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Mi appoggiai contro la porta. Lui si raddrizzò e mi guardò, il volto sconosciuto segnato da rughe tristi e profonde.

«Dov’è mio marito?» gli domandai.

«Dov’è il testamento?» chiese.

Pensavo che dormisse e mi ero diretta silenziosamente verso la porta per vedere se fosse arrivato John. «Devi smetterla di parlare di testamenti e cercare di dormire,» dissi, rincalzando le lenzuola sotto il materasso in modo che non le facesse scivolare a terra. Il materasso fece un rumore frusciante.

Si mise a sedere, poi tornò a sdraiarsi. «Mi sembrava di aver sentito Joan.»

«Non temere,» dissi. «Non verrà. È in lutto.»

Mi guardò come se non capisse di cosa stessi parlando. Aggiunsi: «Suo marito è morto dieci giorni fa.»

«Di febbre perniciosa? O per troppo rumore?» disse, e mi sorrise, poi il suo viso si intristì, e le rughe sembrarono incavarsi. «Non mi ha riconosciuto.»

«No, ed è meglio che sia stato così.»

«Meglio, sì,» disse. «Quando si sono avvicinate a me, all’inizio, pensavo che non sarebbe stato possibile. Magari qualcuna avrebbe detto, lo riconosco dalla voce, o dallo spirito, o dal portamento. Ma nessuna lo ha detto. Tutte ci credevano, e alla fine ci ho creduto anch’io, e sono arrivato a convincermi di avere una moglie e delle figlie.»

«Tu le hai,» dissi.

«Dov’è mio marito?» avevo chiesto, e dapprima lui non mi rispose, ma aveva emesso un lungo sospiro, come di sollievo.

«Non sapevo di avere moglie e figli finché suo padre non è venuto a Londra a dirmi che il ragazzo era morto,» disse.

«Che ne avete fatto di mio marito?»

Si sedette pesantemente sul Ietto. «Non posso rimanere a lungo in piedi sulla gamba malata,» disse. «L’ho ucciso.»

«Quando?»

«Quasi vent’anni fa.»

E così da quasi vent’anni lui giaceva nella tomba. «Come mai lo avete ucciso? È successo in duello?»

«No, signora.» Si strofinò la gamba. «È stato assassinato.»

Mi rispondeva con pacatezza, mentre io gli rivolgevo le domande con un filo di voce così aereo e leggero che temevo non sarebbe riuscita nemmeno ad attraversare la stanza.

«Come è stato assassinato?»

«Ha avuto la sfortuna di rassomigliarmi in qualche modo nella fisionomia,» rispose.

Mi sedetti sulla cassapanca coperta da un drappo. Morto. Non avevo mai immaginato che potesse essere morto.

«Ho avuto qualche problema con la regina,» disse infine. «Le rendevo dei… dei servigi, di tanto in tanto. La cosa mi ha reso temerario. Ritenendomi al sicuro dal fuoco ho parlato in modo irriguardoso di cose che avevano bruciato altri uomini, e sono stato arrestato. Sono scappato e mi sono rivolto a degli amici, chiedendogli di aiutarmi a raggiungere la Francia. Loro mi hanno detto di rimanere segretamente a Londra in una certa casa finché non avessero organizzato il passaggio, ma quando sono venuti mi hanno detto che era tutto a posto. L’uomo era morto, e io ero libero di assumere la sua identità.»

La sua mano strinse la colonna del letto. «Avevano ucciso vostro marito, signora, in una piccola locanda di Deptford e avevano sostenuto che la vittima ero io, non lui. Testimoniarono che io li avevo aggrediti a causa del conto e che loro, per difendersi, mi avevano accoltellato. Me lo raccontarono pieni di orgoglio, come se si trattasse di un compito svolto bene.»

Si alzò in piedi, afferrando la colonna come se fosse un bastone da passeggio. «Il risentimento della regina sarebbe passato, l’omicidio mai. Vostro marito ha avuto la sua vendetta su di me, signora. Per certo ha preso la mia vita così come io ho preso la sua.»

Udii un rumore da fuori la stanza. Attesi, tendendo le orecchie, poi uscii a passo felpato sul ballatoio, ma non c’era nessuno per le scale, solo il fragore delle risate che proveniva dal basso, e la voce di Drayton. Tornai nella stanza.

«Come mai mio marito si trovava in quella locanda?» domandai.

«Lo avevano attirato con la promessa di una parte da recitare. Era un attore, e nel vederlo sul palcoscenico avevano notato che mi rassomigliava molto. Hanno trascorso con lui un’intera giornata prima di ucciderlo, riempiendolo di vino e di domande, quali erano le sue abitudini, i suoi amici, in modo che potessi recitare meglio la messinscena. Non ha detto loro che aveva una moglie e dei figli.» Percorse il ristretto spazio fra il letto e la mia gonna, poi si voltò e tornò indietro. «Lo hanno anche costretto a scrivere il suo nome su un foglio di carta, in modo che potessi ricopiarlo.»

«E il vostro inganno ha avuto successo?»

«Sì. La casa in cui ero stato rintanato per quelle due settimane era quella in cui abitava lui. Mi ero già preso gioco del proprietario e dei vicini senza volerlo.» Da sotto provenne un altro scroscio di risate.

«Che ne è stato dei vostri amici?»

«I miei amici,» rispose con amarezza, «sono stati prosciolti. Walsingham ha ritenuto che non fossi stato sufficientemente grato a lui e Poley per l’aiuto che mi avevano dato, e non l’ho più visto. Skeres è in prigione. Di Frizer non ho più saputo nulla. Ho sentito che era morto, ma non si può credere a tutto ciò che si sente dire.»

«E nessuno vi conosceva?»

«No.» Tornò a sedersi. «Sono stato lui per questi ultimi vent’anni, e nessuno mi ha smascherato. Fino a ora.» Fece un sorriso fiacco. «Che cosa volete che faccia, signora, adesso che mi avete scoperto? Che vi lasci in pace così come vi ho trovato? Potrei partire domani, andare a Londra e non fare più ritorno. O confessare pubblicamente il mio delitto. Che ne dite? Farò ciò che voi mi ordinate.»

«Ma che succede?» La voce di Drayton rimbombò per la scale. «E allora? La coperta è già ai piedi del letto? Il padrone di casa e sua moglie se ne vanno a dormire così presto?» Piombò fragorosamente nella stanza. «La cena non è ancora in tavola, anche se voi due già banchettate con gli occhi.» Scoppiò a ridere, facendo tremare il suo stesso stomaco, ma quando volse gli occhi verso di me, in essi non c’era allegria. «Buona signora, so che ce la siamo presa un po’ comoda lungo la strada, ma non ditemi che è già ora di andare a letto, senza cena, e di riporre le posate, non ditemi questo, o mi spezzerete il cuore.»

Lui si era alzato in piedi quando Drayton era entrato, spostando il peso del corpo sulla gamba malata come se volesse addestrarsi al dolore, ma non guardava Drayton.

«Per l’amor di Dio, uomo, suvvia!» esclamò Drayton prendendolo per un braccio. «Divento più magro ogni minuto che passa.»

«Mastro Drayton, sei un ospite davvero importuno,» disse, con gli occhi fissi su di me.

«Di qualsiasi cosa voi stiate parlando, di certo potrà aspettare fino a dopo la cena.»

«Sì,» dissi, «ha già aspettato così a lungo.»

«Ho tanto freddo,» disse. Mi inginocchiai accanto alla cesta e ne tirai fuori una coperta imbottita. Lui si sporse per guardarmi. «Che ci tieni adesso dentro quella cassetta?»

Disposi la coperta sopra di lui. «Lenzuola, coperte e candele»

«Meglio così,» disse. «Hai bruciato tutto?»

«Sì, marito.»

«Ho ricopiato il suo nome tante di quelle volte che era diventato quasi il mio, ma esse sono nelle mie mani. Se qualcuno venisse a richiederle, devi dire che le hai bruciate insieme alla biancheria quando sono morto.»

«Sento un rumore per le scale,» dissi. Corsi verso la porta. «Sono felice che tu sia venuto, genero,» dissi a bassa voce. «La sua febbre sta peggiorando.»

John appoggiò sulla cassapanca una coppa chiusa da un coperchio e poggiò la mano sulla fronte di mio marito. «Avete la febbre.»

«Non sento nessuna febbre,» disse lui, battendo i denti. «Sono come due persone che giacciono fianco a fianco nello stesso letto, e tutte e due stanno gelando. Un po’ di vino mi riscalderebbe.»