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Pat non vedeva motivo di parlarne con Hansteen, il quale stava già erigendo le sue barricate. I sedili, svitati dal loro posto, venivano ammucchiati tra l’ultima fila e la porta della toilette. Pareva che il commodoro si preparasse ad affrontare un’invasione, invece che un incendio. E infatti era così: appena quella parete avesse ceduto, la polvere si sarebbe riversata nella cabina.

«Mentre voi continuate lì, io comincerò a organizzare i passeggeri» disse Pat. «Altrimenti avremo venti persone che cercano di uscire tutte insieme.» E, rivolgendosi ai passeggeri, il capitano prosegui: «Tra poco saremo fuori da questa trappola. Appena il soffitto si aprirà, ci verrà calata una scala di corda. Prima saliranno le signore, poi gli uomini: tutti in ordine alfabetico. Andate su più presto che potete, ricordatevi che qui pesate pochissimo, e non ostacolate i compagni. Avrete tutto il tempo, bastano pochi secondi per arrivare in cima..»

Non finì la frase. Si udì un’esplosione soffocata, non più forte dello scoppio di un sacchetto di carta, ma significava che la parete era crollata. E nel soffitto, purtroppo, non era ancora stata aperta la breccia dalla quale fuggire.

Dall’altra parte del tetto, Lawrence posò il cerchio sulla superficie di fibreglass e cominciò a fissarlo con il cemento. Sebbene non fosse necessario, usava la massima precauzione, perché non era mai riuscito a familiarizzarsi con gli esplosivi.

La carica a forma di anello ora semplicissima. Avrebbe prodotto un taglio dell’ampiezza e dello spessore desiderati, facendo in un secondo quello che una sega elettrica avrebbe fatto in un quarto d’ora.

In quel momento, una voce dall’alto gridò: «L’incendio ha raggiunto la cabina!»

Lawrence guardò l’orologio. La schiuma sarebbe stata dura come roccia tra altri trenta secondi. Meglio aspettare, piuttosto che rischiare di agire troppo presto.

Cominciò a risalire la scala di corda, senza fretta, trascinandosi dietro i sottili fili del detonatore. Quando emerse dal pozzo e cominciò a collegare i fili al dispositivo che avrebbe fatto saltare la carica, mancavano dieci secondi esatti.

«Avvertite il Selene che cominciamo il conteggio alla rovescia partendo da dieci» disse Lawrence.

Mentre correva in aiuto del commodoro «come avrebbe potuto aiutarlo però non lo sapeva» Pat senti Sue che chiamava con voce calma: «Signorina Morley, signora Schuster, signora Williams…» Ironia della sorte, proprio la Morley sarebbe stata la prima, in grazia dell’ordine alfabetico. Stavolta non poteva lamentarsi del trattamento!

Un secondo pensiero passò per la mente di Pat. E se la signora Schuster fosse rimasta incastrata nel tubo? Ma no, probabilmente si era tenuto conto della sua mole nel costruire il cassone, e poi la moglie dell’avvocato in quei giorni aveva perso parecchi chili.

La porta esterna della toilette resisteva ancora. Per un momento Pat provò un senso di sollievo. Forse la combustione avrebbe impiegato un’altra mezz’ora prima di sgretolare lo spessore della fibreglass, e nel frattempo…

Qualcosa scricchiolò sotto i suoi piedi. Il capitano abbassò lo sguardo. Sebbene i suoi occhi si fossero ormai abituati alle fioche luci di emergenza, impiegò alcuni secondi prima di rendersi conto che una grigia marea filtrava attraverso la porta barricata e che i due battenti stavano già cedendo sotto la pressione della polvere. Potevano resistere forse per qualche minuto ancora, ma già la marea silenziosa gli era arrivata alle caviglie mentre lui guardava, immobile.

Pat non si mosse. Non parlò. Per la prima volta in vita sua, e forse per l’ultima, provò che cosa fosse l’odio assoluto, accecante. In quel momento, mentre milioni di particelle strisciavano contro le sue gambe, parve a Pat che il Mare della Sete fosse un’entità consapevole e maligna che giocasse con loro come il gatto col topo. Forse Radley aveva ragione…

L’altoparlante che pendeva dal tubo dell’aria lo strappò alle sue fantasticherie fatalistiche.

«Siamo pronti! Radunatevi a prua e copritevi la faccia. Incomincia il conteggio… Dieci…»

«Non c’è tempo», pensava Pat. «Non c’è tempo…»

«Nove…»

«Il Mare della Sete non lo permetterà…»

«Otto…»

«Peccato, però, dopo tanti sforzi…»

«Sette…»

«Forse ce la faremo, almeno qualcuno…»

«Sei.»

«Proviamo a fare un po’ di calcoli. Ammettiamo che bastino quindici secondi per bucare il tetto…»

«Cinque…»

«… e per calare di nuovo la scala… l’avranno tirata su, naturalmente, per sicurezza…»

«Quattro…»

«… e calcolando che salga una persona ogni tre secondi… facciamo cinque…»

«Tre…»

«… farà ventidue volte cinque, cioè mille… ma no, cosa dico… non so più contare…»

«Due…»

«… diciamo cento secondi e qualcosa, il che significa quasi due minuti. C’è tutto il tempo perché quei serbatoi saltino…»

«Uno.»

«Uno! E non mi sono nemmeno coperto la faccia, forse dovrei buttarmi a terra a costo di mangiare quella maledetta polvere…»

Si udì uno schianto improvviso e ci fu un breve sbuffo di aria: tutto qui. L’energia della carica era stata calcolata e messa a punto al millesimo. Quell’esplosione era stata appena sufficiente a increspare la polvere che ormai copriva la metà più bassa del pavimento.

Il tempo parve fermarsi. Per un’eternità, non accadde niente. Poi il miracolo si verificò, inaspettato, cogliendo tutti di sorpresa, sebbene tutti se lo aspettassero.

Un anello di luce vivida era apparso tra le ombre rossastre del soffitto. Diventava sempre più fermo e brillante, poi, di colpo, si allargò in un cerchio completo e perfetto mentre la sezione del tetto si staccò e cadde. La luce che pioveva nel Selene era solo quella di una lampada posta circa venti metri più in su, ma per occhi che da ore e ore non avevano visto altro che un chiarore rossastro era più abbagliante di un’aurora.

La scala scivolò dentro quasi nell’attimo in cui il cerchio di tetto toccò il suolo. La signorina Morley, che già si teneva pronta a balzare, sparì in un lampo. La signora Schuster la seguì, un po’ più lentamente, ma sempre a una velocità lodevolissima. Un secondo dopo saliva la signora Williams. Ora toccava agli uomini… Prima Baldur, probabilmente, per via dell’ordine alfabetico.

Restavano solo una dozzina di persone nella cabina, quando la porta barricata venne divelta dai cardini e la valanga di polvere irruppe con violenza.

La prima ondata investì Pat mentre tentava di risalire il pendio della cabina. Leggera e impalpabile coma era, rallentava i movimenti, tanto che pareva di muoversi in un mare di colla. Pat tossiva ed era mezzo accecato, ma poteva ancora respirare.

Nell’oscurità, sentiva ancora Sue che contava… «Quindici, sedici, diciassette… diciotto, diciannove…» mentre guidava i passeggeri verso la salvezza. Lui avrebbe voluto farla salire con le altre donne, ma Sue era ancora al suo posto, per proteggere i passeggeri. Mentre lottava con la polvere che ormai gli arrivava quasi al, la vita, Pat sentì per Sue un amore così grande che quasi gli sembrò che il suo cuore scoppiasse. Ora non aveva più dubbi. Il vero amore era un perfetto equilibrio tra il desiderio e la tenerezza. Il primo esisteva già da molto, e adesso la seconda si rivelava in pieno.

«Venti… tocca a voi, commodoro… svelto!»

«Salite voi, Susan!» ordinò il commodoro. «Subito, sul» Pat non vide quel che avveniva, perché era ancora semiaccecato dalla polvere e dall’oscurità, ma immaginò che Hansteen avesse addirittura scagliato la ragazza attraverso l’apertura.