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Doveva scendere in cantina, e colpire con l’ascia la mandibola.

Si incamminò deciso. Arrivò davanti alla porta, e si bloccò.

Non c’era neanche più una porta. Le pareti erano state sgretolate, per cui l’apertura era il doppio di prima, e rotonda. Come l’imboccatura di una miniera. Neppure un segno a indicare che lì c’era stata una porta chiusa con assi inchiodate su quell’abisso nero.

Da sotto si sprigionava un odore spettrale, fetido, soffocante.

E le pareti erano bagnate di sangue e ricoperte da chiazze di muffa bianca.

Ma il peggio era che quella cosa respirava.

Kress, dalla parte opposta della stanza, sentì il fiato caldo dell’espirazione che lo investiva, e cercò di non soffocare, e quando quel vento invertì la direzione scappò.

Tornato in soggiorno, distrusse altre tre unità mobili, poi si accasciò. Che cosa stava succedendo? Non capiva.

Poi si ricordò dell’unica persona che poteva saperlo. Si diresse di nuovo verso il telecomunicatore, calpestando nella fretta un’unità mobile, e pregò fervidamente che l’apparecchio funzionasse ancora.

Quando Jala Wo rispose, crollò e le raccontò tutto.

Lei lo lasciò parlare senza interromperlo, nessuna reazione a parte un’espressione leggermente accigliata sul pallido viso emaciato. Quando Kress ebbe finito, disse soltanto: «Dovrei lasciarla lì».

Kress cominciò a balbettare. «Non può. La prego, mi aiuti. La pagherò...»

«Dovrei» ripeté Wo «ma non lo farò.»

«Grazie» esclamò Kress. «Oh, grazie...»

«Stia zitto» disse Wo. «Mi ascolti. È tutta opera sua. Se uno li tratta bene, i re della sabbia si comportano come cortesi guerrieri rituali. Lei ha trasformato i suoi in qualcos’altro, con privazioni e torture. Era il loro dio. Li ha resi quello che adesso sono. La mandibola in cantina è malata, soffre ancora per la ferita che le ha inferto. Probabilmente è impazzita. Il suo comportamento è... anomalo.

«Deve andare subito via di lì, Kress. Le unità mobili non sono morte, sono in letargo. Le ho detto che il loro esoscheletro cade quando aumentano di dimensione. Normalmente, in effetti, cade molto prima. Non ho mai sentito di re della sabbia diventati grandi come i suoi che rimangono ancora a livello di insettoidi. Credo sia un altro risultato della menomazione subita dalla mandibola bianca. Ma non ha importanza ora.

«Ciò che conta è la metamorfosi che i suoi re della sabbia stanno attraversando. Vede, man mano che la mandibola cresce, diventa sempre più intelligente. I suoi poteri psionici si rafforzano, e la mente diventa più raffinata e ambiziosa. Le unità mobili rivestite di carapace sono utili quando la mandibola è piccola e solo semisenziente, ma adesso ha bisogno di servitori migliori, corpi con delle potenzialità, capisce? Tutte le unità mobili stanno per dare origine a una nuova razza di re della sabbia. Non posso dirle con esattezza quale sarà il loro aspetto. Ogni mandibola le progetta a seconda dei propri bisogni e desideri. Ma saranno bipedi, con quattro braccia, e pollice opponibile. Saranno in grado di costruire e far funzionare macchine di tipo avanzato. I singoli individui non saranno senzienti. La mandibola invece avrà poteri molto speciali.»

Simon Kress era a bocca aperta davanti all’immagine di Wo sul videofono. «I vostri operai» disse, a fatica. «Quelli che sono venuti qui... che hanno predisposto la vasca...»

Jala Wo fece un timido sorriso. «Ombra» disse.

«Ombra è un re della sabbia» ripeté Kress trasognato. «E voi mi avete venduto una nidiata di... neonati...»

«Non sia assurdo» replicò Wo. «Un re della sabbia al primo stadio è più simile a dello sperma che a un neonato. In natura le guerre li mitigano e li tengono sotto controllo. Solo uno su cento arriva al secondo stadio. E soltanto uno su mille raggiunge il terzo stadio, quello finale, diventando come Ombra. I re della sabbia adulti non sono sentimentali nei confronti delle piccole mandibole. Ce ne sono troppe, e le loro unità mobili sono infestanti.» Wo sospirò. «Tutto questo discorso è una perdita di tempo. Quel re della sabbia bianco ben presto diventerà totalmente senziente. Non avrà più bisogno di lei, Kress, anzi la odia, e sarà molto affamato. La trasformazione è faticosa. La mandibola deve mangiare enormi quantità di cibo prima e dopo. Quindi lei deve allontanarsi da lì. Ha capito?»

«Non posso» rispose Kress. «Il mio aeromobile è distrutto, e non riesco a far partire gli altri. Non so come fare per riprogrammarli. Potete venirmi a prendere?»

«Sì» disse Wo. «Ombra e io partiremo subito, ma da Asgard sono più di duecento chilometri, e dobbiamo portare l’attrezzatura per debellare il re della sabbia impazzito che lei ha generato. Nel frattempo non resti lì. Ha due gambe, cammini. Si diriga verso est, con la maggiore approssimazione possibile, e più in fretta che può. La zona è piuttosto brulla, la rintracceremo facilmente con uno scandaglio aereo, e lontano dal re della sabbia sarà al sicuro. È tutto chiaro?»

«Sì, certo» rispose Simon Kress.

Chiusero la comunicazione, e lui si diresse subito verso la porta. A metà strada udì un rumore, non capì se di qualcosa che scoppiava o che si incrinava.

Uno dei re della sabbia si era aperto in due. Dalla fessura uscirono quattro piccole mani, ricoperte di un sangue giallo-rosaceo, che cominciarono a spingere da parte il rivestimento morto.

Kress si mise a correre.

Non aveva tenuto conto della temperatura.

Le colline erano aride e rocciose. Kress si allontanò dalla casa più velocemente che poté, corse finché sentì male alle costole e iniziò ad annaspare, senza fiato. Allora si mise a camminare, ma appena si riprese cominciò a correre di nuovo. Per quasi un’ora corse e camminò, alternativamente, sotto un sole cocente. Sudava copiosamente, e avrebbe voluto essersi portato dell’acqua. Scrutò il cielo, nella speranza di scorgere Wo e Ombra.

Non era fatto per quelle cose. Il clima era troppo caldo e secco, e lui non era in forma. Ma si sforzò di proseguire, ricordando come aveva sentito respirare la mandibola e pensando alle piccole creature brulicanti che in quel momento stavano di certo scorrazzando per la casa. Sperò che Wo e Ombra sapessero che cosa farne.

Da parte sua aveva dei progetti per quei due. Era tutta colpa loro, aveva concluso, e ne avrebbero patito le conseguenze. Lissandra era morta, ma conosceva altri professionisti come lei. Kress si sarebbe vendicato. Se lo ripromise cento volte, mentre avanzava stanco e sudato verso est.

O almeno quello che sperava fosse l’Est. Non aveva un grande senso dell’orientamento, e non era sicuro della direzione che aveva preso all’inizio, in preda al panico com’era, anche se dopo si era sforzato di procedere verso est, come Wo gli aveva suggerito.

Dopo aver corso per ore, senza alcuna traccia dei soccorritori, Kress cominciò a convincersi di essersi sbagliato.

Poi la paura cominciò a invaderlo. E se Wo e Ombra non riuscivano a trovarlo? Sarebbe morto laggiù. Non mangiava da due giorni, era debole e spaventato, aveva la gola infuocata per mancanza di acqua. Non poteva proseguire. Il sole stava tramontando, e quando avesse fatto buio sarebbe stato completamente allo sbando. Che cosa era successo? I re della sabbia avevano mangiato Wo e Ombra? La paura lo assalì di nuovo e si impadronì di lui, e al tempo stesso sentì una grande sete e una fame tremenda. Ma non si fermò. Adesso, quando cercava di correre, incespicava, cadde per due volte. La seconda volta si scorticò una mano contro una roccia, e uscì del sangue. Si succhiò la ferita sempre continuando a camminare, preoccupato per una possibile infezione.

Il sole era sceso all’orizzonte, alle sue spalle. La terra diventò un po’ più fresca, cosa di cui Kress fu contento. Decise di camminare fino all’ultimo barbaglio di luce e poi di fermarsi durante la notte. Di certo era abbastanza lontano dai re della sabbia per essere al sicuro, e la mattina successiva Wo e Ombra lo avrebbero trovato.