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Ma il suo matrimonio con Colm non meritava un colpo di spugna. È vero, quando aveva accettato la sua proposta di matrimonio non si era sentita sicura al 100 per cento, e aveva nutrito dubbi perfino mentre percorreva la navata della chiesa. Però nei primi anni era stato bello; a rovinare l’unione era stato il progressivo divergere delle rispettive mete.

In quegli ultimi tempi si era fatto un gran parlare del Grande balzo in avanti, circa 40.000 anni prima, con l’emergere del fenomeno della coscienza umana. Be’, anche per Mary un bel giorno era arrivato il momento del Grande balzo in avanti: quando aveva capito che i suoi sogni e la sua carriera non potevano andare al rimorchio di quelli del marito. Da quel momento, i loro due universi si erano separati.

No, non avrebbe rinnegato il suo matrimonio.

Il che implicava…

Chiedere il divorzio, non l’annullamento. Per la verità nessun Codice impediva a una gliksin (termine neanderthaliano per Homo sapiens), ancora legalmente sposata, di celebrare un Legame con un barast; ma prima o poi il problema sarebbe finito in Parlamento.

Effettuato un sorpasso, Mary si voltò verso Ponter: — Amore…

— Sì?

— Ti ho detto che trascorreremo la notte a casa mia a Richmond Hill…

Lui annuì.

— E… be’, sai anche che in questo mondo io sono ancora legata a… al mio compagno.

Ponter annuì di nuovo.

— Io… vorrei incontrarlo, se possibile, prima che partiamo per Sudbury. Incontrarlo a pranzo o a cena.

— Mi interesserebbe conoscerlo — disse Ponter. — Vedere com’era il gliksin che avevi scelto…

Il CD passò a un’altra canzone. Is there life after love?

— No — disse Mary. — Voglio dire, ho bisogno di parlargli da sola.

L’unico, grande sopracciglio di Ponter gli scalò la fronte, e lui disse: — Oh.

Mary tornò a fissare la strada. — È ora che io e lui sistemiamo la faccenda.

3

’Come ho detto più volte in campagna elettorale, e ora confermo: un Presidente deve guardare avanti, non solo in vista delle prossime elezioni ma ai decenni, alle generazioni che verranno. È con questo atteggiamento che ora desidero rivolgermi a voi…”

Cornelius Ruskin, nel suo “attico dei poveri” nel quartiere di Driftwood, a Toronto, giaceva a letto madido di sudore. Dalle veneziane filtrava la luce del sole. Erano giorni che non metteva la sveglia, e non aveva neppure la forza di voltarsi a guardare che ora fosse.

Il mondo reale non avrebbe tardato a ripresentarsi. Non ricordava con esattezza quanti giorni di malattia gli fossero consentiti per contratto, ma passato un certo periodo l’Università, il sindacato, l’assicurazione, o tutt’e tre, avrebbero richiesto un certificato medico. Perciò, se non tornava a insegnare, non avrebbe ricevuto la paga. E senza paga…

Be’, aveva ancora risparmi sufficienti per un altro mese d’affitto, oltre alle rate anticipate. Poteva resistere tutto dicembre compreso.

Per l’ennesima volta, andò con le dita in cerca dei testicoli spariti. Non che la scienza medica fosse inerme: molti uomini venivano privati dei genitali per combattere un tumore. Si poteva andare avanti a forza di testosterone senza che nessuno, pubblicamente, lo sapesse.

Ma la vita intima? Non ne aveva più una da due anni, da quando Melody lo aveva mollato. Attualmente Melody lavorava per una multinazionale, con uno stipendio di 180.000 dollari all’anno. No, lui non era l’uomo forte di cui lei aveva bisogno.

Tanto meno adesso.

Fissava il soffitto. Non riusciva a mettere a fuoco nulla.

Era solo qualche mese che Mary e Colm non si vedevano, ma lui le sembrò invecchiato di cinque anni.

Quando Mary gli fu vicina Colm si alzò, e si chinò per darle un bacio. Lei si voltò di scatto, offrendogli solo la guancia.

— Ciao, Mary — disse, e si rimise seduto.

La steak-house aveva un aspetto surreale all’ora di pranzo; i listelli in legno scuro, le lampade in stile Tiffany, l’assenza di finestre davano l’impressione che fosse notte. Colm aveva già ordinato il vino: il loro preferito, L’ambiance. Le riempì il bicchiere.

Mary cercò di sembrare il più disinvolta possibile, e prese posto al lato opposto del tavolo. Tra loro due in un calice di cristallo sfrigolava una candela. Anche Colm era un po’ sovrappeso e ingrigito, e in più si stava stempiando. Aveva naso e bocca piccoli perfino per gli standard gliksin.

— Sempre in TV, eh? — disse Colm. Mary, sulla difensiva, stava per replicare, ma lui la interruppe: — Sono felice per te.

Mary cercò di conservare il sangue freddo. Era già abbastanza difficile così, non era il caso di buttarla sull’emotivo. — Ti ringrazio.

— E allora? Com’è? — chiese Colm. — Il mondo dei neanderthal, intendo.

Mary fece spallucce. — Proprio come dice la TV: più pulito, meno affollato.

— Mi piacerebbe visitarlo, una volta o l’altra — disse Colm, ma poi si accigliò. — Anche se non credo che mi inviterebbero. Le mie competenze non sembrano granché utili laggiù.

Non aveva tutti i torti. Insegnava Lettere all’Università di Toronto, con un corso sui drammi di Shakespeare dalla paternità dibattuta. — Chi può dirlo? — commentò lei. Una volta, dopo il matrimonio, Colm si era preso sei mesi di permesso che aveva trascorso in Cina; lei non avrebbe mai sospettato che i cinesi fossero interessati alla questione.

Colm, nel suo campo, era autorevole quanto Mary nel proprio. Solo che il mondo reale faceva delle discriminazioni: sia l’Università di York che quella di Toronto retribuivano i docenti sulla base della richiesta di mercato, e il “valore” di una genetista era considerato parecchio superiore a quello di uno studioso shakespeariano. Un amico di Mary aveva l’abitudine di attaccare questa barzelletta al termine delle e-maiclass="underline"

Di fronte all’oggetto misterioso, il laureato in Scienze chiede: “Come fa a funzionare?”. Quello in Ingegneria: “In che modo funziona?”. Il diplomato in Ragioneria: “Quanto costerà?”. E il laureato in Lettere: “Posso metterci le patatine fritte?”.

La superiorità professionale di Mary era stata solo uno dei motivi di frizione. Con tutto ciò, non osava pensare a come avrebbe reagito Colm se avesse saputo quanto la pagavano alla Synergy.

Arrivò una cameriera. Colm ordinò bistecca e patatine; Mary, pesce persico.

— Com’è New York? — chiese lui.

Per un attimo lei pensò che si riferisse alla città, dove Ponter era quasi stato ucciso da un attentatore. Poi capì che si riferiva allo Stato di New York, alla nuova casa di Mary a Rochester. — Carino — rispose. — Il mio ufficio dà sul lago Ontario, e l’appartamento su uno dei Finger Lakes.

— Magnifico. — Bevve un sorso di vino, invitandola con lo sguardo a proseguire.

Mary inspirò profondamente. — Colm…

Lui posò il bicchiere. Erano stati sposati per sette anni; dal tono, era facile prevedere che ciò che stava per dire non gli sarebbe piaciuto.

— Colm — riprese Mary — penso che sia arrivato il momento per noi… per noi, di chiudere il capitolo.

Gli occhi di lui si ridussero a fessure. — Mi pare che abbiamo sistemato tutti i conti in sospeso.

— Voglio dire, è tempo di rendere… permanente la separazione.

La cameriera aveva scelto il momento meno opportuno per portare le insalate. Colm le fece cenno di posarle e di lasciarli soli.

— Cioè, l’annullamento?

— Penso… penso che preferirei il divorzio — disse Mary, quasi in un sussurro.

— Bene — disse lui spostando lo sguardo sul caminetto del locale. — Bene. Molto bene.