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Alla fine alcuni di quei raggi colpirono il dinosauro, che prese a urlare dal dolore. Vidi uno degli schiavi che avevo liberato aprire il fuoco contro il gruppo di shaydiani. Era Chron, che rischiava la propria vita per proteggermi. Sentii il controllo di Set sul sauropode farsi meno saldo per un momento, mentre il mio nemico dirigeva l’attenzione sui propri cloni. Allora mi impadronii della mente dell’animale e lo spronai a caricare il drappello di rettili che si apprestavano ad aprire il fuoco su Chron.

L’enorme dinosauro si lanciò contro la fonte del proprio dolore. Sentii Set impossessarsi nuovamente della mente della bestia, ma ormai era troppo tardi. La sua massa era troppo pesante perché lui potesse costringerlo ad arrestarsi in tempo. I cloni videro due tonnellate di carne scagliarsi verso di loro e cercarono di fuggire, sparando all’impazzata.

L’animale piombò contro il muro in un ultimo impeto di dolore, gridando come un neonato mentre mezza dozzina di lingue di fiamma lo colpivano su entrambi i fianchi.

Lo seguii da vicino, e con un colpo tolsi la vita al primo shaydiano che mi venne a portata di mano. Gli schiavi ribelli attaccarono la parte dello squadrone schierata sul loro stesso lato. Io attaccai l’altra metà armato della mia scimitarra.

Persino muovendomi in ipervelocità non potevo certo ucciderli tutti e sperare di rimanere incolume. La mia spada era un efficientissimo strumento di morte, ma prima che tutti gli shaydiani cadessero a terra senza vita subii alcune ferite al petto e alle gambe.

Mi appoggiai alla parete e scivolai a terra seduto, col petto grondante sangue come una bistecca mal cotta, le gambe coperte di bruciature. Automaticamente bloccai i messaggi di dolore che i nervi urlavano alla mia mente. Strinsi tutti i vasi sanguigni della parte inferiore del mio corpo per evitare di perdere conoscenza.

Nella mia testa udii la risata sibilante di Set e appresi che nel giro di pochi istanti avrebbe inviato altri suoi cloni per finirmi.

Il cortile tremava ancora sotto il peso dei dinosauri. Molto violentemente.

Troppo violentemente, pensai. La terra tremava, vibrava come sotto l’azione di un terremoto.

— Questo è il momento che aspettavo, amore mio. Adesso colpirò il cuore di quel demonio!

Era la voce di Anya nella mia mente.

La terra continuò a tremare, sempre più forte. Le pareti circolari del cortile presero a ondeggiare come un lenzuolo percosso da un forte vento. Tutti i dinosauri si fermarono di colpo, istintivamente, e caricarono furiosamente la porta principale, l’unica che conduceva all’aperto.

Vidi gli schiavi immobili a fianco del portale, impietriti dal terrore mentre i dinosauri lo infrangevano come un guscio d’uovo, riversandosi all’aperto.

Per un istante tutto divenne calmo. Il cortile era coperto dei corpi massicci dei dinosauri morti e dei cadaveri dei cloni di Set. Allora anche gli uomini attraversarono di corsa il portale sfasciato, verso la libertà. Quasi tutti. Alcuni fecero ritorno alle prigioni dov’erano ancora nascosti i loro compagni. Qualche istante più tardi, anche questi ultimi uscirono dal buio della loro cattività e presero a correre verso il mondo al di fuori delle mura.

Chron corse verso di me, ma io gli feci cenno di allontanarsi.

— Va’ via — gridai. — Esci da qui, mettiti in salvo!

— Ma tu…

— Vai! Presto! Non mi accadrà alcun male.

Il giovane esitò, poi con riluttanza si voltò verso il portale e seguì gli altri all’esterno, verso la salvezza.

Per tutto quel tempo la terra continuò a tremare, poi si fermò, quindi riprese e si acquietò di nuovo. Infine il cortile si svuotò di qualsiasi essere vivente all’infuori di me. La terra smise definitivamente di tremare. Cadde il silenzio. E le stelle ripresero a brillare in un cielo privo di nuvole.

— Anya — chiamai a voce alta. — Sei qui?

— Lo sarò presto, amore mio. Presto.

Allora compresi ciò che aveva fatto. Mentre gli altri Creatori avevano assunto le loro forme naturali di sfere d’energia pura disperdendosi tra le stelle, Anya si era nascosta in attesa nelle profondità della Terra.

Mi domandai se il tempo scorreva allo stesso modo per una dea come accadeva per un uomo. Si era proiettata in quel punto dello spaziotempo attendendo che Set allentasse la propria vigilanza sul pozzo nucleare, così da permetterle di assumerne il controllo. Il mio attacco improvvisato nel cortile le aveva fornito quella possibilità. Mentre Set concentrava tutta la propria attenzione su di me, Anya aveva assunto il controllo dell’energia che ribolliva nel cuore fuso della Terra.

Lo stesso Set mi aveva mostrato come persino i Creatori potessero essere distrutti, una volta privati della loro fonte d’energia. Anya aveva imparato la lezione e l’aveva usata contro quel demonio. Si era impadronita del pozzo nucleare, e adesso aveva dato il via a un processo di smantellamento dei suoi poteri. Lo schermo che nascondeva la luce delle stelle era ormai quasi scomparso.

La terra tremò di nuovo, più forte che mai. Potevo avvertire quel rumore dentro di me, come il borbottio di qualche titano. Il cortile prese a ondeggiare, il suolo si alzò e si abbassò come le onde del mare. La parete ricurva vacillò paurosamente. Una parte di essa cadde con tremendo frastuono.

E io ero sempre seduto lì, serrando le arterie per non morire dissanguato, chiedendo se sarei riuscito a reggermi in piedi. La terra prese a tremare ancora più forte sotto di me. La parete alle mie spalle ondeggiò fra mille sinistri scricchiolii.

Allora il centro del cortile esplose in una sfera di fuoco, tanto luminosa da saturare la mia vista. Stringendo gli occhi fino a farmi scorrere le lacrime giù dalle guance, riuscii vagamente a distinguere una fontana di lava incandescente che eruttava dalle viscere della terra, emettendo ondate di calore che mi bruciarono il volto anche se mi trovavo a un centinaio di metri di distanza.

— Il pozzo nucleare è distrutto, amore — disse la voce di Anya. — Adesso posso raggiungerti.

— Non prima di me — giunse la voce carica d’odio di Set.

E da quella fontana eruttante lava fusa, scaturita dal centro della terra, si levò l’enorme figura di Set, diavolo incarnato, un demonio i cui occhi da rettile brillavano d’odio e di furore nei miei confronti.

Afferrai la scimitarra al mio fianco e cercai di alzarmi in piedi, ma senza successo. Ero troppo debole; avevo perso troppo sangue.

I piedi artigliati di Set si fecero sempre più vicini, fino a portarsi al mio fianco, illuminati dal chiarore della lava che fuoriusciva dal centro del cortile.

— Hai distrutto il mio mondo, Orion. — Le sue parole ardevano nella mia mente. — Ma non hai distrutto me. Sarò io a ucciderti.

Si piegò su di me e mi serrò le dita intorno alla gola. Sollevandomi in aria, cominciò a soffocare la vita dentro di me. I suoi artigli mi penetrarono nelle carni, e il mio sangue prese a scorrere lungo le squame delle sue braccia.

Lo colpii con la scimitarra, ma ero troppo debole per ferirlo seriamente. La sua corazza di squame si rivelò un’ottima difesa contro il filo della mia spada.

Voltatosi senza mollare la presa dal mio collo, Set avanzò lentamente verso la fontana di fuoco. La mia vista si era offuscata, e non riuscivo a respirare. Il mondo stava scomparendo nelle tenebre.

— Arrostirai nelle fiamme del tormento per l’eternità, Orion. Ho ancora sufficiente controllo sulle forze dello spaziotempo per darti la più terribile delle morti. Brucia all’inferno, Orion! Per sempre!