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— Sei cocciuto come la tua donna. Dovrò usare metodi più radicali anche con te, così come ho dovuto fare con lei.

Divenni preda di una furia incontenibile, guidata dalla disperazione. Avrei voluto colpirlo sulla schiena e rompergli l’osso del collo. Ma sapevo che era in grado di sopraffarmi con estrema facilità. Avvertii il suo maligno divertimento di fronte ai miei pensieri.

— Soffre molto, Orion. La sua agonia si farà sempre più insostenibile, finché non le permetterò di morire.

13

La ripida galleria a spirale si interruppe di fronte a un’altra porta invisibile. Set non fece, mi sembrò, nessun movimento, eppure essa si aprì per rivelare ciò che a una prima occhiata sembrava un laboratorio.

Non riuscii a vedere Anya da nessuna parte. Nella camera echeggiava il ronzio diffuso e uniforme dell’energia elettrica. Uno in fila all’altro, su due lati di quella stanza angusta si snodava una serie di quadri di controllo. Alle nostre spalle c’erano un lungo tavolo da lavoro ingombro di strani oggetti e una sedia priva di schienale, ideata per una creatura bipede e munita di coda. La quarta parete era completamente spoglia.

Set sollevò gli artigli della mano destra e la parete cominciò a scivolare su se stessa rivelando una stanza molto più ampia, anch’essa ingombra di strane apparecchiature.

E Anya.

Era rinchiusa in un cilindro di vetro posto su una piattaforma rialzata. Completamente nuda, la donna era immobile, gli occhi chiusi e le mani distese lungo i fianchi. Lampi elettrici azzurri lambivano ogni centimetro della sua pelle.

— Non ti sembra felice? — risuonò la voce sibilante di Set nella mia mente.

Sembrava in stasi ipotermica. Oppure morta. Su ogni lato della piattaforma, all’esterno del cilindro di vetro in cui era chiusa Anya, vidi quattro statue raffiguranti Set. La più alta, scolpita nel legno, mi arrivava al petto.

— Guarda — Set ordinò.

Mi voltai a seguire la direzione indicata dal suo artiglio e vidi una fila di schermi snodarsi lungo tutta la parete.

— Mostrano i diagrammi delle sue onde cerebrali.

Una serie di punte di metallo dentellate danzavano nervosamente su e giù, al ritmo dei guizzi d’elettricità che percorrevano il corpo di Anya.

A un cenno della mano di Set i lampi azzurri aumentarono d’intensità, si fecero più intensi e più repentini sulla sua pelle. Il corpo nudo di Anya sembrò rimpicciolire in preda al tremore. Le sue palpebre si serrarono ancora di più, e lacrime di dolore si affacciarono sotto di esse. Con la coda dell’occhio vidi gli indicatori sugli schermi muoversi più freneticamente, lingue di fiamma che bruciavano nella mia mente.

Quel mostro la torturava con l’efficienza e la spietatezza con le quali un esercito di formiche rosse strazia le carni di qualunque essere vivente incontrino nel loro cammino.

— Basta! — gridai. — Basta!

— Apri la tua mente, Orion. Mostrami ciò che voglio vedere.

— E in cambio…?

— Vi permetterò di morire insieme.

Fissai intensamente i suoi occhi da rettile. In essi non vidi nessuna espressione di trionfo, nessuna gioia, nessun sadico piacere. Soltanto l’odio più puro. Odio per la razza umana, odio per i Creatori, per Anya, per me. Set stava semplicemente compiendo i passi necessari per raggiungere il suo scopo, senza il minimo scrupolo.

Anch’io sentivo l’odio ribollire dentro di me. Ma, impotente com’ero, scrollai le spalle e chinai il capo.

— Arresta il suo dolore e potrai fare di me ciò che vorrai — dissi.

— Farò diminuire il suo dolore — rispose Set. — Ma non lo farò cessare del tutto fino a quando non avrò appreso ciò che voglio sapere. Allora potrete morire entrambi.

I lampi azzurri sulla pelle di Anya si fecero più pallidi e si mossero più lentamente. Gli indicatori mostrarono che il suo dolore si era fatto meno intenso.

Allora la mente spietata e potente di Set penetrò nella mia come una punta d’acciaio rovente, in cerca della conoscenza che voleva. Mi sentii come immobilizzato, incapace di muovere un dito mentre quell’essere frugava nella mia mente in cerca di ricordi.

Vidi, udii e percepii tutti gli avvenimenti del mio passato. Il Radioso che annunciava di voler sterminare gli altri Creatori per rimanere l’unico, vero dio della razza umana. Lo splendore primitivo del Karakorum e Ogatai, gran Khan dei mongoli e mio amico, l’uomo che avevo assassinato. Il freddo umido e intenso della Cornovaglia medievale, dove i cavalieri di Artù si erano massacrati senza fine a vicenda.

Set si aggirava colmo d’ira nella mia mente, stimolando ricordi, pensieri, vite che erano state esiliate dalla mia coscienza, frugando alacremente, facendosi largo tra esse attraverso gli eoni in cui avevo vissuto, alla disperata ricerca di qualche particolare conoscenza.

Ma nel suo errare per la mia mente indifesa non poté fare a meno di esporre a me la sua. Il legame creatosi fra noi, per quanto straziante, si estendeva in entrambe le direzioni. Non che potessi leggere ogni suo pensiero, né potevo frugare direttamente fra i suoi banchi di memoria come lui faceva con me; ma neanche lui in quella circostanza poteva evitare che parte dei suoi pensieri giungessero alla mia mente.

Mi vidi nel laboratorio in cui il Radioso mi aveva creato. Mi vidi alla deriva su un mare in bonaccia, mezzo morto di sete. Mi vidi su un mondo in orbita intorno alla stella di nome Sirio. Mi vidi morire nell’esplosione di una grossa astronave, stringendo Anya tra le braccia.

Infine mi ritrovai in quella camera di tortura aliena, con Anya sofferente nella sua prigione di vetro e i malvagi occhi rossi di Set puntati contro di me.

— Bah! Tutte sciocchezze. Sai molto meno di quanto pensassi. — Per la prima volta le sue parole, infuocate nella mia mente, sembrarono colme di rabbia e delusione.

Il mio corpo ritrovò il controllo di se stesso. Mi sentivo formicolare tutto mentre il controllo di Set su di esso si faceva più debole.

Set portò nuovamente il suo sguardo da rettile su Anya. — Lei sa. Dovrò cercare anche nella sua mente.

— No! — gridai, mentre il rettile portava la mano verso gli strumenti sulla parete.

Aveva concentrato la sua attenzione su di essi, non curandosi di me per una semplice frazione di secondo. Per me fu più che sufficiente.

Afferrai la statua di legno più vicina e lo colpii sulla schiena. Set cadde contro gli schermi indicatori allineati sulla parete. Sollevata nuovamente la statua sopra la testa, la scagliai con tutte le forze contro il tubo di vetro in cui era rinchiusa Anya. Il vetro andrò in frantumi, e le scintille elettriche smisero di percorrerle la pelle.

Afferrai Anya per la vita e la feci scendere da quel piedistallo di dolore.

— C… cosa…? — domandò, non appena ebbe aperto gli occhi.

— Da questa parte! — dissi, trascinandola con me.

Set si era messo in ginocchio e stava per sollevarsi in piedi. — Fermati! — la sua voce ruggì nella mia mente, e qualcosa dentro di me smaniava per obbedire.

Ma uno stimolo ancora più intenso mi spinse a proseguire, a non obbedire al suo comando mentale. Trascinai Anya attraverso la porta e lungo il corridoio, mentre Set continuava a gridare i suoi ordini telepatici.

Il corridoio non terminava nel punto in cui ci eravamo fermati: l’avevo letto nella mente di Set. Una sezione della parete scivolò su se stessa, e io e Anya ci lanciammo in un nuovo ramo di quella lunga galleria.

Sempre più in basso.

— Orion… ha catturato anche te?

— Reeva e Kraal hanno stretto un accordo con lui, e il prezzo da pagare eravamo noi due.

Scendemmo sempre più in basso, i piedi nudi sempre più doloranti sul pavimento arroventato. La tenue luce emanata dalle pareti non era sufficiente a proiettare ombre.