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Vollero ribattere, ma io ribadii con forza la determinazione degli Antichi. —Armi tanto potenti da distruggere le stelle possono provocare reazioni a catena in grado di distruggere l’intera galassia. E questo non può essere consentito.

— Chi sei tu, per proferire simili minacce?

Sorrisi gelidamente. —In un certo senso, sono l’ambasciatore degli Antichi e di altre antiche razze abitatrici della galassia. Razze che non hanno voluto stabilire rapporti con noi perché siamo troppo giovani e ignoranti per suscitare il loro interesse. Ma ora che ci apprestiamo a mettere a repentaglio la vita della galassia non hanno scelta: devono prendere atto del nostro operato e agire di conseguenza.

Non volevano credermi, ma dopo ore e ore di discussione cominciarono ad accettare ciò che avevo detto. Il sole sparì dietro la fitta vegetazione e scese la sera. Non permisi a nessuno di lasciare il tavolo, ma provvidi a proteggerli e tenerli caldi con una bolla di energia. Permisi loro di mangiare e anche di allontanarsi brevemente, sapendo che la fuga era impossibile.

— Nessuno farà ritorno nel proprio tempo fino a quando non avrete raggiunto un accordo —ripetei ancora una volta.

Passarono i giorni. I presenti si scambiavano accuse reciproche, discutevano animatamente, urlavano. E io non mi stancavo di rammentare loro che, se non si fossero messi seriamente al lavoro, avrei cominciato a sparare. E puntavo la pistola contro il più rumoroso di quei chiacchieroni.

— Tu sarai il primo —lo minacciavo.

E quello deglutiva e sgranava gli occhi, ma smetteva di insultare e di gridare.

Era come una gigantesca seduta di terapia di gruppo. Ci volle tempo perché prendessero coscienza dei propri risentimenti, delle proprie paure. All’inizio, si incolpavano a vicenda di ogni sorta di violenze e atrocità, ma a poco a poco, sapendo che non c’erano alternative e che rischiavano di perire, cominciarono a esaminare i motivi occulti della guerra.

Ma io sapevo che la causa autentica erano le manipolazioni dei Creatori. Qualunque cosa umani e alieni avessero deciso, i Creatori avrebbero potuto ribaltare tutto con un semplice schiocco di dita. Capii che, dopo i politici, avrei dovuto affrontare i Creatori. Capeggiati da Aton, il Radioso.

Fui sorpreso che non si fosse presentato, magari indirettamente sotto le sembianze di un politico. Probabilmente era più che soddisfatto di vedermi faticare per un accordo di pace, per poi mandarlo in fumo prima che si potesse applicarlo. Giocare con gli umani lo divertiva. Ci lusingava e poi ci umiliava quando ci vedeva tendere verso la grandezza. “Come farfalle tra le mani di un ragazzino” pensai. Solo che questa farfalla non aveva alcuna intenzione di permettere a un dio folle di strapparle le ali. Soprattutto ora che aveva imparato a volare.

32

Ci vollero settimane. Per l’esattezza, sette settimane e due giorni. Almeno cento volte fui preso dal timore di dover uccidere qualcuno. Almeno mille volte, i politici si scontrarono con violenza, gridandosi accuse e minacce, per poi sfogare su di me la loro furia e spergiurando che mi avrebbero ucciso non appena fossero tornati nel loro mondo.

Ogni volta, ero costretto a ripetere che nessuno avrebbe lasciato il tavolo prima che fosse stato siglato un accordo di pace, un accordo che ponesse definitivamente fine a quell’assurda carneficina. E, ogni volta, ero costretto a ricordargli che, se ciò non fosse avvenuto, loro stessi sarebbero diventati vittime della guerra.

Una dozzina di volte sembrarono arrivare vicino a un’intesa, poi qualche sciocca obiezione rimetteva tutto in discussione.

Ma pur lentamente e con riluttanza, proseguirono verso la meta. Non usai la forza, solo la minaccia di ucciderli, e tanto bastava a farli tornare al lavoro. Permettevo loro di dormire, anche se questo rappresentava un problema, dato che umani e Tsihn avevano ritmi biologici diversi dagli Skorpis. Gli Aracnidi, da parte loro, non sembravano aver bisogno di sonno.

E dopo cinquantuno giorni, l’accordo era finalmente sulla carta. Dopo le estenuanti trattative, erano tutti esausti. Ma, cinquantuno giorni prima, quando si erano seduti a quel tavolo, si erano scagliati l’uno contro l’altro, mentre ora riuscivano a parlarsi, e con grande rispetto. Persino i poco comunicativi Aracnidi avevano utilizzato le apparecchiature di decodificazione che avevo loro fornito.

Eravamo giunti alla firma, quando io sollevai un’ultima obiezione.

— C’è un problema che i rappresentanti umani non hanno preso in considerazione —dissi.

— E quale sarebbe? —chiesero in coro.

— I vostri eserciti, i vostri soldati. Che intendete farne?

Gli uomini seduti ai due lati del tavolo si scambiarono diverse occhiate. —Ibernarli di nuovo. Che altro?

— Lasciarli vivere —suggerii.

— Ma se non saprebbero neppure come farlo! Sono stati addestrati alla guerra e non conoscono altro!

— Trovate dei mondi che non siano occupati da altri e lasciate che si insedino lì. Credo che dobbiate almeno questo a chi ha combattuto per voi.

— Ma non sopravviverebbero! Coltivare campi, allevare bestiame, costruire case, vivere in pace… sono concetti estranei alla loro formazione mentale.

— In questo caso, dovrete insegnarglielo —asserii risoluto. —Potranno ricevere il nuovo addestramento durante la fase di teletrasporto.

— Morirebbero nell’arco di una generazione —protestò un uomo dal viso grassoccio. —Sono tutti sterili. È così che sono stati creati.

— Potranno ricorrere alla clonazione, come è avvenuto per loro. E i loro figli non saranno sterilizzati.

— Ma allontanando i soldati, resteremo senza difese —obiettò una delle donne. —Non avremo più un esercito.

— Addestrate i vostri figli alla vita militare! —esplosi. —Difendetevi da soli.

— Questa è un’idea folle! I miei bambini, diventare dei soldati?

Appoggiai entrambe le mani sul tavolo. —Solo allora capirete che la guerra non è un gioco. Questi uomini e queste donne hanno combattuto per voi e in cambio non hanno ricevuto “nulla”. Nessun diritto, nessun privilegio, nessun obiettivo da raggiungere, nulla da sognare. Solo morte e fatica.

— Ma è per questo che sono stati concepiti! Non conoscono altro se non l’esercito.

— Ma sanno di voler vivere. Sanno che desiderano qualcosa di più della sofferenza, del sangue e della guerra. Sono esseri umani, esattamente come voi. Dovete accettarli per quello che sono.

— Impossibile! —mormorò qualcuno.

— Hai idea di quanto costerà mandarli su nuovi mondi?

— Chiedere ai nostri figli di diventare militari?

— Questa è la condizione che pongo alla firma del trattato, ed è imprescindibile. Liberate i vostri soldati dalla schiavitù e lasciateli vivere in pace —dissi.

— È una richiesta assurda. Non può essere esaudita.

— Dovrà esserlo, se non volete passare il resto della vostra vita seduti a questo tavolo —ribattei secco.

— Ma insomma!

— Imparerete, anche se solo marginalmente, che cosa significa non avere nulla da desiderare. Resterete qui fino a quando non avrete capito che questa forma di schiavitù è intollerabile.

— Se voi umani temete di restare senza protezione —intervenne uno Skorpis —potreste ingaggiare noi.

— I Tsihn hanno una lunga tradizione militare —aggiunse il più imponente tra i rettili. —Potremmo sicuramente raggiungere un accordo militare con la Suprema Alleanza. —Si guardò attorno e aggiunse: —Oppure con l’Egemonia, una volta che avremo posto fine alla guerra in corso.

Molti tra gli umani obiettarono sull’opportunità di assoldare truppe mercenarie, affidando la propria vita a degli alieni in forza di un accordo diplomatico. Altri rabbrividirono all’ipotesi di vedere i loro figli indossare un’uniforme.