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Ildefonse domandò: «Sono queste le tue “dichiarazioni precise”? Chiacchiere, speculazioni e sciocche critiche. È così che rispondi a quel che ti ho chiesto?».

«Per amor di chiarezza forse sono uscito dall’argomento. Inoltre», disse candidamente Lehuster, «ho scordato la tua domanda».

«Ti era stato chiesto di esibire le prove che c’è una… uhm, esqualmazione in atto».

Lehuster esaminò con attenzione i loro volti. Ciascuno dei presenti aprì la bocca e fece saettare la lingua dentro e fuori. «E sia pure!», sospirò. «Temo che dovrò attendere un’altra occasione per finire il mio discorso».

Nel salone esplose un caos di luci lampeggianti e di suoni acuti, quando i Maghi si trasferirono alle loro dimore. Ma allorché tornò la calma, anche Lehuster era scomparso.

3

L’oscurità aveva fatto ancora gelare la rugiada sui lisci declivi del Prato Inferiore. Nella stanza da lavoro di Palazzo Falu, Ildefonse accettò il calice di vinsacro che Rhialto gli porgeva e sedette a centellinarlo su una delle seggiole di legnocuoio. Per un poco i due Maghi si fissarono in pensoso silenzio, quindi Ildefonse mandò un sospiro.

«È triste che due vecchi amici debbano spiarsi l’un l’altro a questo modo, prima di sedersi a bere insieme».

«Per prima cosa stenderò una Rete Impenetrabile intorno a questa stanza, così che nessuno sappia quel che facciamo», disse Rhialto. Accarezzò un’ampolla di vetro nero mormorando alcune parole. «Ecco… è fatto. E adesso, a noi. Io ho evitato l’esqualmazione. Resta solo da provare che voi siete sempre un uomo».

«Non tanta fretta!», si oppose l’altro. «Ambedue dobbiamo sottostare a un esame accurato. La credibilità non può reggersi su una gamba sola».

Rhialto scosse le spalle. «Sia come volete. Ma voglio premettere che giudico tale esame assai poco confacente alla mia dignità».

Ildefonse cominciò a slacciarsi i pantaloni. «È un’opinione che mi trova propenso ai commenti ironici. Eseguiamolo e non parliamone più».

Quando l’esame fu fatto e ciascuno fu rassicurato sull’integrità sessuale dell’altro, Ildefonse disse: «Per il vero, mi ero un poco preoccupato vedendo aperto sul vostro tavolo Calanctus: Detti e Sentenze».

I modi di Rhialto si fecero più confidenziali. «Quando incontrai Llorio nella boscaglia, ella tentò subito di allettarmi con la sua bellezza. La galanteria mi impedisce di entrare in particolari. Ma l’avevo riconosciuta e, per quanto si dica della vanità di Rhialto, non fui così sciocco da crederla davvero una rubacuori dai facili amoretti. E soltanto col perverso espediente di farmi precipitare nello stagno riuscì a distrarre la mia vigilanza, così da potermi gettare l’incantesimo dell’esqualmazione. Ritornato a Palazzo Falu seguii la terapia prescritta da Calanctus, e l’esqualmazione fu esorcizzata».

Ildefonse sollevò il calice, fece ruotare il contenuto e lo vuotò d’un fiato. «Come vi dissi, accadde anche a me d’incontrarla, sebbene su un piano meno… uh, sentimentale. Esploravo un sogno, e venni a trovarmi su un’immensa pianura dove la prospettiva visuale appariva distorta. Lei era a una distanza di circa venticinque metri da me, splendida come una regina dai capelli d’argento, e abbigliata con l’evidente scopo di colpirmi. Ma la sua statura era tripla del normale, e torreggiava sopra di me come su un bambino. Un espediente psicologico, ovviamente, la cui ingenuità mi strappò un sorriso.

«Mi rivolsi a lei in tono franco: “Llorio la Murthe, la mia vista è perfetta. Non hai alcun bisogno di mostrarti a me così alta”.

«Lei rispose con cortesia: “Ildefonse, la mia statura non deve impensierirti, e neppure la mia voce più forte. Ciò che conta è il significato delle mie parole”.

«“Certo: ma perché vuoi rischiare un attacco di vertigini? Le tue proporzioni naturali sono sicuramente più gradevoli all’occhio. Bene, sia come preferisci. Che stai facendo qui, in questo sogno?”.

«“Ildefonse, fra tutti gli uomini della tua epoca tu sei il più saggio. Resta poco tempo, ma non è ancora troppo tardi. Il genere femminile può ristrutturare l’universo intero! Per prima cosa intendo guidare un colpo di mano a Sadal Suud: fra le Sette Lune daremo nuovo impulso al destino dell’umanità. La tua forza, le tue virtù morali e la tua grandezza saranno preziose nel ruolo che potrai ricoprire”.

«Il tono in cui lo disse non mi piacque molto. Risposi: “Llorio, tu sei una donna affascinante, ma oso dire che ti manca quel calore che attrae l’uomo e aggiunge profondità al carattere”.

«La Murthe rispose, secca: “Il pregio di cui parli non è altro che il lascivo impulso dei sensi, un istinto per fortuna ormai relegato al passato. In quanto al fascino, si tratta di una luce interiore generata dall’animo femminile, che tu nella tua rozza mascolinità percepisci come un semplice insieme di contorni fisici”.

«Questo mi stuzzicò, così replicai: “Rozzo o meno, ti assicuro che il mio sguardo si pasce di ciò che gli mostri. Se hai voglia di fare un colpo di mano ti propongo un luogo più comodo: seguimi nella mia camera da letto a Palazzo Boumegarth, e la misureremo la nostra tenacia in un conflitto dove scoprirai in me ben altre doti che la semplice virtù. Ma riduci le tue dimensioni fisiche, te lo chiedo da gentiluomo, altrimenti ci vedremmo costretti a stendere dei materassi sul pavimento del salone grande, mia cara”.

«Llorio si fece sprezzante. “Ildefonse, altro non sei che un disgustoso vecchio satiro. Vedo che sbagliavo nell’attribuirti dei meriti. Malgrado ciò, tu dovrai renderti utile alla nostra causa con ogni tua energia”.

«Detto ciò volse le spalle e si allontanò a passi statuari, mentre quella bizzarra prospettiva la faceva rimpicciolire sia in distanza che in statura. Ma procedeva con una lentezza ipnotica, invitante, quasi che mi chiedesse di seguirla. D’un tratto cedetti all’impulso e le tenni dietro, all’inizio con dignitosa andatura, poi sempre più svelto e quindi di corsa, galoppando ansante nel tentativo di raggiungerla. Alfine mi abbattei esausto sull’erba. Llorio si girò e disse: “Vedi come i tuoi bassi appetiti possono trascinarti a un comportamento stupido e indecoroso?”.

«Mentre la fissavo senza fiato mosse una mano, e dal palmo le scaturì l’incanto dell’esqualmazione che mi colpì sulla fronte. “Adesso ti dò licenza di tornare alla tua dimora”, disse, e queste furono le sue ultime parole.

«Mi risvegliai sul divano della mia stanza da lavoro. Immediatamente presi la copia del volume di Calanctus, e applicai le sue raccomandazioni profilattiche con estrema cura».

«Piuttosto seccante», annuì Rhialto. «Mi chiedo in che modo Calanctus agì nei suoi confronti».

«Come ci è stato consigliato, presumo. Ovvero formando un forte e inflessibile gruppo cabalistico».

«Sì, ma dove e come? Zanzel è stato esqualmato, e certamente non soltanto lui».

«Tirate fuori lo Specchio Visore, e prepariamoci al peggio. Chissà, forse qualcuno può ancora esser salvato».

Rhialto tracciò un’Efesia Grammata su un punto della parete nuda, e vi comparve un loculo. Ne estrasse un pesante specchio chiuso in una cornice d’ebano assai consunta, che al tocco delle sue mani divenne nero come la pece. «Chi volete osservare per primo?».

«Proviamo il leale per quanto misterioso Gilgad. È un individuo sagace e sospettoso, difficile da raggirarsi».

«Potremmo restarne delusi», borbottò Rhialto. «L’ultima volta che l’ho guardato in faccia, la sua lingua sembrava l’imitazione di un serpente impazzito». Sfiorò un pulsante nascosto della cornice, sussurrò un sortilegio e, quando alitò sulla superficie dello specchio, vi comparve la figura di Gilgad in miniatura.