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La sua indisposizione lo tenne inchiodato al letto per tre giorni. Il mattino del quarto, Rhialto si mise in comunicazione col Mago Ildefonse, che risiedeva a Palazzo Boumegarth sulla riva dello Scaum. Ciò che gli disse preoccupò Ildefonse abbastanza da convincerlo a volare subito a Palazzo Falu, sul più piccolo dei suoi velociferi.

Senza trascurare i dettagli, Rhialto gli descrisse gli eventi culminati in quel bagno fuori stagione, nella foresta, e concluse: «Adesso sapete tutto. Sono ansioso di conoscere la vostra opinione».

Con le mani dietro la schiena Ildefonse osservò pensosamente la boscaglia. Quel giorno era tornato ad assumere le sue ordinarie sembianze fisiche: un dignitoso gentiluomo di mezz’età, un po’ calvo, con sottili baffetti biondi e dai modi gioviali. I due Maghi uscirono dalla veranda laterale di Palazzo Falu e sedettero all’ombra vermiglia di un plumanthia dalle fronde porporine. Sul tavolo da giardino, Ladanque aveva disposto un vassoio di pastesfoglie, tre varietà di the e una caraffa di vino bianco dal sapore morbido.

«Certo, questo è straordinario», ammise Ildefonse. «Specialmente se lo si riporta a una mia esperienza recente».

Rhialto inarcò un sopracciglio. «Anche voi avete subito uno scherzo di questo genere?».

L’altro assunse un tono cauto. «La risposta potrebbe essere sì e nello stesso tempo no».

«Interessante», commentò Rhialto.

Ildefonse scelse con cura le parole. «Prima che io tragga qualche conclusione, lasciate che vi domandi una cosa: non avete mai sentito parlare di quella che potremmo definire musica ombra.

«Mai, prima d’ora».

«E quali sensazioni vi comunicava?».

«Indescrivibili. Non era allegra né tragica, né dolce, e tuttavia contorta su un insieme di ritmi diversi».

«Era possibile identificare una melodia, un ritornello, una progressione di note, o qualcosa che possa darci un indizio?».

«Solo un’espressione. Se mi consentite un momentaneo volo di fantasia, oserei dire che mi pervase di un desiderio di cose perdute e ormai irraggiungibili».

«Aha!», esclamò Ildefonse. «E la donna? Cosa vi ha persuaso a ipotizzare che fosse la Murthe?».

Rhialto rifletté. «Il suo pallore e i capelli d’argento avrebbero potuto essere quelli di una femmina degli Elfi, o di una delle antiche Naiadi delle sorgenti. La sua avvenenza era quantomai terrena, anche se non provai un immediato desiderio fisico. Ma mi diede la sensazione che qualcosa avrebbe potuto accadere fra noi, dopo una conoscenza più approfondita».

«Hmmf! Sospetto che il vostro portamento elegante e virile non interesserebbe troppo a una creatura come la Murthe… Quando vi è venuta l’idea che si trattasse di lei?».

«Mentre annaspavo verso casa, grondando fango e con gli stivali pieni d’acqua, l’immagine della donna e la musica si… sovrapponevano, in un certo modo, e nella mia mente balenò quel nome. Poi lessi uno dei manoscritti di Calanctus, e ne fui certo. Il sortilegio che mi ha colpito era senza dubbio reale. Solo oggi ho potuto chiamarvi».

«Avreste potuto mettervi in contatto prima, sebbene io avessi un problema simile… cos’è questo fastidioso rumore?».

Rhialto si volse verso la strada. «Qualcuno sta arrivando con un veicolo a ruote. Sembra proprio che sia Zanzel Melancthones».

«Ma che razza di strana creatura si sta trascinando a rimorchio?».

Rhialto si alzò per vedere meglio. «Non è chiaro. Suppongo che lo scopriremo fra poco».

Lungo la sinuosa strada sterrata si stava avvicinando una lussuosa carozza dalle grandi ruote, fornita di un baldacchino che ombreggiava due elengatissimi divani in seta dorata. Dietro di essa una creatura dall’aspetto semi-umano, con una catena al collo, correva nella polvere.

Ildefonse agitò una mano. «Ehilà, Zanzel! Dove state andando di bello? E cos’è quel bizzarro essere che strapazzate così duramente?

Zanzel manovrò una leva per arrestare il veicolo. «Oh, siete voi, Ildefonse? Salve, Rhialto. È un vero piacere rivedervi entrambi. Avevo quasi dimenticato che questa vecchia strada passava da Palazzo Falu e, quando me ne sono reso conto, ho deciso che tanto valeva fermarmi un po’ da queste parti».

«Un’idea che approvo senz’altro», dichiarò Ildefonse. «E cosa mi dite del vostro prigioniero?».

Zanzel gettò un’occhiata alle sue spalle. «La mia opinione è che questa che vedete sia una creatura piuttosto insidiosa. La sto portando in un luogo dove possa essere eliminata senza che il suo fantasma torni a vendicarsi. Che ne dite di quel prato laggiù? Mi pare lontano a sufficienza dalle mie terre».

«Ma non dalle mie. Ci sta proprio in mezzo», grugnì Rhialto. «Vi suggerisco di trovare un posto che convenga ad entrambi».

«E che ne sarà di me?» gemette il prigioniero. «Nessuno si prende la briga d’interrogarmi in merito?».

Rhialto annuì. «Più che giusto. Consiglio dunque che il luogo dell’esecuzione sia gradito anche a te, oltre che a noi due».

«Un momento», s’intromise Ildefonse. «Prima che Zanzel compia il suo spiacevole dovere, vorrei saperne di più su questo essere».

«Cè poco da dire», borbottò l’altro. «L’ho scoperto per caso, quando aprii un uovo dalla parte sbagliata. Come potete notare, costui ha sei dita, una cresta sul cranio e ciuffi di penne che gli crescono dalle spalle. Tutto ciò pone la sua origine alla fine del XVII° Eone, o al più nel XVIII°. Il suo nome, a quanto afferma, è Lehuster».

«Notevole», dichiarò Ildefonse. «In un certo senso si tratta dunque di un fossile vivente».

Zanzel non permise che Lehuster aprisse bocca. «Vi auguro ora il buongiorno, amici. Rhialto, mi sembrate un po’ pallido. Vi consiglio riposo e una buona pozione bollente. Provate con latte quagliato, due parti di vino, una di aceto, e insaporite con miele e cannella».

«Grazie», annuì Rhialto. «Sarò onorato se tornerete a farmi visita, quando avrete fatto. Nel frattempo vi annoto che la mia proprietà si estende fino a quelle alture. Abbiate cura di mettere a morte il vostro prigioniero ben al di la di tale limite».

«Aspettate!», ansimò Lehuster. «Possibile che non esistano menti capaci di ragionare nel XXI° Eone? Non vi interessa sapere come ho potuto trasferirmi nel tempo fino a quest’epoca sventurata? Io possiedo informazioni importantissime, e ve le offro in cambio della mia vita».

«Che genere di informazioni?», chiese Ildefonse.

«Farò le mie rivelazioni soltanto dinnanzi a un Conclave di Alti Maghi, dove pretendo che le garanzie siano registrate pubblicamente e ogni promessa rispettata».

Zanzel si volse a guardarlo con una smorfia d’ira. «Taci! La tua sola presenza sta già infangando fin troppo la mia reputazione».

Ildefonse lo placò con un cenno. «Zanzel, vi imploro di essere paziente. Chi può sapere cos’ha da dirci questo briccone a sei dita? Lehuster, quale argomento riguardano le vostre rivelazioni?».

«La Murthe è in libertà fra le vostre genti, con tutti i suoi malefizi e la sua perversità. Non dirò altro finché non farete solenne giuramento di rispettare la mia vita».

«Bah!», sbottò Zanzel. «Mi rifiuto di permettere che tu prenda in giro queste degne persone con le tue rozze menzogne. Vi auguro il buon giorno, gentiluomini. Ora devo proseguire per i miei affari».

Ildefonse poggiò una mano sul bordo della carrozza. «Questo è un caso straordinario! Zanzel, avete perfettamente ragione ma siete all’oscuro di certi fatti essenziali. Come Maestro, devo ordinarvi di lasciare in vita questo Lehuster. Terremo un’immediata riunione a Palazzo Boumegarth, onde chiarire ogni particolare della faccenda. Rhialto, spero che vi siate ripreso abbastanza per onorarci della vostra presenza».