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«Bah!» grugnì l’altro. «Il suo racconto non è che un insieme di antichissimi pettegolezzi e dicerie infondate. S’illude se crede di prendermi per il bavero così facilmente».

Ildefonse si tormentò uno dei baffetti biondi. Gettò uno sguardo a Lehuster. «Hai sentito il commento di Zanzel Melancthones. Puoi addurre prove concrete a sostegno delle tue parole?».

«Un incantesimo gettato su di voi lo proverebbe al di la di ogni dubbio, ma allora sarebbe troppo tardi».

Giusto in quel momento Vermoulian, il Viaggiatore del Sogno, decise di raggiungere i colleghi, e comparve su una delle poltroncine. Si alzò in piedi e parlò in tono assai franco: «Mentre bado ai miei interessi, come sapete, io passo attraverso sogni di ogni genere. Di recente — per la precisione due notti fa — mi sono imbattuto in un sogno del tipo che noi chiamiamo entroattivo o involontario, sul quale dunque il Viaggiatore non esercita alcun controllo o quasi, e anzi può trovarlo alquanto pericoloso. Cosa abbastanza strana, in quel sogno era presente la Murthe. Mi par giusto narrarvene i particolari, colleghi».

Hurtiancz ebbe un plateale gesto di noia sprezzante. «Se ci siamo qui riuniti, a nostro incomodo, è stato solo per giudicare e condannare un Archveult, questo Lehuster. Ti prego di non seccarci con l’interminabile racconto di uno dei tuoi soliti sogni!».

«Non ho chiesto il tuo parere», lo rimbeccò irritato Vermoulian. «Sono intervenuto per prendere la parola a questo conclave, e nessuno può impedirmi d’intrattenere l’assemblea col racconto dei particolari su cui ritengo opportuno dilungarmi».

«Esigo formalmente l’intervento del Maestro!», protestò Hurtiancz.

Ildefonse sospirò. «Vermoulian, se il vostro sogno è attinente all’argomento continuate, ma, per favore, siate breve».

«È un suggerimento ovvio», disse dignitosamente Vermoulian. «Per amor di brevità, mi limiterò a dire che mentre mi apprestavo a viaggiare nel sogno catalogato con AXR-11 GG7, Volume Sette dell’Indice, entrai incece in un sogno fin’ora non classificato del tipo entroattivo. Venni a trovarmi in una località utopica e affascinante, dove incontrai un gruppo di persone assai raffinate e colte, amanti dell’arte e dai modi squisiti. Le loro vesti e le acconciature erano gradevoli all’occhio, i colori riposanti, la cordialità seducente e garbata».

«Per riassumere quanto mi dissero costoro, ogni proprietà era in comune, e fra loro l’ingordigia era un sentimento sconosciuto. Miravano all’arricchimento della personalità, il lavoro era ridotto al minimo e condiviso in modo egualitario. Regnava una pace assoluta, il crimine non esisteva, le malattie e le angosce neppure, e così anche la crudeltà dell’uomo verso l’uomo. Armi? La sola parola bastava a provocare un doloroso shock nell’ascoltatore.

«Uno di questi uomini mi divenne particolarmente amico, e mi disse questo: “La nostra dieta è basata sui vegetali e sulla frutta fresca, e beviamo soltanto l’acqua pura di sorgente. La sera ci riuniamo intorno a fuochi da campo e cantiamo allegre ballate. In speciali occasioni distilliamo un liquore, l’opo, miscelando estratti di frutta, miele d’api e sesamo, e ciascuno può averne un buon sorso”.

«“E tuttavia anche noi conosciamo momenti di malinconia. Guarda! Ecco seduto laggiù il giovane Pulmer, che sa ballare e cantare con grazia e stile: ieri tentò di saltare il ruscello, ma cadde nell’acqua e ciò provocò le risa divertite delle fanciulle che lo osservavano. Occorsero due ore buone per consolarlo. Capisci?”

«Io risposi che capivo benissimo. Poi, non vedendo donne in giro, domandai dove fossero.

«“Ah, le donne!”, esclamò lui. “Noi le adoriamo per la loro grande gentilezza, la grazia, la pazienza e soprattutto per il loro buonsenso! Qualche volta vengono perfino a unirsi alla nostra compagnia, intorno ai fuochi da campo, e allora facciamo giochi e gare divertenti. Le donne possono star certe che nessuno è così folle da recare loro oltraggio, o da eccedere in sentimenti disdicevoli come la gelosia”.

«Io commentai che certo era una vita tranquilla, e domandai come agissero quando si trattava di procreare dei figli.

«“Ho ho ho!”, rise lui. “Abbiamo imparato che se ci comportiamo coi dovuti modi rispettosi, talvolta le donne si compiacciono d’essere… uh, gentili con noi. Mi spiego? Ma guarda laggiù: sei fortunato! Ecco che sta arrivando la Grande Signora in persona”.

«Attraverso il prato si avvicinava a me Llorio, la Murthe, una giovane donna dall’aspetto nobile e forte. Tutti gli uomini erano balzati in piedi e sollevavano le mani verso di lei, sorridendo e salutandola con caloroso rispetto. Quando mi fu dinnanzi disse: “Vermoulian, sei venuto per unirti a noi e aiutarci? Splendido! Capacità come le tue saranno molto utili ai nostri scopi. Ti dò il benvenuto nel nostro gruppo!”

«Incantato dalla sua bellezza statuaria feci per abbracciarla, con gioia e amichevolmente ma, prima che potessi toccarla, lei mi colpì con un violento schiaffone. Non ebbi modo di chiederle il motivo di quel gesto, perché proprio allora mi svegliai, angosciato e stupefatto».

«Posso risolvere io il vostro dilemma», intervenne Lehuster. «Voi eravate sotto incantesimo. Un tentativo di esqualmazione, per il vero».

«Durante un sogno?» Vermoulian scosse il capo. «Non la ritengo un’ipotesi sensata».

La voce di Ildefonse suonò preoccupata: «Lehuster, sii così gentile da spiegarci in che modo si possono riconoscere i segni di questa esqualmazione».

«Semplice. Nello stadio finale dell’esqualmazione l’evidenza è ovvia: la vittima diventa una donna. Il primo sintomo è una tendenza a muovere rapidamente la lingua dentro e fuori dalla bocca. Avete notato un atto del genere fra i vostri colleghi o conoscenti?».

«Solo nello stesso Zanzel, ma egli è uno dei membri più anziani dell’Associazione. L’idea mi appare inconcepibile».

«Quando si ha a che fare con la Murthe, l’impensabile diviene cosa di ogni giorno. E la reputazione di Zanzel conta meno che sterco di topo in una cantina».

Zanzel Melancthones emise un mugolio stridulo. «Mi ritengo offeso da questo paragone! Possibile che un gentiluomo non possa neanche leccarsi le labbra senza incorrere in una tempesta di stupide calunnie?»…

Ildefonse si volse a Lehuster. «Sia chiaro che l’opinione di Zanzel ha molto peso in questo consesso. Se esprimi un’accusa tanto seria devi poterla provare, altrimenti bada a quel che dici».

Lehuster assentì con un rigido inchino a mezzo busto. «Mi limiterò a dichiarazioni precise. La Murthe dev’essere contrastata, se non vogliamo assistere al trionfo finale del sesso femminile. Che si formi dunque un gruppo cabalistico forte e deciso! La Murthe non è invincibile: tre Eoni fa venne sconfitta da Calanctus, e il passato è ormai precluso per lei».

Ildefonse osservava pensoso il riflesso della sua immagine nella parete di smeraldite. «Se la tua analisi è corretta, certo dovremo assicurarci che un simile incubo non si ripeta nel futuro».

«È del presente che dovete preoccuparvi! Quella donna può essere già al lavoro».

«Incoerente, bugiardo e villano!», ringhiò Zanzel. «Liberiamoci di quest’individuo senza scrupoli, Signori».

«Ammetto d’essere confuso», disse Ildefonse. «Perché mai la Murthe avrebbe scelto questo tempo e questo luogo per le sue manovre?».

Lehuster fece oscillare la cresta che aveva sul cranio. «È chiaro che qui troverebbe un’opposizione risibile. Guardatevi in faccia l’un l’altro: cosa vedete? Ottusi pedanti come Tchamast, mistici come Ao, buffoni ringhiosi come Hurtiancz e Zanzel. Vermoulian perde tempo a esplorare sogni per riportarli sui suoi registri. Teutch giocherella coi particolari della sua privata infinità. Rhialto esercita le sue doti inseguendo le sottane svolazzanti delle fanciulle. Come pensate di poter ostacolare la Murthe? Dopo aver esqualmato il vostro gruppo, avrà creato un’utile Compagnia di Streghe!».