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— Gli umanoidi devono aver portato qui i tirannosauri proprio per massacrare i dinosauri in migrazione — disse Anya con un certo distacco.

Provai un sentimento di furia cieca alla vista dell’insensato massacro che si stava compiendo sotto di noi.

— Cerchiamoli — dissi, incamminandomi lungo la cima del colle, stringendo la lancia nella mano destra.

Anya mi venne dietro, e Giunone prese a trotterellare dietro di lei, chiaramente poco contenta della direzione verso cui avevamo deciso di procedere. Il piccolo dinosauro emetteva suoni stranamente simili a nitriti.

— Orion, cos’hai intenzione di…?

Scuro in volto, interruppi la sua domanda: — Nel corso delle molte vite che ho vissuto ho imparato una lezione fondamentale: danneggia i tuoi nemici per quanto ti sia possibile. Set vuole sterminare questi dinosauri? Allora farò tutto il possibile per intralciare questo massacro.

Anya mi seguì in silenzio mentre mi arrampicavo sempre più in alto lungo la cresta rocciosa del colle, fra le grida di Giunone che continuava a lamentarsi.

— Resta qui con lei — dissi ad Anya. — È terrorizzata, e le sue urla potrebbero insospettire gli umanoidi.

— Ti seguiremo dietro la collina — rispose Anya. — Se non sarà costretta a osservare quel massacro, forse riuscirà a calmarsi.

Anya e il becco-d’anatra discesero il pendio per un centinaio di metri. Riuscivo a vederle seguire da lontano il mio cammino mentre procedevo verso il punto in cui supponevo che gli umanoidi si fossero nascosti. Procedevo chinato su me stesso al punto di strisciare le mani per terra come fanno i gorilla.

Nel giro di alcuni minuti individuai uno dei tirapiedi di Set disteso ventre a terra sulle rocce scaldate dal sole, assorto in contemplazione della battaglia che infuriava nella valle. Prima che potesse accorgersi della mia presenza, gli infilai la lancia nella schiena con tale violenza che la punta scheggiò la roccia sotto di lui. Il rettile emise un suono sibilante e per qualche istante si dibatté come un pesce fuor d’acqua.

Ne tastai il polso ma non riuscii ad avvertirne il battito cardiaco. Il sangue scendeva copioso sotto il suo corpo. Mi appiattii contro la roccia al suo fianco e rivolsi lo sguardo verso la gola. A causa delle nuvole di polvere che si levavano nella valle era difficile comprendere nei dettagli la dinamica della lotta, ma alla fine riuscii a scorgere un tirannosauro ritto sulle zampe posteriori che batteva le palpebre con aria sgomenta. Aveva smesso di uccidere. Piegatosi sul corpo insanguinato di un triceratopo il bruto prese a nutrirsi delle sue carni, strappando grossi bocconi dalla carcassa massiccia.

Gli altri tirannosauri continuavano a far strage di erbivori, ancora sotto il controllo mentale delle truppe di Set. Mi alzai e mi spinsi più avanti.

La lancia si era smussata, e il manico si era spezzato in due parti. Anya si arrampicò allora verso di me per porgermi la sua. Dapprima esitai, ma alla fine decisi di accettarla, scambiandola con la mia. In caso di bisogno avrebbe sempre potuto usarla come mazza.

Vidi altri due umanoidi seduti fra i massi, entrambi concentrati sulla carneficina che si stava compiendo a fondovalle. Compresi che il controllo dei tirannosauri in mezzo a tanta confusione doveva richiedere tutta la loro attenzione. Erano sordi e ciechi a tutto ciò che accadeva intorno a loro.

Mi avvicinai ugualmente con cautela alle loro spalle. Balzando in avanti, conficcai la lancia nel corpo del rettile più vicino. Nel morire, quello lanciò uno strillo simile a un fischio. L’altro balzò subito in piedi e si voltò per affrontarmi, ma tutto ciò avvenne con estrema lentezza, perché i miei sensi erano entrati in ipervelocità.

Lo vidi girarsi verso di me, vidi i suoi occhi rossi scintillare, la sua bocca aprirsi in quella che poteva essere rabbia, sorpresa o paura. I suoi artigli non stringevano arma alcuna. Con tutta la forza del mio peso sferrai un calcio contro il suo petto con tanta violenza da rompergli le ossa. L’umanoide cadde in avanti e rotolò giù per il pendio, atterrando ai piedi di un tirannosauro dall’aria stordita.

La grossa bestia, libera dal controllo mentale, ghermì il suo padrone strappandone in due il corpo con un solo colpo dei micidiali denti aguzzi.

Mi rannicchiai su un fianco e cercai di individuare il tirannosauro controllato dall’altro umanoide. Lo trovai stordito dalla confusione della battaglia che lo circondava. Chiusi gli occhi. Quando li riaprii, mi trovai a circa dieci metri di distanza dal terreno coperto di sangue, battendo le palpebre nella polvere che mi circondava. Un’incontenibile brama di sangue si era impadronita di me, sovrastando la fame che mi tormentava le viscere.

Ero Tirannosaurus rex, signore dei rettili carnivori, il più feroce animale che abbia mai percorso la terra. Esultai per la forza e la potenza che sentivo crescere dentro di me.

Con uno strillo acuto e straziante mi precipitai in avanti nell’orgia di violenza che mi circondava. Ma non avanzai verso i deboli, indifesi becchi-d’anatra o i più pericolosi triceratopi. Volevo attaccare i tirannosauri ancora sotto il controllo diretto degli umanoidi di Set.

I miei simili uccidevano ma non si fermavano a mangiare. Dopo aver squarciato la gola di un becco-d’anatra lo lasciavano cadere nella polvere, sprecando tutto quel buon sangue fresco, abbandonando tutta quella carne senza affondarvi i denti nemmeno una volta. Uccidevano e si affrettavano a cercare un’altra vittima.

Mi spinsi oltre un monticello di erbivori morti e feriti per raggiungere un tirannosauro, il quale non prestò attenzione alla mia presenza, pronto ad azzannare un becco-d’anatra che strillava disperatamente nel tentativo di allontanarsi da quel massacro.

Proprio mentre il tirannosauro stava per dilaniare il tenero collo del becco-d’anatra, affondai i denti nella sua colonna vertebrale e gustai il sapore del sangue e della carne viva nella mia bocca. Il mostro emise uno strillo quindi lasciò cadere il capo sul petto, fra le zampette vestigiali; le sue terribili fauci restarono chiuse per sempre.

Guardai cadere la bestia morta, quindi caricai contro un altro tirannosauro. Anch’esso non mi prestò alcuna attenzione, e con un sol morso ne spezzai il collo. Ma altri due tirannosauri avevano interrotto la loro caccia per mettere a fuoco lo sguardo su di me.

Senza esitazione presi a caricarli. Cademmo tutti e tre al suolo con tanta violenza da far tremare la terra.

A grande distanza udii una debole voce gridare: — Orion, attento!

Ma ero intento a combattere la battaglia della mia vita contro due tirannosauri. E stavo vincendo! Già uno di essi barcollava, metà del suo fianco squarciato e zampillante copiosi fiotti di sangue rosso rubino. Ero ferito anch’io ma non provavo alcun dolore, soltanto la gioia esaltante della battaglia. Indietreggiai lentamente e vidi l’altro nemico avanzare verso di me, le fauci spalancate, dimenando le piccole zampe anteriori.

Dietro di lui si erano raggruppati altri tirannosauri, tutti rivolti contro di me. Indietreggiai fino a quando non sentii la mia coda sfregare contro la parete di roccia.

— Orion! — udii nuovamente; questa volta era un grido più incalzante, più pressante.

Poi tutto si fece nero.

In qualche modo compresi di essere caduto in stato d’incoscienza. Ero sprofondato nelle tenebre, tagliato fuori da qualsiasi percezione sensoria, ma non ero nel freddo mondo disincarnato del vuoto spaziotemporale. Non avevo ancora lasciato il continuum. Qualcuno era giunto alle mie spalle mentre dirigevo il tirannosauro e mi aveva stordito con un colpo, facendomi perdere i sensi. Nonostante gli avvertimenti di Anya.

Ero stato uno sciocco. E adesso ne pagavo il prezzo.

Appena ebbi realizzato l’accaduto, feci in modo che il mio corpo si rimettesse più rapidamente possibile. Chiusi i canali ricettivi del dolore e inviai una buona dose di sangue verso la ferita sul mio cranio. Rimisi in funzione i canali sensori. Ma tenni gli occhi sempre ben serrati, e non mi mossi. Volevo farmi un quadro della situazione senza che nessuno si accorgesse del mio rinvenimento.