Harriet gettò le chiavi su di un cassettone e si voltò ad osservare la stanza.
«E tu?» chiese a Blaine. «Che cosa ti è successo? Sono ritornata in quel paese di confine, ed era in ebollizione. Era successo qualcosa di spaventoso, ma non sono riuscita a scoprire che cosa. Non ne ho mai avuta la possibilità. Ho dovuto scappare via in fretta e furia.»
«Me ne sono andato,» le disse Blaine.
Stone tese la mano.
«Hai fatto meglio di me. Sei riuscito a squagliartela.»
La destra di Blaine fu stretta nella grande mano di Stone, che la tenne saldamente.
«Sono contento che tu sia qui,» disse Stone.
«Tu mi hai telefonato, quella notte,» disse Blaine. «Se non lo avessi fatto, mi sarei fatto prendere come uno stupido. Mi sono ricordato di quello che tu mi avevi detto. Non sono stato lì ad aspettare che mi mettessero le grinfie addosso.»
Stone ritirò la mano, e rimasero uno di fronte all’altro a guardarsi, ed era uno Stone diverso da quello che Blaine ricordava. Stone era sempre stato un pezzo d’uomo, e ancora lo era: ma adesso c’era qualcosa di diverso, in lui… una grandezza dello spirito e dello scopo, che si avvertiva immediatamente non appena lo si vedeva. E c’era in lui una durezza che un tempo non c’era.
«Non sono sicuro di averti fatto un favore,» gli disse Blaine, «a capitarti fra i piedi. Ho viaggiato lentamente, e ho lasciato una quantità di tracce in giro. Ormai è più che probabile che l’Amo mi abbia appiccicato dietro un segugio.»
Stone fece un breve gesto, come scacciare quel pensiero, quasi un gesto di impazienza, come se l’Amo non potesse avere importanza, lì, come se non potesse averne in nessun posto.
Poi attraversò la stanza e andò a sedersi.
«Che cosa ti è successo, Shep?»
«Sono stato contaminato.»
«Anch’io,» disse Stone.
Tacque per un attimo, come se pensasse a quella volta, quando era fuggito dall’Amo.
«Appena ho voltato le spalle al telefono,» disse, «loro erano lì ad aspettarmi. Sono andato con loro. Non c’era altro da fare. Mi hanno portato in un posto…» (Un grande palazzo bianco sulla riva del mare, una casa immensa, bianca, così bianca che scintillava, e sopra il cielo era azzurrissimo, di un azzurro che quasi feriva gli occhi, un azzurro che raccoglieva e rifletteva la luminosità del sole; eppure era un azzurro che aveva una profondità in cui si poteva affondare lo sguardo, fin quasi a perdersi dentro. E attorno al grande palazzo bianco c’erano altre costruzioni, altrettanto scintillanti, ma di dimensioni inferiori. Un grande prato, e si capiva immediatamente che poteva essere così verde e lussureggiante solo perché veniva innaffiato continuamente. Al di là del verde del prato c’era una spiaggia di sabbia bianca come la neve, e l’azzurroverde dell’oceano, e il pulviscolo di spuma scagliato alto nell’aria, là dove la risacca batteva martellando sulle rocce, oltre la spiaggia. E sulla spiaggia spiccavano i colorì vivacissimi degli ombrelloni…)
«Più tardi sono venuto a sapere che era nella Bassa California. Un luogo assolutamente deserto, con questo favoloso centro di villeggiatura proprio in mezzo al deserto…» (Le bandierine che segnavano le buche del golf sbattevano nella brezza dell’oceano, e c’erano i bianchi rettangoli piatti dei campi da tennis, il patio con gli ospiti che se ne stavano seduti ad oziare e a chiacchierare, aspettando i carrelli dei liquori e i vassoi dei sandwiches, vestiti in impeccabili abiti da vacanza.) «Si andava a pesca, e si prendevano pesci che tu non hai mai neanche immaginato, e si poteva andare a caccia sulle colline, e si faceva il bagno tutto l’anno…»
«Difficile da sopportare,» disse Harriet, pigramente.
«No,» disse Stone. «Tutt’altro che difficile da sopportare. Non per sei settimane. E neppure per sei mesi. C’era tutto ciò che un uomo può desiderare. Vitto eccellente, liquori ottimi, e donne. Ogni tuo desiderio veniva soddisfatto. Il denaro era inutile. Era tutto gratuito.»
«Ma mi rendo conto,» disse Blaine, «che un uomo possa…»
«Naturalmente,» disse Stone. «È quel senso di inutilità assoluta. Come se qualcuno avesse preso te, uomo, e ti avesse fatto ritornare un bambino, al quale non restasse altro da fare che giocare. Eppure era un atto di bontà, da parte dell’Amo. Anche se l’odiavi e lo detestavi e ti ribellavi, potevi capire che aveva ragione. Loro, in effetti, non avevano niente contro di noi. Non avevamo commesso un delitto, né una negligenza in servizio… cioè, per molti di noi era così. Ma non potevano correre il rischio di continuare a servirsi di noi, e non potevano lasciarci liberi, perché, tu lo puoi capire, non bisognava macchiare il nome dell’Amo. Non si doveva dire che l’Amo aveva lasciato andare in giro libero per il mondo un uomo con una vena di alienità, con una mente o un sentimento che deviava, sia pure di pochissimo, dal punto di vista umano. Perciò ci offrivano una lunga vacanza… una vacanza interminabile, in un posto identico a quello dove stanno i miliardari.
«E questo era molto insidioso. L’odiavi, eppure non potevi andartene, perché il buon senso ti diceva che saresti stato uno stupido, ad andartene. Vivevi al sicuro, e da gran signore. Non c’erano problemi di sicurezza: era fatta, ormai. Pensavi a scappare… anche se in realtà non ti sembrava una vera fuga, perché non c’era niente che ti tratteneva prigioniero. Cioè, fino al momento in cui tentavi di andartene. Allora scoprivi che c’erano le sentinelle e gli avamposti. Soltanto allora ti accorgevi che tutte le strade e tutti i sentieri erano sorvegliati. E questo, nonostante il fatto che un uomo a piedi avrebbe commesso un suicidio, se si fosse allontanato attraverso quel territorio desertico. Scoprivi, poco per volta, che c’erano uomini che ti sorvegliavano sempre… uomini che fingevano di essere ospiti, ma in realtà erano agenti dell’Amo, che tenevano d’occhio tutti quanti, e aspettavano che tu ti preparassi ad andartene, o anche soltanto che tu pensassi di andartene.
«Ma le sbarre che ti bloccavano, le sbarre che ti tenevano veramente prigioniero erano il lusso e la bella vita. È molto difficile lasciare qualcosa del genere. E l’Amo lo sa. Ti assicuro, Shep, che quella è la prigione più sicura che l’uomo abbia mai inventata.
«Ma, come tutte le altre prigioni, ti rendeva duro. Ti costringeva a lottare per diventare un duro, a diventare abbastanza duro per deciderti e per portare a termine il tuo piano, una volta che ti eri deciso. Quando scoprivi che c’erano le spie e le sentinelle, diventavi astuto e ipocrita, ed erano proprio quelle sentinelle e quelle spie che te ne davano motivo. L’Amo ha esagerato istituendo tutte quelle misure di sicurezza, perché in realtà non erano necessarie. Lasciato a te stesso, saresti scappato magari una settimana sì e una no, ma saresti ritornato indietro, non appena ti fossi accorto come era brutta la vita, fuori di lì. Ma quando scoprivi che c’erano barriere fisiche, quando scoprivi che c’erano guardie e armi e cani… allora diventava una sfida, e diventava un punto d’onore, e buttavi come posta la tua vita…»
«Ma,» disse Blaine, «non potevano esserci troppe fughe, e neppure troppi tentativi di fuga. Altrimenti l’Amo avrebbe escogitato qualcosa di nuovo. Non avrebbe mai lasciato che le cose continuassero in quel modo.»
Stone sogghignò come un lupo.
«Hai ragione. Non sono stati molti a farcela. E sono stati pochissimi anche coloro che hanno tentato.»
«Tu e Lambert Finn.»
«Lambert,» disse Stone, «per me era un esempio, un’ispirazione. Era fuggito diversi anni prima che io venissi portato lì. E poi ce n’era stato un altro, diversi anni prima di Lambert. Ancora oggi, nessuno sa che cosa ne sia stato di lui.»
«Benissimo,» chiese Blaine, «che cosa succede, allora, ad un uomo che fugge dall’Amo? Dove va a finire? Io sono qui, con un paio di dollari in tasca, e per la verità non sono neppure miei: appartengono a Riley. Non ho un’identità, non ho una professione o un mestiere. Come posso…»