Per la prima volta udii le voci telepatiche di molti shaydiani, distinte e prive di protezione.
— La terra trema di nuovo!
— Ci resta poco tempo.
— Sheol sta per spazzarci via!
Come un lampo nella mia mente compresi che i violenti sconvolgimenti nelle profondità del nucleo di Sheol causavano analoghe pulsazioni anche all’interno del suo pianeta.
“Ci resta poco tempo” aveva detto uno di loro. Ma se anche Set e il patriarca la pensavano allo stesso modo, non ne avevano mostrato alcun segno. Quando la polvere sollevata dal terremoto si fu posata, Set mi sollevò in piedi senza tante cerimonie e riprese la sua silenziosa conversazione col patriarca dalle scaglie olivastre che aveva di fronte.
Ma non prima che riuscissi a cogliere nella mente dei rettili impauriti che orribile mostro Set fosse in realtà. Con un tal numero di menti aperte alla mia, seppure per pochi secondi, appresi che Set e i patriarchi dominavano i loro simili attraverso un dispotismo di ferro, una tirannia priva di scrupoli intessuta inestricabilmente nei geni stessi della loro gente.
Compresi in quel terribile lampo di comunicazione mentale che quasi tutto ciò che Set mi aveva detto era stata una distorsione, un’alterazione della verità. Era il principe della menzogna.
Per molto tempo mi ero domandato perché nessuno fra gli abitanti delle città che avevamo visitato si avvicinasse mai alle dimensioni dei patriarchi. Dapprima avevo pensato che nessuno fra loro avesse raggiunto un’età altrettanto veneranda. Ma perché no? In teoria, i nuovi nati dovevano essere altrettanti nella sua generazione quanto in qualsiasi generazione successiva. Cos’era accaduto ai coetanei di Set? Erano tutti morti?
In quella breve occhiata nelle menti di così tanti shaydiani trovai la terribile risposta alla mia domanda. Set e i patriarchi erano i vincitori di una guerra devastatrice che aveva quasi distrutto l’intera Shaydan un migliaio di anni prima che i suoi abitanti si accorgessero dell’imminenza del cataclisma. Set aveva scoperto come clonare le proprie cellule, producendo copie di se stesso senza bisogno di ricorrere alla riproduzione e, in generale, alle femmine della sua razza.
Peggio ancora, aveva imparato a strutturare quelle repliche di se stesso in modo che rispondessero ai suoi desideri: limitandone l’intelligenza in modo da non offrire mai loro la possibilità di sfidarlo; limitandone la durata della vita in modo che non potessero mai raggiungere la sua stessa età ed esperienza.
Con fredda crudeltà, Set aveva raccolto presso di sé un gruppo di maschi della propria specie offrendo loro il dominio del mondo intero per tutti i millenni della loro vita. Costoro avevano guidato una spietata guerra di genocidio contro i loro stessi simili, con particolare attenzione alle femmine della specie, clonando guerrieri ogni volta che ne dovessero disporre e massacrando coloro che si opponevano al loro dominio.
Per due secoli la guerra genocida aveva infuriato su tutta la superficie di Shaydan. Alla fine, Set e i patriarchi erano rimasti soli a capo di un mondo di cloni remissivi. Tutti maschi. Ogni madre e ogni figlia erano state sistematicamente uccise. Ogni uovo ancora non dischiuso era stato scovato e distrutto.
Dovettero passare alcuni secoli prima che i nuovi dominatori riuscissero a rimediare al danno ecologico che avevano apportato al loro mondo. Ma il fattore tempo non aveva più grande rilevanza. Sapevano che avrebbero potuto esercitare il loro dominio per millenni a venire lasciando il potere, quando fosse giunto il momento, nelle mani di copie esatte di loro stessi. Tramite la telepatia avrebbero potuto trasferire la propria personalità nei corpi clonati e continuare così a esistere per sempre.
Naturalmente, la loro società funzionava con la stessa efficienza di una colonia di formiche. La guerra era ormai sconosciuta su Shaydan. Set e i patriarchi governavano un mondo di cloni incapaci di far altro che obbedire. Ma Set voleva ancora di più. Voleva essere adorato.
Poi, come un castigo per i loro peccati, era giunta la certezza assoluta del fatto che Sheol sarebbe esplosa, distruggendo l’intero pianeta.
Giustizia cosmica. O, se non altro, cosmica ironia. Mi faceva sorridere l’idea che, nonostante tutti i suoi atteggiamenti moralistici sulla superiorità dei rettili e il loro rispetto per l’ambiente, Set fosse in realtà uno spietato omicida di massa. Il massacratore genocida della sua stessa gente, che aveva scelto le vie del potere e della morte a quelle della natura e della vita.
Dovevo immaginare che non sarei riuscito a nascondere a lungo la mia nuova conoscenza.
— Pensi che sia un ipocrita, eh, scimmia senza pelo? — chiese a un certo punto, mentre cavalcavamo attraverso una tempesta di sabbia. Era davanti a me, come sempre, voltandomi la schiena.
— Penso che sei un essere malvagio e spietato, se non altro — risposi. Non m’importava se riusciva o meno ad ascoltare le mie parole. Poteva comunque percepire quel pensiero formarsi nella mia mente.
— Ho salvato Shaydan dal tipo di eccessi che voi mammiferi avete creato sul vostro pianeta. Priva di un rigoroso controllo, anche la mia gente avrebbe finito col distruggere il proprio ambiente.
— E così hai ucciso la tua gente.
— Avrebbero comunque distrutto se stessi e il loro ambiente, se non fossi intervenuto.
— Questa non è che una razionalizzazione. Vi siete arrogati il diritto di scelta in materia di vita e di morte, tu e i tuoi patriarchi. Il vostro regno non conosce amore.
— Amore? — Sembrava sinceramente stupito. — Intendi dire sesso?
— Intendo dire amore, amore per la vostra stessa gente. Un’amicizia così profonda da indurvi a mettere in gioco la vostra vita per proteggerla… — Le parole soffocarono nella mia gola. Pensai ad Anya, e il ricordo del suo tradimento bruciò dentro di me come bile amara. Ebbi un conato di vomito.
Un sentimento di divertito disprezzo emanò dalla mente del rettile. — Lealtà e spirito di sacrificio. Concetti da mammifero. Segni della vostra debolezza. Così come le vostre idee sul cosiddetto amore. L’amore è un’invenzione scimmiesca, generata per giustificare le vostre manie ossessive della riproduzione. Per la mia specie il sesso non è mai stato importante come per la vostra, scimmia dal sangue caldo.
Trovai la forza per ribattere. — No, la vostra unica ossessione è quella per il potere, non è così?
— Ho ripulito questo mondo di modo da portarvi nuova vita, una forma di vita superiore.
— Creata artificialmente. Mutilata nel corpo e nella mente, così da non avere altra scelta se non quella di obbedirti.
Udii nella mia mente il sibilo della sua risata. — Così come sei tu, Orion. Una scimmia iperspecializzata, creata dai tuoi esseri superiori, menomata nel corpo e nella mente per servirli senza possibilità di scelta.
Fui colto da una rabbia cocente. Perché in fondo aveva ragione.
— Naturale che tu senta di odiare me e ciò che ho fatto. — Il gelido compiacimento di Set mi travolse come l’acqua di un ghiacciaio disciolto. — Hai capito che è esattamente ciò che i Creatori hanno fatto a te, e tu li odii per questo.
26
Infine, dopo mesi o forse anni di viaggio, facemmo ritorno alla città di Set.
Era in tutto e per tutto simile alle altre. Fuori dal terreno un gruppo di antichi edifici di pietra, corrosi da millenni di vento e sabbia. Nel sottosuolo, un alveare di passaggi e gallerie, un livello dietro l’altro, sempre più profondi nelle viscere della terra.
Le squame degli shaydiani di quella città erano tinte di vari toni di rosso. L’intera popolazione si raccolse sulla strada principale che portava alla città per accogliere il loro signore nel modo silenzioso dei rettili.