma se si era dimenticata di prendere una delle sue droghe obbligatorie e lui avesse chiamato un sorvegliante medico, la faccenda avrebbe avuto gravi conseguenze.

Conrad andò allo scaffale dei libri e ne trasse fuori Le Vostre Droghe. Accese una lampada nella stanza appena illuminata dall’aurora e sedette pesantemente in poltrona. Imparate a conoscere meglio le droghe della vostra famiglia. Edizione Governativa, 2831. Il libro era quasi tutta propaganda della Sorveglianza Medica, e non dava quasi nessun suggerimento pratico. Se qualcosa non andava, bisognava comunque chiamare un sorvegliante medico.

Conrad sfogliò le pagine in cerca del capitolo dove si parlava della Soporina. Certo era strano che lei avesse fatto quel nome: Bill. Ripassò tutti gli uomini di cui loro due erano amici, quelli con cui Clara aveva unioni occasionali, gli amici degli amici di lei, e non riuscì a ricordare nessun Bill. L’unico individuo di quel nome che lui conoscesse era il suo iperego, Bill Walden. Ma naturalmente questo era impossibile.

Probabilmente il sognare riguardava sempre persone immaginarie.

SOPORINA: una mistura ufficialmente approvata di soporiferi naturali, alcaloidi ipnotici e sostanze sintetiche. È una droga importante, parte essenziale di ogni ricetta personale. Non sono permesse neppure lievi deviazioni nel seguire le prescrizioni, poiché il comportamento dei contravventori può venir sottilmente alterato nel corso degli anni. Il primo tipo di Soporina fu scoperto da Thomas Marshall nel 1986. Da allora la formula base è stata modificata solo due volte.

Seguiva una particolareggiata descrizione chimica e farmacologica dei vari ingredienti, e Conrad la saltò.

Si può meglio capire l’importanza della Soporina nella vita dell’individuo e della società quando rileggiamo le parole con cui Marshall annunciò la sua scoperta:

«È durante il cosiddetto sonno normale che il nostro inconscio malato (responsabile delle guerre e di ogni altra causa d’infelicità) sviluppa le sue risorse e rafforza la presa sulla nostra vita cosciente.

«Durante questo sonno normale le capacità critiche della corteccia sono paralizzate. E, nel contempo, l’inconscio infantile espande le sue malinterpretate esperienze nei tossici schemi delle neurosi e delle psicosi. La mente conscia si risveglia al mattino senza sospettare che quelle motivazioni infantili sono state malignamente insinuate nella sua struttura intima.

«La Soporina impedisce questo processo. È una droga innocua che mette fine alle inconscie attività oniriche. A nostro parere la Sorveglianza Medica dovrebbe subito approvare leggi al fine di abituare al suo uso ogni bambino. In questi giovani, col passar degli anni, l’inconscio che non potrà avvelenare la loro mente nel sonno combatterà una battaglia persa nelle ore di veglia, con gli schemi consci che premono verso la positiva maturazione dell’adulto».

Non c’era altro. In ognuna delle sue pubblicazioni la Sorveglianza Medica non faceva che congratularsi con se stessa per aver salvato l’umanità. Ma se qualcuno era nei guai e chiamava un sorvegliante medico, allora finiva veramente nei guai.

Conrad s’accorse che Clara era in piedi sulla porta. Fra il rossore delle sue disordinate emozioni ed il pallore della stanchezza, le guance di lei erano chiazzate come se l’avessero presa a schiaffi.

Conrad depose il libro e con un goffo gesto d’imbarazzo le indicò il titolo: — Signora mia, tu… hai dimenticato di prendere la Soporina?

Clara si fece ancora più pallida: — Io non… non capisco.

— Stavi parlando nel sonno.

— Io… davvero?

La giovane donna vacillò avanti a passi così deboli che lui dovette aiutarla a sedersi. Lo fissò. In tono gioviale Conrad chiese: — Chi è questo Bill con cui eri così disperatamente coinvolta? Hai una relazione di cui non so nulla? Forse i miei amici non sono abbastanza belli per te?

Il risultato di quel tentativo spiritoso fu che lei cominciò a piangere in modo allarmante. Si strinse la vestaglia attorno, abbassò la testa bionda fin sulle ginocchia e scoppiò in singhiozzi.

Ai bambini capitava di piangere prima d’abituarsi alle droghe, ma in vita sua Conrad Manz non aveva mai visto piangere un adulto. Benché avesse appena preso le sue droghe mattutine e certe spiacevoli emozioni fossero già impossibili per lui, quei singhiozzi rischiarono di sconvolgerlo.

Fra un ansito e l’altro Clara stava balbettando: — Oh, io non posso tornare a prenderle! Ma così non posso farcela! Proprio non posso!

— Clara, tesoro, non so cosa dirti e neanche cosa fare. Penso che sarebbe meglio chiamare la Sorveglianza Medica.

Con un gemito di spavento lei si alzò e lo abbracciò, tremante e supplichevole. — Oh, no, Conrad, non è necessario, credimi! Questo non è necessario. Ho soltanto dimenticato di prendere la mia Soporina, ma non succederà più. Tutto ciò di cui ho bisogno è un po’ di Soporina. Ti prego, prendi il mio medibox e vedrai che poi starò bene.

Era così disperata che Conrad si lasciò convincere, e pur di vedere la paura abbandonare il suo volto andò a prendere il medibox di lei e un bicchiere d’acqua.

Pochi minuti dopo aver preso la Soporina la giovane donna s’era calmata, e mentre lui la faceva stendere sul letto rise, con pigra indolenza. — Oh, Conrad, tu prendi tutto così sul tragico. Avevo bisogno della Soporina, nient’altro, e adesso sto benissimo. Dormirò tutto il giorno. Oggi è giorno di riposo, no? Adesso vai pure a gareggiare con il volojet, e smettila di preoccuparti e non pensare più di chiamare nessun sorvegliante medico.

Ma Conrad non andò a fare un’ora di volojet come aveva programmato. Clara s’era riaddormentata solo da pochi minuti quando il visifono squillò: in ufficio avevano bisogno di lui. La città di Santa Fé sarebbe finita nel caos entro una dozzina di ego-rotazioni se i nuovi piani del traffico non fossero divenuti operanti quanto prima. Avrebbero dovuto cominciare ad applicarli nei cinque giorni successivi, cioè quando non sarebbe stato il suo turno di ego-rotazione. E adesso lui e gli altri tre direttori del traffico con cui lavorava dovevano familiarizzarsi con la nuova operazione, per essere pronti fin dal primo giorno del loro prossimo turno.