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Quasi sopraffatti dalla felicità, ci spingemmo a nuoto verso la riva e, usciti dall’acqua, ci lasciammo cadere di peso sulla sabbia.

Allora udimmo un fischio sinistro levarsi dal lago.

Voltando il capo verso l’acqua vidi l’enorme collo sinuoso di un dinosauro acquatico sollevarsi dalle profondità del lago, sempre più alto, come un ascensore di carne stagliato contro il tramonto acceso di colori pastello. Il becco-d’anatra si liberò dalla mia stretta e corse ad acciambellarsi vicino ad Anya.

— Il mostro di Loch Ness — sussurrai.

— Cosa?

Allora compresi. In un’altra occasione quel dannato tirannosauro non avrebbe mai esitato a entrare in acqua, ma il lago era abitato da un dinosauro ancora più grande che ne aveva fatto il proprio territorio. Per il tirannosauro, tutto ciò che si trovava in acqua era carne per quell’altra bestia. Per questo ci aveva lasciati in pace.

Il dinosauro acquatico lanciò un altro sibilo, quindi tornò ad affondare il lungo collo tra le onde.

Mi voltai sulla schiena e cominciai a ridere sfrenatamente, come un pazzo o un soldato colpito da una crisi isterica dopo aver osservato la morte da vicino ed esserle sopravvissuto. Senza saperlo, ci eravamo gettati letteralmente tra le fauci del demonio.

18

La mia risata svanì nel nulla quasi immediatamente. Eravamo in trappola.

— Non vedo nulla di cui ridere — disse Anya tra le ombre purpuree della sera.

— Non c’è niente da ridere — convenni. — Ma che altro possiamo fare? Un tirannosauro e forse più di pattuglia nei boschi; un mostro e forse più nelle profondità del lago, e noi intrappolati fra di essi. È più che ridicolo. È da non credere. Se i Creatori potessero vederci, si sbellicherebbero dalle risa per la stupida, cieca comicità di una simile situazione.

— Possiamo sfuggire al tirannosauro — disse Anya con un cenno di disapprovazione, quasi di rabbia, nella voce. Notai che dava per scontato che in quei boschi ci fosse un solo mostro alla nostra ricerca.

— Lo pensi davvero? — domandai, con tono cinicamente caustico.

— Quando sarà scesa la notte potremo scivolare tra gli alberi…

— Per andare dove? Tutto ciò che otterremmo sarebbe rendere la caccia più interessante agli occhi di Set.

— Hai qualche idea migliore?

— Sì — dissi. — Trasformati nella tua vera essenza e lasciami quaggiù da solo.

Anya trasalì come se l’avessi schiaffeggiata. — Orion… sei… sei arrabbiato con me?

Non risposi. Il sangue mi bruciava nelle vene per l’ira. Ero furioso nei confronti dei Creatori che ci avevano messi in quella situazione. E, nel mio inconscio, inveivo contro me stesso per essermi rivelato così impotente in quella circostanza.

Anya rispose: — Sai bene che non posso trasformarmi a meno che non disponga di una quantità sufficiente di energia. E non ho intenzione di lasciarti solo, qualsiasi cosa accada.

— Esiste comunque un modo in cui potresti scappare. — dissi, raffreddando la mia rabbia. — Entrerò nel bosco e attrarrò il tirannosauro lontano da te. Allora potrai passare senza timore. Ci incontreremo sulla collina dei becchi-d’anatra…

— No — disse lei con decisione. Anche nell’oscurità che si faceva sempre più fitta riuscii a scorgere il movimento fluente dei suoi capelli color ebano mentre scuoteva il capo.

— Non potremmo mai…

— Qualsiasi cosa decideremo di fare — disse Anya con fermezza nella voce — la faremo insieme.

— Non capisci? — la implorai. — Siamo in trappola. E senza una via d’uscita. Salvati almeno tu, finché puoi.

Anya fece un passo verso di me e mi carezzò il viso con la mano, fresca e morbida. I suoi occhi grigi scrutarono nel profondo dei miei. Sentii allontanarsi la tensione che mi aveva attanagliato i muscoli del collo e della schiena.

— Non è da te, Orion. Non avevi mai ceduto prima d’ora, in nessuna situazione.

— Non ci siamo mai trovati di fronte a una situazione simile. — Ma mentre pronunciavo quelle parole cominciavo a sentirmi più calmo, meno angosciato.

— Come hai detto qualche giorno fa, amore mio, siamo ancora vivi. E finché abbiamo vita il nostro compito è combattere Set e i suoi mostruosi propositi, quali che siano.

Era la verità, e lo sapevo bene. E sapevo anche di non potermi opporre. Era un Creatore, e io una delle sue creature.

— E qualsiasi cosa faremo, mio triste amore — disse Anya, con voce più bassa — la faremo insieme. Fino alla morte, se necessario.

La voce mi si strozzò in gola, attanagliata da un groviglio di emozioni. Era una dea, e non mi avrebbe mai abbandonato. Mai.

Rimanemmo a guardarci intensamente negli occhi per alcuni istanti quindi, in mancanza di un piano migliore, decidemmo di compiere il giro del lago. Il becco-d’anatra ci seguì trotterellando, sempre al seguito di Anya.

Come possono due esseri umani sconfiggere un tirannosauro di trenta tonnellate a mani nude? Conoscevo la risposta: non potevano. Qualcosa nella mia mente sottolineò che nel Neolitico avevo ucciso alcuni dinosauri carnivori di Set, e praticamente senz’armi. Eppure quel tirannosauro sembrava molto superiore a qualsiasi nostra possibilità. La mia non era paura: mi sentivo impotente, disperato; la mia depressione valicava ogni timore.

Così c’incamminammo nella notte che andava infittendosi, col debole sciacquio delle onde che s’infrangevano sulla riva del lago sempre alla nostra destra. Si levò la luna, crescente e sottile come una scimitarra, e poco dopo anche la stella sanguigna fece capolino da dietro l’orizzonte.

In un filo di voce, Anya disse: — Se solo potessimo catturare uno degli scagnozzi di Set e costringerlo a rivelare dove si trovi il suo accampamento e da cosa sia motivato il suo interesse per quest’epoca, potremmo escogitare un piano.

Invece di formulare qualche tipo di apprezzamento sull’ingenuità della sua affermazione, mi limitai a emettere un grugnito.

— Devono possedere armi e strumenti. Forse potremmo catturarne uno. Faremmo meglio a prepararci…

Riuscii a tenere per me ciò che pensavo veramente dei suoi sogni a occhi aperti.

— Non li ho mai visti portare con sé nessun’arma o strumento — borbottai.

— Set possiede una tecnologia avanzata quanto la nostra — disse lei. Capii che con ciò intendeva alludere alla tecnologia dei Creatori.

— Già, ma i suoi simili girano sempre a mani vuote… a eccezione dei loro artigli. — Fu allora che capii. — E i rettili, sotto il loro controllo.

Anya si fermò di colpo. — I tirannosauri.

— E i draghi, a Paradiso.

— Usano gli animali come noi usiamo gli arnesi — disse lei.

Il nostro piccolo becco-d’anatra emise un piccolo sbuffo, tanto per far sapere che era sempre con noi. Anya si chinò e lo prese in braccio.

La mia mente correva a ruota libera. Ricordai un’altra razza di creature intelligenti in grado di controllare gli animali con la mente. I neanderthaliani e il loro capo, Ahriman. La mia memoria riempì gli spazi vuoti con immagini quasi dimenticate del duello suicida che lui e io avevamo intrapreso nel corso di cinquantamila anni. Serrai le palpebre e rimasi immobile, sforzando ogni cellula del mio corpo nel tentativo di ricordare.

— Penso — dissi, con voce tremante — di poter controllare gli animali come fanno gli umanoidi.

Anya mi si portò più vicina. — No, Orion. Una tale capacità non è stata mai instillata dentro di te. Nemmeno il Radioso ne conosce il segreto.

— Ho guardato a fondo nella mente di Ahriman — risposi. — Parecchie volte. Ho vissuto con i neanderthaliani. Penso di poter riuscire.

— Se solo fosse vero!