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Lissandra fu di parola. Arrivò a bordo di un affusolato aeromobile nero, accompagnata da tre operatori. Tenendosi al riparo, Kress li guardava da una finestra del secondo piano. Coperti da capo a piedi da sottilpelli di plastica scura, erano senzafaccia. Due di loro imbracciavano lanciafiamme portatili, il terzo aveva un cannone laser e dell’esplosivo. Lissandra non portava niente; Kress la riconobbe da come impartiva gli ordini.

Il loro aeromobile aveva perlustrato la zona a volo radente, per farsi un’idea della situazione. I re della sabbia sembravano impazziti. Le unità mobili rosse e quelle ebano erano corse in tutte le direzioni, freneticamente. Dal suo punto d’osservazione privilegiato Kress poteva scorgere il castello nel giardino di roccia. Era alto quanto un uomo. I suoi bastioni erano gremiti di difensori neri, e un flusso costante di unità mobili scendeva giù nelle segrete.

L’aeromobile di Lissandra atterrò vicino a quello di Kress, gli operatori saltarono giù con le armi spianate. Avevano un aspetto inumano, letale.

L’esercito nero si schierò tra loro e il castello. I rossi... d’un tratto Kress si rese conto che non riusciva a vedere i rossi. Batté le palpebre. Dov’erano finiti?

Lissandra indicò e lanciò un grido: due lanciafiamme entrarono in azione contro i re della sabbia neri. Le armi tossirono in modo sordo e cominciarono a tuonare: lunghe lingue di fuoco azzurognolo-rossastre saettarono dalle loro bocche. I re della sabbia restarono carbonizzati e caddero. Gli operatori puntavano il fuoco prima da una parte e poi dall’altra, con un efficiente schema a scacchiera. Avanzavano con passi cauti e misurati.

L’esercito nero era bruciato, disintegrato, le unità mobili scappavano in mille direzioni, alcune tornavano verso il castello, altre marciavano incontro al nemico. Nessuna raggiunse gli operatori con i lanciafiamme. Gli uomini di Lissandra erano molto professionali.

Poi uno di loro inciampò.

O almeno così parve. Kress guardò meglio, e vide che il terreno sotto di lui stava cedendo. Delle gallerie, pensò con un brivido di paura: tunnel, trappole, tranelli. L’operatore con il lanciafiamme era sprofondato fino alla vita, e subito il terreno intorno a lui sembrò entrare in eruzione, e l’uomo fu ricoperto da re della sabbia rossi. Lasciò cadere il lanciafiamme e cominciò a grattarsi selvaggiamente. Le sue urla erano orribili.

Il compagno esitò, poi si girò e fece fuoco. Una fiammata inghiottì l’uomo e i re della sabbia. Le urla cessarono all’istante. Soddisfatto, il collega si voltò di nuovo verso il castello e avanzò di un altro passo, ma si bloccò pieno di terrore quando sentì il suo piede sprofondare e svanire fino all’anca. Cercò di estrarlo e tornare indietro, ma il terreno intorno a lui si aprì in una voragine. L’uomo perse l’equilibrio, vacillò, agitando le braccia; i re della sabbia erano ovunque, una massa brulicante, lo ricoprirono mentre si contorceva e roteava. Il suo lanciafiamme era inutile e dimenticato.

Kress batté come un pazzo alla finestra, gridando per richiamare l’attenzione. «Il castello! Distruggete il castello!»

Lissandra, che era rimasta vicino al suo aeromobile, lo udì e fece cenno di sì. Il terzo operatore prese la mira con il cannone laser e sparò. Il raggio pulsò attraverso il giardino e scoperchiò il castello. Lo abbassò notevolmente, sgretolando la sabbia e i parapetti in pietra. Le torri crollarono. La faccia di Kress si disintegrò. Il laser penetrò nel terreno, frugando in varie direzioni. Il castello rovinò; adesso era solo un cumulo di sabbia. Ma le unità nere continuavano a muoversi. La mandibola era sepolta troppo in profondità, non l’avevano colpita.

Lissandra impartì un altro ordine. L’operatore lasciò il laser, preparò dell’esplosivo e si lanciò in avanti. Superò con un balzo il cadavere del primo operatore, atterrò sul terreno compatto all’interno del giardino roccioso di Kress, e tirò. L’ordigno atterrò proprio sulle rovine del castello nero. Una vampata incandescente bruciò gli occhi di Kress, e si alzò un potente getto di sabbia, roccia e unità mobili. Per un attimo la polvere oscurò tutto. Piovvero re della sabbia, o loro brandelli.

Kress vide che le unità mobili nere erano morte e stecchite.

«La piscina» gridò dalla finestra. «Prendete il castello nella piscina.»

Lissandra capì subito; il terreno era disseminato di neri senza vita, ma i rossi si stavano ritirando e riorganizzavano i ranghi. Il suo operatore restò incerto, poi allungò il braccio e preparò altro esplosivo. Avanzò di un passo, ma Lissandra lo richiamò, e lui tornò indietro di corsa.

Dopodiché tutto procedette speditamente. L’operatore salì a bordo dell’aeromobile, e Lissandra decollò. Kress corse alla finestra di un’altra stanza per vedere. Scesero in picchiata sulla piscina, e l’operatore sganciò le bombe dall’alto sul castello rosso, senza esporsi. Dopo il quarto passaggio, il castello era irriconoscibile, e i re della sabbia avevano smesso di muoversi.

Lissandra ce l’aveva fatta. Ordinò di lanciare ancora altre bombe sui castelli. Poi l’operatore usò il cannone laser, zigzagando metodicamente finché non risultò evidente che sotto quelle zolle di terra non poteva essere rimasto niente di vivo.

Quando tutto fu finito, andarono a bussare alla porta. Kress li fece entrare con la faccia irrigidita in un sorriso che pareva un ghigno. «Bravi, bravi» si complimentò.

Lissandra si tolse la maschera di sottilpelle. «Tutto questo ti costerà un bel po’ di quattrini, Simon. Due operatori morti, per non parlare del pericolo che ho dovuto correre personalmente.»

«Certamente» la rassicurò Kress. «Sarai pagata bene, Lissandra. Quello che vorrai, appena finito il lavoro.»

«Che cosa resta ancora da fare?»

«Dovete ripulire la cantina» disse Kress. «C’è un altro castello. E dovrete farlo senza usare gli esplosivi. Non voglio che mi crolli in testa la casa.» Lissandra fece cenno all’operatore. «Esci a prendere il lanciafiamme di Rajk. Dev’essere intatto.»

L’uomo tornò armato, pronto, silenzioso. Kress fece strada.

La pesante porta della cantina era ancora inchiodata, così come l’aveva lasciata. Mostrava solo una leggera protuberanza verso l’esterno, come se fosse sottoposta a una enorme pressione. La cosa fece sentire Kress a disagio, come del resto il silenzio che calò su di loro. Si tenne a una certa distanza dalla porta quando Lissandra e l’operatore tolsero i chiodi e le assi. «È sicuro qui dentro?» si trovò a mormorare, indicando il lanciafiamme. «Non vorrei che scoppiasse un incendio, capite?»

«Ho il laser» rispose Lissandra. «Userò quello per l’eliminazione. Probabilmente il lanciafiamme non sarà necessario, ma preferisco averlo in caso di bisogno. Ci sono mali peggiori del fuoco, Simon.»

Kress annuì.

Venne staccata anche l’ultima asse. Dalla cantina non proveniva alcun rumore. Lissandra diede un ordine secco, il subalterno indietreggiò e prese posizione alle sue spalle, puntando il lanciafiamme diritto verso la porta. Lei si infilò di nuovo la maschera, sollevò il laser, avanzò di un passo e spalancò la porta.

Nessun movimento. Nessun rumore. Laggiù era buio.

«Dov’è la luce?» chiese Lissandra.

«Subito dopo la porta, sulla destra» rispose Kress. «Attenta alle scale, sono piuttosto ripide.»

Lei varcò la soglia, passò il laser nella sinistra e allungò la destra, cercando a tentoni l’interruttore. Non successe niente. «Lo sento» disse Lissandra «ma a quanto pare non...»

Poi lanciò un grido, e barcollò all’indietro. Un grande re della sabbia bianco le si era avvinghiato al polso. Il sangue sgorgava dalla sottilpelle là dove erano affondate le ganasce. Era grande quanto la sua mano.

Lissandra si mosse per la stanza in un orribile balletto, sbattendo la mano contro la parete più vicina. Più e più volte. Si udivano i tonfi pesanti della carne spiaccicata. Alla fine il re della sabbia si staccò. Lei piagnucolò e cadde in ginocchio. «Penso di essermi rotta le dita» disse debolmente. Continuava a uscirle sangue. Aveva lasciato cadere il laser vicino alla porta della cantina.