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Set era seduto su un grosso divano privo di schienale. Un trono dell’ebano più scuro, sollevato a circa un metro dal pavimento sul quale mi trovavo. Su entrambi i lati della sua figura erano poste un gran numero di statue in legno e in pietra; una di esse si sarebbe detta d’avorio. Erano tutte di diversa grandezza e fattura; dovevano essere state intagliate da mani diverse. Alcune erano piuttosto rozze. Quella d’avorio, invece, era un vero e proprio capolavoro.

Tutte raffiguravano lo stesso soggetto: la creatura infernale di nome Set.

Dai suoi occhi rossi a forma di fessura emanava un odio implacabile. Col suo volto provvisto di corna, il corpo coperto di scaglie cremisi e la lunga coda in continuo movimento era veramente l’incarnazione del demonio. Migliaia di generazioni di esseri umani avrebbero tremato di fronte alla sua immagine. Il suo volto era quello degli incubi più tremendi, del terrore più irrazionale, di un’eterna inimicizia senza confini né pietà.

Avvertivo quell’odio bruciare nel mio stesso animo. Mi tremarono le ginocchia per l’odio e l’orrore quando mi resi conto di trovarmi di fronte al principale nemico di tutto il genere umano.

— Tu sei Orion. — Le parole erano una lama nella mia mente.

Risposi, a voce alta: — E tu sei Set.

— Miserabile scimmia. Saresti tu ciò che i tuoi Creatori hanno pensato di mandare contro di me?

— Dov’è Anya? — domandai.

La bocca di Set si dischiuse quasi impercettibilmente. In un viso umano il suo avrebbe potuto essere un sorriso crudele. Molte file di denti appuntiti, simili a quelle di uno squalo, scintillarono nell’intensa luce rossa.

— Il punto debole dei mammiferi risiede nel loro attaccamento ad altri mammiferi. Prima fisicamente poi emotivamente, per tutta la vita.

— Dov’è Anya? — ripetei.

Set sollevò una mano e una parte della parete alla sua destra si trasformò in una finestra. Vidi decine di esseri umani stipati in una piccola stanza umida. Alcuni erano seduti, altri afferravano manciate di cibo incolore da una ciotola e se lo portavano alla bocca. Un uomo e una donna si accoppiavano in un angolo della stanza, ignorando gli altri e ignorati dagli altri.

— Scimmie — disse Set nella mia mente.

Osservai attentamente ma non riuscii a vedere Anya. Quindi pensai che quello era il primo esempio di tecnologia che avessi avuto occasione di notare da parte di Set e dei suoi rettili.

Set sollevò un artiglio e cominciai a udire un brusio e un cicaleccio di voci, urla, frammenti di conversazione, persino risate umane. Il pianto di un bambino. La voce rotta di un uomo che si lamentava amaramente di qualcuno che l’aveva chiamato vecchio pazzo. I sussurri di un trio di donne sedute in gruppo sul pavimento.

— Stupide scimmie chiacchierone — commentò Set. — Sempre a parlare. Sempre a borbottare. Cos’avranno mai da dirsi?

Quelle voci umane suonavano calde e rassicuranti alle mie orecchie.

Le parole di Set nella mia mente si fecero velenose. — Esseri umani sempre insieme un giorno dopo l’altro, e ancora sentono il bisogno di biascicare parole, di produrre rumore. Sarà un mondo migliore quando anche l’ultimo uomo sarà eliminato.

— Eliminato?

— Ah, vedo che ciò risveglia la tua curiosità scimmiesca; non è così?

— Hai intenzione di spazzare via l’intera razza umana?

— Vi cancellerò tutti dalla faccia della terra. — Anche se le sue parole giungevano come una proiezione nella mia mente, in esse mi sembrò di avvertire un sibilo di disprezzo.

La mia mente lavorava all’impazzata. Come poteva pensare di riuscire a spazzare via l’intera razza umana? Ero certo dell’esistenza dei Creatori in un lontano futuro, il che significava che il genere umano doveva essere sopravvissuto.

Udii Set prorompere nell’equivalente di una risata, uno strillo tanto acuto da raggelare il sangue, simile allo stridio di un’unghia contro una lavagna.

— I Creatori non esisteranno più quando avrò portato a termine il mio progetto. Piegherò il continuum al mio volere, Orion, e il tuo misero gruppetto di sedicenti dèi scomparirà come la fiamma di una candela spenta dal vento.

L’immagine sulla parete si fece sempre più scura.

— Anya…

— Vuoi incontrare la tua donna? Allora vieni con me. — Si alzò in piedi, ergendosi sopra di me come un terribile spettro di morte. — La incontrerai. E condividerai il suo destino.

Attraversammo un’altra soglia nascosta ed entrammo in un corridoio così poco illuminato da permettermi a malapena di distinguere la possente figura di Set davanti a me. Lui e i suoi simili, pensai, dovevano essere in grado di vedere senza problemi alla luce di una radiazione sotto l’infrarosso. Chissà se, per contro, non riuscivano a distinguere i colori di frequenza superiore, come il blu e il viola? Archiviai nella mente quella congettura per future considerazioni.

Il corridoio divenne una scala che scendeva a spirale verso le profondità della terra. Dalle pareti emanava un debole chiarore rosato, appena sufficiente a non farmi inciampare. Scendevamo sempre più in basso. Set era quasi trenta centimetri più alto di me, e la sua testa sfiorava il soffitto della galleria. Era di costituzione piuttosto robusta ma il suo corpo non era rigonfio di muscoli: aveva una sua grazia flessuosa simile alla mortale agilità di un boa constrictor.

Osservai un paio di sporgenze ossee che gli percorrevano il cranio per incontrarsi, sulla nuca, con la colonna vertebrale. Viste davanti, quelle sporgenze erano simili a due piccole corna, immediatamente sopra ai suoi occhi da serpente. Notai che dalla sua spina dorsale sporgevano alcuni spuntoni, vestigia di quelle che molti eoni prima dovevano essere state piastre ossee. Anche l’estremità della coda presentava un piccolo rigonfiamento che doveva essere stato un’arma difensiva.

La galleria si fece sempre più stretta e ripida. E sempre più calda. Cominciai a sudare. Il pavimento era spiacevolmente arroventato sotto i miei piedi nudi.

— Fin dove scende questa galleria? — domandai, e la mia voce echeggiò fra le pareti levigate.

La sua voce rispose nella mia mente: — I tuoi Creatori traggono la loro energia dal sole; io derivo la mia dalle profondità del pianeta, dall’oceano di metallo fuso che ribolle fra la crosta esterna di questo mondo e il suo nucleo.

— Il nucleo interno della Terra — mormorai.

— Un mare di energia — Set continuò — alimentato da gravità e radioattività, ribollente di correnti elettriche e campi magnetici, caldo al punto che il ferro e gli altri metalli vi si trovano allo stato liquido.

Era la descrizione dell’inferno. La sua energia proveniva dall’inferno.

Procedemmo sempre più in basso. Mi domandai perché Set non avesse costruito un ascensore. Camminammo in silenzio nella debole luce rosata per quelle che sembrarono molte ore. Era come passeggiare nell’interno di un forno.

Ha chiuso Anya quaggiù, dissi fra me e me. Per quale motivo l’ha rinchiusa a tale profondità? Teme forse di essere visto da qualcuno? Ha forse qualche altro nemico oltre ai Creatori? Forse qualche suo simile contrario ai suoi progetti?

I miei pensieri vorticavano senza fine, ma sempre tornavano a concentrarsi sulla stessa, terribile domanda: cosa avrà fatto ad Anya?

A poco a poco divenni cosciente di un’altra presenza nella mia mente, un intelletto che mi sondava con tale delicatezza che a malapena mi riusciva di avvertirlo. Dapprima pensai che si trattasse di Anya. Ma poi mi accorsi che era una presenza aliena, ostile. Allora compresi perché stessimo impiegando così tanto tempo per raggiungere la prigione di Anya. Set sondava la mia mente, m’interrogava con tale delicatezza da non farmene quasi accorgere, consultava i miei ricordi… Perché?

Set percepì la mia presa di coscienza di ciò che stava facendo.