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Robert Silverberg

Quando andammo a vedere la fine del mondo

Nick e Jane erano contenti d’essere andati a vedere la fine del mondo, perché così avevano qualcosa di speciale di cui parlare alla festa di Mike e Ruby. Fa sempre piacere recarsi a un “party” armati di un piccolo argomento di conversazione. Mike e Ruby danno feste meravigliose. La loro casa è splendida, una delle più belle del vicinato. Una casa fatta veramente per tutte le stagioni, per tutti gli stati d’animo. Il loro particolarissimo angolo di mondo. Con tanto spazio dentro e fuori, tanta libertà. Il soggiorno, con il soffitto a cassettoni, sembra fatto apposta per ricevere. Molto curato nei particolari, con la zona conversazione e il caminetto. C’è anche una stanza da pranzo, anche questa con il soffitto a cassettoni, e i pannelli di legno, più uno studio. E un sontuoso reparto notte, con uno spogliatoio di quasi quattro metri quadrati, e un bagno personale. Le linee esterne sono solide e imponenti. Il cortile è ben riparato. Tutt’intorno, un bel parco con tanti alberi. I loro ricevimenti sono l’avvenimento più atteso del mese.

Nick e Jane aspettarono finché sembrò loro che fosse arrivata abbastanza gente. Poi Jane diede di gomito a Nick, e Nick disse in tono gaio: «Sapete cos’abbiamo fatto la settimana scorsa? Siamo andati a vedere la fine del mondo!».

«La fine del mondo?» domandò Henry.

«Siete andati a vederla?» disse Cynthia, la moglie di Henry.

«E come avete fatto?» volle sapere Paula.

«È da marzo che ci si può andare» spiegò Stan. «Credo che l’organizzazione sia di un ufficio dell’American Express.»

Nick c’era rimasto male, nel sentire che Stan sapeva già tutto. In fretta, prima che Stan potesse aggiungere altro, disse: «Sì, è un’iniziativa recente. È stato il nostro agente di viaggi a scoprirlo. Fanno così, ti mettono dentro una macchina che sembra un sommergibile in miniatura e che al posto di guida ha i suoi bravi strumenti e leve, al di là di una parete di plastica, sapete, in modo che uno non possa toccare niente. Poi, ti spediscono nel futuro. Per pagare basta avere una normale carta di credito.»

«Ma chissà quanto costa» disse Marcia.

«I prezzi stanno calando rapidamente» disse Jane. «L’anno scorso potevano permetterselo soltanto i miliardari. Davvero non ne avevate mai sentito parlare?»

«Che cosa avete visto?» chiese Henry.

«Per un po’, soltanto del grigio al di là dell’oblò» disse Nick. «E una specie di tremolio luminoso.» Stavano tutti girati verso di lui. Gli piaceva essere al centro dell’attenzione. Jane aveva un’espressione rapita, amorevole. «Poi la nebbia si è diradata, e attraverso l’altoparlante una voce ha detto che ormai eravamo arrivati alla fine del tempo, quando la vita sulla Terra era diventata impossibile. Naturalmente, eravamo chiusi dentro il sommergibile, chiamiamolo così. Potevamo soltanto guardar fuori. Abbiamo visto una spiaggia, una spiaggia deserta. L’acqua era di uno strano colore grigiastro, con un luccichio rosato. Poi, si è levato il sole. Era rosso come lo si vede certe volte al tramonto, solo che, via via che saliva nel cielo, rimaneva rosso, e sembrava appesantito e con i contorni un po’ flaccidi. Come qualcuno di noi, che spasso! Appesantito e un po’ flaccido! Sulla spiaggia tirava un vento gelido!»

«Se eravate chiusi dentro un sommergibile, come facevate a sapere che tirava un vento gelido?» chiese Cynthia.

Jane le diede un’occhiataccia. Nick disse: «Vedevamo la sabbia che si sollevava tutt’intorno. E si capiva che era freddo. L’oceano era grigio. Come d’inverno».

«Racconta del granchio» disse Jane.

«Ah, sì, il granchio. L’ultima forma di vita sulla Terra. Non era proprio un granchio, s’intende, era un affare largo più di mezzo metro e alto almeno trenta centimetri, con una specie di guscio d’un verde lucente, molto spesso. Come minimo aveva una dozzina di gambe e dei corni ricurvi puntati verso l’alto. E si spostava lentamente, davanti a noi, da destra a sinistra. Ha impiegato tutta la giornata per attraversare la spiaggia. Poi, verso sera, è morto. I corni sono ricaduti, inerti, e lui ha smesso di muoversi. È arrivata la marea e se l’è portato via. Poi abbiamo visto il sole andare giù. Luna non ce n’era. C’erano le stelle ma sembravano stranamente fuori posto, tutte. L’altoparlante ci ha avvertiti che avevamo appena assistito alla morte dell’ultima cosa vivente sulla Terra.»

«Fa senso!» gridò Paula.

«Siete stati via molto?» chiese Ruby.

«Tre ore» disse Jane. «Uno può passare anche giorni o settimane alla fine del mondo, se è disposto a pagare qualcosa in più, però ti riportano indietro sempre a tre ore esatte dalla partenza. Sai com’è per non far salire le spese per la baby-sitter.»

Mike offrì a Nick da fumare. «Certo che è un’idea niente male» disse. «Essere andati fino alla fine del mondo. Ehi, Ruby, magari gliene parliamo, al nostro agente di viaggi.»

Nick tirò una profonda boccata di marijuana e passò la paglia a Jane. Era soddisfatto di sé per come aveva raccontato la storia. Erano rimasti tutti molto colpiti. Quel sole rosso e gonfio, quel granchio travolto dalla marea. Il viaggio era venuto a costare più di un mese in Giappone, ma era stato un ottimo investimento. Lui e Jane erano stati i primi ad andarci. Era importante. Paula lo stava fissando, ammirata. Nick sapeva che adesso lei lo considerava sotto una luce completamente diversa. Non era escluso che, martedì, gli avrebbe dato appuntamento in un motel per l’ora di colazione. Il mese scorso gli aveva detto di no, ma ora Nick sapeva di avere un’attrattiva in più agli occhi di lei. Le strizzò un occhio. Cynthia e Stan si tenevano per mano. Henry e Mike erano entrambi accoccolati ai piedi di Jane. Il figlio dodicenne di Mike e Ruby entrò nella stanza e si fermò sul limitare della zona-salotto. «Hanno appena trasmesso una notizia per radio» disse. «Delle amebe mutanti sono fuggite da un centro governativo di ricerche e sono finite nel Lago Michigan. Diffondono un virus che dissolve i tessuti, e in ben sette Stati si dovrà bere soltanto acqua bollita, fino a nuovo ordine.»

Mike fissò accigliato il ragazzo e disse: «Dovresti essere a letto da un pezzo, Timmy». Il ragazzo lasciò la stanza. Il campanello suonò. Ruby andò ad aprire e ritornò con Eddie e Fran.

Paula disse: «Nick e Jane sono andati a vedere la fine del mondo. Ci stavano appunto raccontando».

«Ma no!» esclamò Eddie. «Anche noi siamo stati a vederla, mercoledì sera.»

Nick si sentì avvilito. Jane si addentò il labbro e chiese sottovoce a Cynthia perché Fran si vestisse sempre in modo tanto vistoso. Ruby disse: «Avete visto tutto, eh? Il granchio e via discorrendo?»

«Il granchio?» ripeté Eddie. «Quale granchio?»

«Sarà morto la volta precedente» disse Paula. «Quando c’erano là Nick e Jane. Voi quando ci siete andati?» chiese Eddie a Nick.

«Domenica pomeriggio. Saremo stati i primi, penso.»

«Viaggio interessante, vero?» disse Eddie. «Un po’ triste, magari. Quando quell’ultima montagna sprofonda in mare.»

«Non è quella che abbiamo visto noi» disse Jane. «E voi non avete visto il granchio? Ma allora saranno stati due itinerari diversi.»

«Il tuo com’era, Eddie?» chiese Mike.

Eddie circondò Cynthia con le braccia, da dietro. «Ci hanno chiusi dentro quella piccola capsula, no?… con un portello, tutta una serie di quadranti…»

«Sì, questo l’abbiamo sentito» disse Paula. «Ma che cosa avete visto?»

«La fine del mondo» rispose Eddie. «Quando l’acqua copre tutto. Il sole e la luna erano in cielo contemporaneamente…»

«Noi la luna non l’abbiamo vista affatto» precisò Jane. «Non c’era.»

«Era da una parte e il sole dall’altra» rispose Eddie. «E la luna era più vicina di come è di solito. Aveva anche un colore strano, un po’ come il bronzo. E l’oceano continuava ad avanzare. Abbiamo fatto il giro di tutto un emisfero e non si vedeva altro che acqua. Salvo in un punto, dove c’era quel pezzo di terra che sporgeva; un colle, sembrava, ma la guida ci ha detto che era la cima del Monte Everest.» Fece cenno a Fran. «Vero che faceva effetto, galleggiare dentro quella specie di barchetta vicino alla cima del Monte Everest? Al massimo tre metri ne sporgevano. E l’acqua continuava a salire. Su, su, su. Su fino alla cima. Glub! Niente più terra. Vi confesso che è stato un po’ deludente, salvo l’idea della cosa, si capisce. Che l’ingegno umano possa disegnare una macchina capace di mandare la gente in là nel tempo di miliardi d’anni e poi riportarla indietro, be’, capirai! Ma da vedere c’era l’oceano e basta.»