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La seconda settimana i castelli erano costruiti a metà. Plotoni organizzati di unità mobili trasportavano pesanti blocchi di arenaria e granito nei rispettivi angoli, dove altre unità accumulavano la sabbia usando le mascelle e i piccoli tralci. Kress aveva comprato un paio di occhiali con lenti d’ingrandimento, così poteva vederli lavorare in qualsiasi punto della vasca. Continuava a girare intorno alle alte pareti di plastica, e osservava. Era affascinato. I castelli erano un po’ più banali di come Kress avrebbe voluto, ma gli venne un’idea. Il giorno dopo buttò dentro insieme al cibo anche dei pezzetti di ossidiana e di vetro colorato. Nel giro di poche ore erano stati inseriti nei muri delle fortezze.

Il castello nero fu il primo a essere completato, seguito dalla fortezza bianca e da quella rossa. Gli arancioni arrivarono ultimi, come sempre. Adesso Kress mangiava in soggiorno, seduto sul divano, così poteva guardare in continuazione. Si aspettava che da un momento all’altro scoppiasse la prima guerra.

Restò deluso. I giorni passavano. I castelli diventavano più alti e grandi, e Kress si allontanava dalla vasca solo per espletare i suoi bisogni fisiologici e rispondere a qualche importante telefonata di lavoro. Ma i re della sabbia non combattevano. Si stava irritando.

Alla fine smise di dare loro da mangiare.

Dopo due giorni che gli avanzi di cibo avevano cessato di cadere dal loro cielo deserto, quattro unità nere circondarono una unità arancione e la trascinarono dalla loro mandibola. Prima la mutilarono, strappandole mascelle, antenne e arti, quindi la trasportarono attraverso il buio ingresso principale del loro castello in miniatura. Non ne uscì più. Nel giro di un’ora, più di quaranta unità arancioni attraversarono la distesa di sabbia e attaccarono l’angolo dei nemici. Furono sopraffatti numericamente dai neri che accorsero dalle segrete. Quando il combattimento finì, gli attaccanti erano stati massacrati. I morti e i morenti furono portati giù per nutrire la mandibola nera.

Kress, deliziato, si congratulò con se stesso per quel colpo di genio.

Quando il giorno dopo versò il cibo nella vasca, scoppiò una battaglia a tre per il suo possesso. I bianchi furono di gran lunga i vincitori. Da allora in poi, le guerre si susseguirono ininterrottamente.

Era passato quasi un mese dal giorno in cui Jala Wo gli aveva portato i re della sabbia, quando Kress azionò il proiettore di ologrammi, e la sua faccia si materializzò nella vasca. L’immagine ruotava lentamente, così il suo sguardo cadeva sui quattro castelli con equità. Kress trovava l’ologramma piuttosto somigliante: aveva il suo sogghigno beffardo, la bocca grande, le guance rotonde. Gli occhi azzurri scintillavano, i capelli grigi erano pettinati con cura con la scriminatura laterale secondo la moda, le sopracciglia erano sottili e aristocratiche.

Nel giro di poco, i re della sabbia si misero all’opera. Kress li foraggiava abbondantemente, mentre la sua immagine imperversava dall’alto del loro cielo. Le guerre furono temporaneamente sospese. Tutta l’attività era dedicata alla devozione.

Il suo volto comparve sulle mura dei castelli.

Da principio le quattro sculture gli sembrarono tutte uguali, ma, a mano a mano che il lavoro procedeva, analizzando le riproduzioni cominciò a distinguere piccole differenze tecniche e di esecuzione. I rossi erano stati i più creativi, e avevano usato minuscole schegge di ardesia per ricreare il grigio dei capelli. L’idolo dei bianchi gli pareva giovane e malvagio, mentre la faccia raffigurata dai neri — pur essendo di fatto identica nei tratti dava un’impressione di saggezza e di bontà. I re della sabbia arancioni furono come sempre gli ultimi. Le guerre non erano andate bene, e il loro castello era più malconcio degli altri. L’immagine che scolpirono era rozza e caricaturale, e sembravano intenzionati a lasciarla così. Quando smisero di lavorare al ritratto, Kress provò un certo risentimento nei loro confronti, ma non poteva farci un bel niente.

Una volta che tutti i re della sabbia ebbero finito le Kressfacce, spense il proiettore e decise che era arrivato il momento di organizzare una festa. Avrebbe sbalordito gli amici. Poteva addirittura inscenare una guerra per loro, pensò. Canticchiando allegramente, cominciò a compilare la lista degli invitati.

La festa riscosse grandissimo successo.

Kress aveva invitato trenta persone: un gruppetto di amici intimi che condividevano le sue stesse passioni, alcune ex amanti e dei rivali di lavoro e mondani che non potevano rifiutare il suo invito. Sapeva che alcuni di loro sarebbero rimasti sconcertati e perfino offesi dai suoi re della sabbia. Anzi, ci contava. Per Simon Kress una festa era un fallimento se almeno uno dei suoi invitati non se ne andava indignato.

D’impulso aveva inserito nell’elenco anche il nome di Jala Wo. «Porti anche Ombra, se vuole» aveva aggiunto mentre dettava l’invito.

Restò un po’ sorpreso dal fatto che lei accettasse. «Ombra, purtroppo, non potrà essere presente. Non partecipa mai a eventi mondani» aveva aggiunto Wo. «Per quanto mi riguarda, sono impaziente di vedere come stanno i suoi re della sabbia.»

Kress offrì agli ospiti un lauto banchetto. E quando alla fine la conversazione cominciò a languire, e la maggior parte degli invitati era ebbra per il vino e i bastoncini-della-gioia, li stupì raccogliendo personalmente gli avanzi di cibo in una grande ciotola. «Venite tutti» esclamò. «Vi voglio presentare i miei ultimi animaletti domestici.» Reggendo la ciotola, li guidò in soggiorno.

I re della sabbia si dimostrarono all’altezza delle sue migliori aspettative. Li aveva tenuti a stecchetto per due giorni, in previsione della serata, ed erano inclini a combattere. Mentre i suoi ospiti circondavano la vasca, muniti degli occhiali con lenti d’ingrandimento che Kress si era premurato di mettere a disposizione, i re della sabbia ingaggiarono una furibonda lotta per il cibo. Dopo lo scontro contò quasi sessanta unità morte. I rossi e i bianchi, che di recente avevano stretto un’alleanza, si accaparrarono la maggior parte del cibo.

«Kress, mi fai schifo» lo insultò Cath m’Lane. Aveva vissuto per un breve periodo con lui, due anni prima, finché la sua sdolcinatezza e il suo sentimentalismo non lo avevano esasperato. «Sono stata una stupida a venire. Pensavo che magari fossi cambiato, che volessi scusarti.» Non gli aveva mai perdonato la volta in cui il suo shambler aveva divorato la cagnolina che lei adorava. «Non azzardarti più a invitarmi, Simon.» Se ne andò, accompagnata dal fidanzato del momento e da un coro di risate.

Gli altri ospiti avevano un sacco di domande da porgli.

Da dove venivano i re della sabbia? volevano sapere. «Da Wo e Ombra importatori» rispose, facendo gentilmente cenno verso Jala Wo, che era rimasta silenziosa e in disparte per quasi tutta la sera.

Perché decoravano i loro castelli con la sua effigie? «Perché io sono la fonte di ogni cosa buona. Come del resto tutti voi sapete...» Si udirono delle risatine.

Combatteranno ancora? «Certamente, ma non stasera. Non vi preoccupate, ci saranno altre feste.»

Jad Rakkis, uno xenologo dilettante, cominciò a parlare di altri insetti sociali e delle guerre che combattevano. «Questi re della sabbia sono divertenti, ma nulla più. Dovresti leggere, per esempio, qualcosa sulle formiche-soldato ferrane.»

«I re della sabbia non sono insetti» intervenne bruscamente Jala Wo, ma Jad si era già allontanato, e nessuno prestò attenzione alle sue parole. Kress le sorrise, stringendosi nelle spalle.

Malada Blane propose di indire delle scommesse, la prossima volta che si fossero ritrovati per assistere a una guerra, e tutti furono allettati dall’idea. Seguì un’animata discussione su regole e quotazioni. Andò avanti per quasi un’ora. Alla fine gli ospiti iniziarono a congedarsi.

Jala Wo fu l’ultima ad andare via. «Be’, a quanto pare i re della sabbia sono stati un successone» disse Kress, quando rimasero soli.