Provai quasi le stesse sensazioni che avevo avvertito quand’ero entrato nella mente semplice di Giunone. Ma adesso il mio pensiero era proiettato in una coscienza infinitamente più complessa. Era come cadere a spirale giù per uno scivolo interminabile, come uscire dall’oscurità del sottosuolo nell’accecante luce del sole, come entrare in un universo immensamente più vasto. Compresi ciò che Teseo doveva aver provato nel palazzo di Cnosso, cercando di guadagnarne l’uscita attraverso un labirinto inestricabile.
Anya non disse niente, non diede nemmeno alcuna indicazione di aver percepito il mio contatto con la sua mente. Pensai di comprenderne il motivo. Se avesse palesato tale contatto anche col più insignificante dei cenni, Set avrebbe subito capito che ero sveglio e attivo… se non altro, mentalmente. Per celare la mia presenza non doveva fornirmi alcun tipo di risposta.
Istantaneamente, senza dover usare le parole, riferii i dettagli del mio contatto con Zeus. Non ricevetti nessuna reazione. Anya cercava di schermare la propria mente da quella di Set con qualsiasi barriera difensiva le fosse possibile adottare. Dal modo in cui mi ignorava mi domandai se avesse effettivamente percepito la mia presenza.
Set era ancora disteso sul trono, gli occhi rivolti su Anya, contraendo involontariamente la coda dietro di sé. Il corpo della povera Giunone era stato portato via, e il pavimento non mostrava più traccia alcuna di macchie di sangue. Mi domandai per quanto tempo fossi rimasto in stato d’incoscienza. Forse pochi minuti. Forse giorni interi.
Anya non soffriva. Set non la stava torturando, né la minacciava. Parlavano l’uno con l’altra, quasi da pari. Persino i nemici più mortali si trovano talvolta nella necessità di discutere pacificamente.
— Allora siete disposti a lasciare questo pianeta per sempre? — udii la voce di Set risuonare nella mente di Anya.
— Se non abbiamo altra possibilità di scelta… — rispose Anya, anche lei senza parlare.
— Come posso essere certo che manterrete fede al nostro accordo? Che garanzie mi offrite?
— Quale accordo? — domandai, ma ancora dalla mente di Anya non giunse alcuna risposta. Era come se per lei non esistessi.
— Hai vinto. Il tuo potere è troppo grande per noi. Se ci permetterai di allontanarci senza darci la caccia, il pianeta Terra sarà tuo per l’eternità.
— Sì, ma come posso fidarmi? Come posso essere certo che, fra mille o mille milioni di anni non torniate per combattere i miei discendenti?
Anya scrollò mentalmente le spalle. — Per allora avreste distrutto la razza umana. Non avremmo più alcun mezzo per combattervi.
— Potreste sempre creare altri esseri umani, come avete fatto con l’uomo di nome Orion.
— No. Quello è stato un semplice esperimento, ed è fallito. Non è servito a nulla contro di te.
Quelle parole di Anya mi fecero infiammare per la vergogna. Aveva ragione, e mi seccava doverlo ammettere.
— Allora non avete intenzione di portarlo con voi quando lascerete la Terra?
— Come potrebbe venire con noi? — ribatté Anya. — Non è che un umano. Non può mutare forma. Non è in grado di sopravvivere nelle profondità dello spazio interstellare che diventeranno la nostra nuova dimora.
Venni colto da un fremito di orrore. Anya e gli altri Creatori erano pronti a fuggire dalla Terra, abbandonando il genere umano nelle mani di Set. L’intero genere umano. Anche me.
— Allora potrò tenere per me la creatura chiamata Orion? — Le parole di Set avevano un tono per metà di domanda e per metà di richiesta.
— Certo — Anya rispose con incuranza. — Non ha più alcun valore per noi.
Nelle profondità della mia cella sotterranea lanciai un grido, un selvaggio ululato di dolore di fronte alla tremenda agonia del tradimento.
LIBRO TERZO
Inferno
23
Non lasciai la mente di Anya. Ne venni espulso come un batterio da un organismo, scaraventato fuori di essa come un ospite indesiderato.
Per ore rimasi a urlare come una bestia legata in catene nella mia cella scura e angusta, senza potermi muovere. Ero rannicchiato in posizione fetale, urlando e gemendo contro quell’universo così gelidamente indifferente nei miei confronti. Tradito.
Abbandonato dall’unica persona in tutto il continuum che avessi mai amato, lasciato al mio destino con tanta noncuranza come la buccia di un frutto assaggiato e poi gettato via.
Anya e gli altri Creatori erano pronti a fuggire, pronti a riassumere le loro forme fisiche naturali: globi d’energia pura che avrebbero continuato a vivere fra le stelle per l’eternità. Erano pronti ad abbandonare la razza umana, le loro stesse creature, nelle mani di Set e della sua genìa, che le avrebbero spazzate via dalla faccia della Terra.
Cosa importava, ormai? Piansi amaramente, maledicendo la mia ingenuità nel pensare che una dea, un Creatore, potesse amare un uomo al punto di rischiare la vita per lui. Anya era stata coraggiosa e intraprendente finché era stata certa di poter fuggire ai nemici che doveva affrontare. Ma quando aveva capito che Set possedeva effettivamente il potere di mettere fine alla sua esistenza, aveva immediatamente messo fine a quel gioco.
Aveva scelto la vita per sé e per la sua gente, lasciandomi lì a morire.
Persi il senso del tempo. Dovevo aver dormito. Forse avevo anche mangiato. Ma nella mia mente non c’era spazio per altro che l’enormità del tradimento di Anya e la certezza della morte.
Che venga, dissi a me stesso. Sarà una liberazione. La fine, una volta per tutte. Ero pronto a morire. Non avevo più nulla per cui vivere.
Non ricordo come o quando, ma mi ritrovai nuovamente in piedi nella camera del trono, al cospetto di Set.
Battendo le palpebre nella fioca luce rossastra delle torce, mi resi conto di poter muovere braccia e gambe. Set non mi aveva immobilizzato attraverso il suo controllo mentale.
La sua enorme mole si profilava scura di fronte a me. — No, non sei costretto da nessun tipo di legame — le sue parole si formarono nella mia mente. — Non è più necessario, ormai. Sai bene che sono in grado di annientarti in qualsiasi momento.
— Lo so — risposi automaticamente.
— Per essere una scimmia dimostri una certa intelligenza — mi schernì la sua voce dentro di me. — Vedo che hai intuito il mio progetto di portare la mia gente su questo mondo e fare della Terra la nostra nuova dimora.
— Già — dissi, mentre la mia mente continuava a chiedersene il motivo.
— Molti fra i miei hanno deciso di accettare il loro destino su Shaydan. Sanno che Sheol è una stella instabile e che presto esploderà. Presto, cioè, in termini cosmici. Fra qualche milione di anni. Abbastanza presto, però.
— Ma tu non hai nessuna intenzione di accettare il tuo destino — replicai.
— No, davvero — rispose Set.
— Ho passato gran parte della mia vita a plasmare questo pianeta secondo i miei scopi, modellandone le forme di vita di modo da rendere l’ambiente più adeguato alla mia gente.
— Puoi viaggiare nel tempo come i Creatori.
— Molto meglio dei tuoi sciocchi Creatori, miserabile scimmia — rispose Set. — I loro ridicoli poteri si basano su quel poco d’energia che riescono a ottenere dal vostro sole giallo. Permettendo alla maggior parte di tale energia di disperdersi nello spazio! Che spreco. Che folle errore. Che errore fatale.
Emise un sibilo di piacere, quindi proseguì: — Anche la mia stessa gente ha sempre utilizzato l’energia oscillante della nostra stella morente. Io solo ho intuito quanta energia possa venire estratta dal cuore fuso di un pianeta delle dimensioni della Terra. Presa nella sua totalità, la quantità di energia complessiva di una stella è milioni di volte maggiore, naturalmente. Ma nessuno è in grado di utilizzarne l’emissione energetica totale; è possibile manipolare soltanto la minima frazione intercettata dal proprio pianeta.