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«Se non lo salutate voi, lo farò io,» sibilò Joan, piegando la testa verso di me con un rumore secco. Protese le mani verso di loro. «Benvenuti…»

Scesi dal porticato. «Marito, ti porgo il benvenuto,» dissi, e lo baciai sulla guancia segnata. «All’inizio non riuscivo a parlare, marito mio, tanto ero emozionata nel rivederti dopo tutto questo tempo.» Lo presi sottobraccio e mi rivolsi a mastro Drayton. «Porgo il benvenuto anche a voi, e a voi, e a voi,» dissi, facendo un cenno col capo in direzione degli altri due uomini. Quello con la gorgiera mostrava adesso un sorriso sciocco, mentre l’altro aveva sempre quell’espressione volpina. «È un benvenuto di provincia, semplice e povero, quello che possiamo offrirvi, ma il fuoco è acceso, la cena calda e i letti morbidi.»

«Sì, e le fanciulle graziose,» disse Drayton. Mi prese la mano e la baciò secondo l’uso francese. «Penso che resterò per tutto l’inverno.»

Gli sorrisi. «Suvvia, andiamo al caldo,» dissi.

«Come vi sembra. Madre?» mi bisbigliò Susanna mentre passavo. «Lo trovate molto cambiato?»

«Sì, molto cambiato,» risposi.

«Non ho lasciato niente a Drayton,» disse. «Avrei dovuto farlo.»

«Non ce n’è bisogno,» dissi, mettendogli un panno fresco sulla fronte. «È tuo amico.»

«Avrei dovuto lasciargli un pegno della mia amicizia. E a te un pegno del mio amore. Lo sai perché non posso lasciarti in eredità il mio patrimonio.» Mi afferrò la mano; la sua bruciava. «Se si venisse a sapere dopo la mia morte, non vorrei che si dicesse che ho comprato il tuo silenzio.»

«Ho la mia parte di vedova, e Susanna e John si prenderanno cura di me,» dissi, liberandomi dalla sua mano per immergere di nuovo il panno nell’acqua, e strizzarlo. «È una buona figlia.»

«Sì, una buona figlia, anche se all’inizio non mi amava. E neanche tu.»

«Questo non è vero,» dissi.

«Suvvia, signora Anne, quand’è che mi hai amato?» chiese. Gli posai il panno sulla fronte. Lui chiuse gli occhi e sospirò, e parve addormentarsi.

Avanzammo a piccoli passi, lui appoggiato a me mentre varcavamo la soglia ed entravamo nell’atrio. «La mia gamba si irrigidisce dopo un po’ che sono a cavallo,» disse. «Ho solo bisogno di riposarmi un momento accanto al fuoco.»

Joan era subito alle nostre spalle, con la crinolina che riempiva la porta, così che gli altri non potevano entrare finché lei non fosse passata del tutto. Seguiva Mastro Drayton, intento a raccontare a Judith e Susanna, sempre con quel tono di voce grosso e festoso, tutto quello che era successo durante il viaggio da Londra. «Mentre stavamo attraversando il ponte mi si sono avvicinati quattro spavaldi malviventi.» Drayton gesticolava con fare un po’ spaccone. Elizabeth lo fissava ad occhi sgranati.

I due giovani, Volpe e Collarino, entrarono nell’atrio portando i bagagli e la cassetta metallica. Si fermarono appena oltre la porta per ascoltare il racconto di Drayton. Collarino lasciò cadere le sacche sul pavimento con un rumore sordo. Volpe poggiò la cesta accanto a loro.

«Questi quattro hanno cominciato a infastidirmi, ma io ho reagito.»

«Marito,» dissi, approfittando di quella voce così forte. «Devi assolutamente complimentarti con tua sorella Joan Hart per la sua gorgiera. Ne va molto orgogliosa.» Lui mi guardò, ma ancora non riuscivo a decifrare la sua espressione. «E anche le tue figlie hanno indossato dei capi particolarmente eleganti per l’occasione. Susanna ha una gonna con…»

«Di certo un uomo riconosce le proprie figlie,» intervenne Joan prima che potessi terminare la frase, «anche se non ha avuto modo di riverirle. Tua moglie vorrebbe averti tutto per sé.»

«Buona sorella Joan,» disse lui. Fece un inchino. «Ti avrei salutata all’esterno, ma non ti ho riconosciuta.»

«Non mi hai riconosciuta?» disse Joan con voce acuta. La guardai ansiosamente, ma sul suo viso non vidi altro che stizza. Anche Volpe si soffermò a guardarla.

«Non ti ho riconosciuta perché hai un aspetto così giovanile.»

«Bugiardo,» disse Volpe, girandosi verso Drayton. «Quei quattro non erano affatto dei malviventi, ma dei mendicanti. Chiedevano l’elemosina.»

«Ah, ma è una bella storia lo stesso,» disse Drayton.

«Non ti ho riconosciuta. Gli anni sono stati molto più clementi con te che con me, sorella.»

«Non è così,» disse Joan scuotendo la testa. La sua gorgiera gemette. «Tu sei lo stesso di quel giorno in cui partisti per Londra. Quel giorno tua moglie disse che non avrebbe più rivisto suo marito. Che cosa dite adesso, Anne?» Mi sorrise con livore.

«La tua gonna è di gran moda, sorella,» disse lui.

«Davvero?» disse Joan, allargando le sottane con le mani. «Ho pensato che fosse conveniente vestirmi all’ultima moda per il tuo ritorno, fratello.» Rivolse un’occhiataccia alla mia semplice gonna. «Tua moglie no, invece. Ragazze!» gridò poi con una voce stridula che sopraffece quella di Drayton. «Venite a incontrare vostro padre.»

Non avevo avuto la possibilità di parlare e di dire: «Susanna ha una gonna con il pettino azzurro.» Vennero avanti, Bess stringendo la mano di Judith, e mi accorsi con costernazione che anche la camicetta di Susanna aveva una pettorina azzurra.

«Marito,» dissi, ma lui si era già fatto avanti, zoppicando appena. Joan si passò le mani sul farsetto, aspettando di vedere che cosa avrebbe detto.

Judith fece un passo avanti anche lei, tenendo Bess per la mano. «Io sono vostra figlia Judith, e questa è la piccola Bess, la figlia di Susanna.»

«E questa deve essere Susanna,» aggiunse lui. Lei annuì con un gesto secco. Lui si chinò per prendere la mano di Bess. «Elizabeth è il tuo vero nome?»

Bess lo guardò dal basso in alto. «Chi sei tu’?»

«Tuo nonno,» le rispose Judith, ridendo. «Ancora non lo riconosci?»

«Non può riconoscere suo nonno,» disse Susanna. «Non era ancora nata, e io ero una bambina della sua età quando ci avete lasciato. Come mai siete ritornato dopo tutti questi anni, padre?»

«Susanna!» esclamò Joan.

«Non sapevo che aspetto avevate, se eravate belle o no,» rispose lui tranquillamente, «se stavate bene ed eravate felici. Sono tornato per vedere se c’era qualcosa che potevo fare per voi.»

«C’è qualcosa che puoi fare per me, Will,» disse Drayton, posandogli una mano sulla spalla. «Offrimi un bicchiere di vino, uomo. Sono mezzo congelato, e stanco, e sono stato aggredito dai ladri. E ho anche fame.»

«Ci penso io,» disse Judith, sorridendo a Collarino. «È pronto in cucina, già caldo e mescolato con lo zucchero.»

«Vi aiuto,» si offrì Collarino.

Volpe disse: «Signora, dove posso sistemare queste sacche e le casse?»

«Nelle camere da letto,» risposi. «Marito, dove vuoi che sia messa la tua cassetta?»

«Lasciala lì,» disse lui. «La porterò io stesso.»

Judith tornò con il vino dentro una caraffa attorno alla quale era stato sistemato un tovagliolo e lo versò, fumante, nel bicchiere.

«Sento un profumo delizioso,» disse Drayton. «Che cosa c’è dentro?»

«Cannella,» rispose Judith, sempre sorridendo a Collarino. «E zucchero. Oltre a diverse spezie. Padre, ne gradite un bicchiere?»

Lui le sorrise con dolcezza. «Prima devo sistemare questa in un luogo sicuro.» Sollevò la cassetta metallica e si voltò verso di me. «Buona moglie, dove mi farai dormire?»

«Che c’è nella cassetta?» chiese Elizabeth.

«Infinite ricchezze,» rispose Drayton vuotando il bicchiere.

Lo precedetti su per le scale fino alla mia camera da letto, e lui mi seguì trascinando un po’ la gamba sotto il peso della cassetta.

«Dove vuoi che la metta, moglie?» mi domandò quando fummo entrati. «Nell’angolo?» Abbassò la cassetta e si piegò verso la parete, la mano appoggiata sulla gamba. «Sono troppo vecchio per portare pesi del genere.»