Выбрать главу

Sotto i miei occhi incorporei la vasta distesa di terra cominciò a incrinarsi. Nella mia mente potevo udire il titanico gemito di quelle immense masse di basalto e granito, osservare il rollio dei terremoti, vedere intere catene montuose emergere dal terreno straziato. Una serie di vulcani s’illuminò di rosso intenso e la terra si divise mentre gli oceani si precipitavano a colmare gli spazi generati da tale spaccatura, spumeggiando, sollevando nubi di vapore.

Mi sentii precipitare nuovamente verso il globo in continua rotazione mentre i suoi continenti si deformavano allontanandosi tra loro. Sentii i miei sensi tornare a reagire come avevano sempre fatto e il mio corpo riacquistare materialità.

Poi l’oscurità più totale.

I miei occhi si misero a fuoco su un chiarore tremolante. Una tenue luminescenza che aumentava e diminuiva, aumentava e diminuiva con pulsioni sempre più lente. Ero disteso sulla schiena sopra qualcosa di morbido e spugnoso. Ero vivo, e nuovamente nel mondo.

Con uno sforzo misi a fuoco la realtà intorno a me. Quel chiarore era la luce del sole che brillava attraverso le fronde ondeggianti di un boschetto di felci enormi, incurvate dalla calda brezza. Cercai di mettermi a sedere, ma scoprii di essere troppo debole. Ero esausto e disidratato; la mia pressione sanguigna era pericolosamente bassa, a causa dell’enorme quantità di liquido che avevo sottratto al mio corpo per proteggere la pelle dal calore.

Sopra di me, oltre le grandi felci che ondeggiavano al vento, il cielo era coperto di nuvole grigie. L’aria era calda e umida, il terreno soffice e bagnato come quello di una palude. Potevo sentire gli insetti ronzare intorno a me; nessun altro suono.

Cercai di sollevare il capo per guardarmi intorno, ma anche quel movimento era troppo faticoso.

Mi misi a ridere. Salvare la pelle da quell’inferno per morire di fame laggiù, soltanto perché non avevo più la forza di mettermi in piedi… la situazione aveva un che di tremendamente ironico.

Poi Anya si piegò su di me, sorridendo.

— Sei sveglio — disse, con voce dolce e calda come la luce del sole dopo una pioggia.

Un’ondata di meraviglia, gioia e indicibile gratitudine mi colpì con tale violenza che, se solo nel mio corpo fosse rimasta acqua a sufficienza, sarei scoppiato a piangere. Non mi aveva abbandonato! Non mi aveva lasciato ad affrontare la morte da solo. Anya era lì al mio fianco, nella sua forma umana, ancora con me.

Indossava una veste color sabbia che le arrivava alle cosce ed era assicurata sulle spalle da una sola striscia di tessuto argenteo. I suoi capelli erano perfettamente integri, e sulla sua pelle non era rimasta traccia alcuna del calore ardente e degli artigli che aveva dovuto affrontare.

Cercai di parlare, ma tutto ciò che uscì dalla mia gola riarsa fu un rauco stridio.

Anya si piegò su di me e baciò dolcemente le mie labbra screpolate, quindi mi sollevò il capo e accostò un recipiente colmo d’acqua alla mia bocca. Era verdastra e popolata delle minuscole forme di vita proprie delle paludi, ma in quel momento fu per me dolce e rinfrescante come ambrosia.

— Ho dovuto mutare, amore mio — disse, quasi in tono di scusa. — Era l’unico modo che conoscessi per proteggerci da quel terribile calore.

Ancora non ero in grado di parlare. E forse era meglio così. Non avrei potuto confessarle di aver pensato che mi avesse abbandonato.

— Nella mia vera… — Esitò, quindi riprese da capo. — Nell’altra forma ho assorbito energia dal fondo del pozzo e l’ho usata per proteggerci.

Riuscendo infine a ritrovare la voce risposi, con voce gracchiante: — Allora non sei stata tu a… il salto…

Anya scosse il capo. — Non sono stata io a operare la transizione spaziotemporale, no. Qualsiasi siano il tempo e il luogo in cui ci troviamo adesso, sono quelli sui quali era registrata l’apparecchiatura di Set.

Ancora disteso sulla schiena, la testa poggiata sul grembo di Anya, dissi: — Il Cretaceo…

Anya non rispose, ma i suoi occhi grigi e percettivi sembravano guardare ben oltre quel tempo e luogo.

Presi un altro lungo sorso d’acqua dal recipiente che reggeva fra le mani.

Ancora qualche sorsata e sarei riuscito a parlare normalmente. — Il poco che sono riuscito a scorgere nella mente indagatrice di Set comprendeva la nozione che qualcosa era accaduto, sarebbe accaduto o forse accadrà in quest’epoca… sessanta o settanta milioni prima dell’era neolitica.

— Il tempo della Grande Estinzione — mormorò Anya.

— L’epoca in cui i dinosauri vennero spazzati via dalla faccia della terra.

— Insieme a migliaia di altre specie di piante e di animali. Nel periodo in cui il pianeta venne colpito da un disastro di proporzioni apocalittiche.

— Che genere di disastro?

Anya scrollò le spalle con grazia. — Non lo so. Non ancora.

Appoggiato su un gomito fissai profondamente i suoi meravigliosi occhi grigi. — Vorresti dire che i Creatori… nessuno di voi sa cosa sia accaduto in uno dei momenti più critici di tutta la storia del mondo?

Anya rispose con un sorriso. — Non abbiamo mai dovuto occuparcene, amore mio. Perciò, cancella pure quello sguardo accusatore dal volto. Ci siamo sempre occupati della razza umana; della tua specie, Orion. Quella degli esseri che abbiamo creato…

— Gli esseri che si sono evoluti fino a generare voi — dissi.

Anya piegò la testa in segno di ammissione. — Perciò, finora non abbiamo mai avuto occasione di occuparci di eventi occorsi più di sessantacinque milioni di anni prima della nascita della nostra razza.

Le forze facevano lentamente ritorno nel mio corpo. Le mie carni erano ancora rosse per le bruciature e sfregiate dagli artigli dei rettili. Ma mi sentivo abbastanza forte da potermi mettere in piedi.

— Questo preciso periodo di tempo sembra rivestire un’importanza cruciale per Set — dissi. — Dobbiamo scoprirne il motivo.

Anya annuì. — Sì. Ma non adesso. Resta disteso, vado a cercare qualcosa da mangiare.

Notai che le sue mani erano vuote, prive di armi o strumenti di alcun genere.

Anya colse il mio pensiero. — Non sono stata in grado di far ritorno alla terra dei Creatori. Set continua a bloccare ogni possibilità di contatto con loro. Tutto ciò che ho potuto fare è stato usare l’energia del suo apparecchio distorsore. — Abbassò lo sguardo, quindi aggiunse, con un sorriso permeato di modestia: — Per coprirmi.

— Sempre meglio che arrostire vivi — risposi. — E poi hai un bellissimo vestito.

Con maggiore serietà, Anya disse: — Siamo soli qui, tagliati fuori da qualsiasi possibilità di soccorso da parte di chiunque, e solo Set sa in quale luogo e in quale tempo ci troviamo.

— Verrà a cercarci.

— Forse no — disse Anya. — Forse pensa di essersi sbarazzato di noi.

Stringendo i denti per il dolore, mi sollevai a sedere. — No. Ci darà la caccia finché non saremo morti. Non credo che abbia intenzione di lasciare nulla al caso. E poi, questo è per lui un momento estremamente importante dello spaziotempo. Non ci lascerà liberi di interferire nei suoi piani, quali che siano.

Mettendosi in piedi, Anya disse: — Ogni cosa a suo tempo. Prima di tutto il cibo, poi un riparo. Dopodiché…

Le sue parole vennero interrotte da un rumore di spruzzi, tanto vicino da farci trasalire.

Per la prima volta osservai attentamente il posto in cui eravamo. Sembrava una palude, sovrastata da enormi felci e dai tronchi grossi e contorti di alberi di mangrovia. Tutt’intorno a noi era un folto sottobosco di cespugli spinosi. L’aria stessa era estremamente umida, opprimente, calda e densa di vapore.

A non più di dieci metri dal punto in cui ci trovavamo, il terreno muschioso sul quale eravamo degradava in un acquitrino in cui l’acqua scorreva pigramente attraverso i fusti delle canne e le radici contorte delle mangrovie. Proprio l’habitat caratteristico in cui vivono i coccodrilli. E i serpenti.