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Walton cominciava a spazientirsi.

— Bene, al diavolo le risposte. Stabilisca il contatto e gli dica che lo sto aspettando qui fuori. La mia presenza è importante là dentro.

— Signor Walton, il signor FitzMaugham proibisce tassativamente a chiunque di usare l'intercom senza la sua risposta — protestò la ragazza.

Si sentì avvampare il viso.

— Prendo io la responsabilità.

— Mi dispiace, signor Walton, ma…

— Va bene. Si scosti da quella macchina e lasci che gli parli "io". Se ci saranno delle conseguenze, gli dica che l'ho costretta puntandole contro una pistola.

Lei indietreggiò, piena d'orrore per l'incredibile violazione delle regole stabilite dal suo principale, e lui si infilò al posto della ragazza, dietro la scrivania. Stabilì il contatto; non ci fu alcuna risposta. Allora disse: — Signor FitzMaugham, sono Roy. Sono davanti alla porta del suo ufficio proprio in questo momento. Devo entrare, oppure no?

Silenzio. Guardò meditabondo l'apparecchio.

— Sto per entrare — disse.

La porta era una buona imitazione del legno pregiato, era spessa diversi centimetri e probabilmente era fatta di acciaio al berillio, che la rendeva piuttosto ostica da superare. FitzMaugham amava essere protetto.

Walton contemplò la porta per un momento. Entrando nel campo d'azione del visore, disse: — Signor FitzMaugham? Mi sente? — Nel silenzio che seguì, decise di proseguire. — Sono Walton. Sono qui fuori con un disintegratore, e se non mi darà un ordine contrario, cercherò di entrare nel suo ufficio.

Silenzio. Questo era davvero incredibile. Walton si chiese se l'intera faccenda non facesse parte di una trappola escogitata dalla mente tortuosa di FitzMaugham. Bene, l'avrebbe scoperto abbastanza in fretta. Regolò il fiotto di calore del disintegratore alla corta distanza e alla massima intensità, e schiacciò il pulsante. Un raggio uscì dalla pistola e bagnò la porta.

Una piccola folla di spettatori curiosi si era radunata a rispettosa distanza. Walton mantenne il fiotto di calore allo stesso livello. Lo strato di legno sintetico si fuse quasi immediatamente; l'acciaio al berillio della porta cominciò ad avvampare, diventò rosso e poi quasi bianco.

Apparve la combinazione che teneva chiusa la porta. Walton concentrò il getto in quella direzione, e la porta cominciò a gracchiare e a grugnire.

Spense il disintegratore, se lo infilò in tasca, e diede un robusto calcio alla porta. La porta si spalancò immediatamente.

Per un istante riuscì a vedere una testa bianca macchiata di sangue, riversa su un'ampia scrivania… e poi qualcuno lo colpì allo stomaco.

L'aggressore era un uomo della sua stessa altezza, che indossava un abito azzurro con ricami in oro; la mente di Walton registrò i particolari con incredibile chiarezza. Il volto dell'uomo era distorto dalla paura e dalla sorpresa, ma Walton riuscì a riconoscerlo senza difficoltà. Le guance rubizze, il naso grosso e le sopracciglia cespugliose appartenevano senza ombra di dubbio a Ludwig.

L'uomo delle Nazioni Unite. L'uomo che aveva appena assassinato il direttore FitzMaugham.

Stava colpendo con pugni violenti Walton, cercando di toglierlo di mezzo per fuggire dalla porta aperta, per fuggire da qualche parte… per quello che gli sarebbe servito. Walton grugnì, quando un altro pugno lo colpì allo stomaco. Indietreggiò, barcollando, cercando di respirare, ma riuscì a tenere stretto il suo aggressore per la giacca. Disperatamente, tirò con tutte le forze. Nella subitaneità di quanto era accaduto, non aveva avuto il tempo di valutare quello che aveva visto, non aveva avuto il tempo di reagire all'assassinio di FitzMaugham.

Il suo solo pensiero era quello di fermare Ludwig, l'assassino.

Il suo pugno colpì alla bocca l'avversario; sentì un forte dolore alle dita, quando colpì i denti dell'altro. Ludwig barcollò. Walton si rese conto di bloccare la porta; non solo impediva a Ludwig di fuggire, ma impediva agli altri di venire in suo aiuto.

Ciecamente, rabbiosamente, scagliò un altro pugno contro il naso di Ludwig, che cadde; nello stesso tempo Walton lo colpì alla nuca, con un preciso colpo con il taglio della mano, e mentre Ludwig sussultava e stava per cadere definitivamente, gli assestò una ginocchiata allo stomaco. Ludwig evitò all'ultimo momento di cadere lungo disteso, si girò e, improvvisamente, si mise a correre verso la scrivania del direttore.

Walton lo seguì… e si fermò di colpo quando vide che l'uomo delle Nazioni Unite si arrestava, cominciava a tremare violentemente, e cadeva al suolo. Disteso in modo grottesco sul soffice tappeto della direzione, Ludwig sussultò violentemente per un paio di volte, poi giacque immobile.

Walton ansimava violentemente. Aveva gli abiti strappati, era bagnato di sudore e di sangue, e il cuore batteva troppo forte, per lo sforzo al quale lui l'aveva sottoposto… il suo cuore non era abituato a certi violenti esercizi fisici.

"Ludwig ha ucciso il direttore" pensò confusamente. "E adesso Ludwig è morto".

Si appoggiò alla parete. Si rendeva conto che delle figure umane si muovevano, gli passavano accanto, entravano nella stanza, esaminavano FitzMaugham e la figura riversa al suolo. Ma erano tutte ombre confuse.

— Si sente bene? — chiese una voce decisa e familiare.

— Non troppo — ammise Walton.

— Prenda un po' d'acqua.

Walton accettò il bicchiere, lo vuotò in un sorso, sollevò lo sguardo per vedere l'uomo che gli aveva parlato.

— Ludwig! Come diavolo…

— Un sosia — disse l'uomo delle Nazioni Unite. — Andiamo a dargli un'occhiata.

Ludwig lo accompagnò verso il finto Ludwig disteso al suolo. La somiglianza era incredibile. Due o tre impiegati avevano girato il cadavere; la mascella era rigida, il viso gelato in una maschera d'agonia.

— Ha preso del veleno — disse Ludwig. — Credo che sapesse di non uscire vivo da questa stanza. Ma il suo lavoro l'ha eseguito bene. Dio, se almeno per una volta in vita mìa fossi arrivato in tempo a un appuntamento!

Walton guardò, con la mente ancora intorpidita, prima il corpo del Ludwig morto, sul pavimento, poi il viso del Ludwig vivo, che si trovava davanti a lui. La sua mente sconvolta ricominciò lentamente a funzionare, e a rendersi conto di quanto era accaduto. L'assassino, mascheratosi per assomigliare a Ludwig, era arrivato alle tredici precise, ed era stato ammesso nell'ufficio del direttore. Aveva ucciso il vecchio, e poi era rimasto all'interno dell'ufficio, sperando di fuggire in seguito, oppure semplicemente aspettando che il veleno facesse effetto.

— Doveva accadere, prima o poi — disse Ludwig. — Sono anni che cercano di colpire il senatore. E adesso che Poppy era stato approvato…

Walton guardò involontariamente la scrivania, lucida e immacolata come sempre. Il direttore FitzMaugham era riverso sopra di essa, a braccia spalancate, con le mani chiuse a pugno. La sua grande testa di capelli bianchi era macchiata di sangue, il suo sangue. Era stato bastonato a morte… l'omicidio più semplice e più crudele. Gli avevano spaccato il cranio.

Walton cominciò ad avvertire i primi sintomi della reazione emotiva. Avrebbe voluto spaccare tutto, piangere, dare libero sfogo a quello che provava. Ma troppe persone erano presenti; l'ufficio, un tempo inviolabile, improvvisamente s'era riempito di gente, impiegati di Poppy, poliziotti, segretarie, e magari c'erano anche dei cronisti delle agenzie.

Walton recuperò un brandello di autorità.

— Fuori, tutti! — disse forte. Riconobbe Sellors, il capo della sicurezza dell'edificio, e aggiunse: — All'infuori di lei, Sellors. Lei può restare qui.

La piccola folla si dissolse, come per magia. Adesso nell'ufficio erano rimasti in cinque, Sellors, Ludwig, Walton, e i due cadaveri.

Ludwig disse: — Lei ha qualche idea su chi potrebbe trovarsi dietro questo omicidio, signor Walton? Ha già qualche sospetto in merito?