Выбрать главу

Topi?

Da tempo non c’erano più topi in quel tubo-tunnel, e per liberarlo quattro amici di Linc erano morti. Quei piccoli mostri lottavano con ferocia quando non potevano scappare o nascondersi.

Linc strinse l’impugnatura dell’unica arma di cui disponeva, una lama sottile che un tempo era stata un cacciavite. Ne aveva affilato la punta fino a farla diventare tagliente come un pugnale. Tenendo l’impugnatura di plastica nel palmo sudato, Linc sbirciò nel buio del tunnel, guardando giù nella spirale della scala, per vedere se scorgeva i punti rossi degli occhi dei ratti.

Se sono troppi…

Le ombre si gonfiarono e presero forma. Una persona.

— Peta! — gridò Linc, e la sua voce echeggiò tra le fredde pareti metalliche del tubo.

Il ragazzo sussultò come se le scintille di una macchina lo avessero scottato.

— Peta, sono io, Linc. Non aver paura.

— Linc! Oh, Linc… — Peta risalì di corsa i gradini e afferrò la mano protesa di Linc. Era senza fiato, sudato, con gli occhi sbarrati.

— Cosa fai quassù? — chiese Linc. — Credevo che tu aspettassi Magda per…

— Ho dovuto scappare! Monel e le sue guardie… mi cercano.

Linc considerava Peta un bambino, sebbene tutti quelli che abitavano nella Ruota Viva avessero, naturalmente, la stessa età. Ma Peta era piccolo, con la pelle rosea e morbida e i capelli gialli come la stella che stava per raggiungerli. Sembrava un bambino, non un adolescente.

Linc lo afferrò per le spalle sottili. — Ascolta — disse, — tu avresti dovuto aspettare il giudizio di Magda. Non puoi scappare.

Peta agitava convulsamente le mani. — Ma Monel e le sue guardie… Dice che ho fatto apposta a rompere la pompa. Dice che mi butterà fuori nel buio.

— Non lo può fare…

— Magda però sì. Ha detto che Magda gli ha detto che deciderà così.

— No, Magda non prenderà mai una decisione senza prima aver sentito la tua versione.

Peta si guardò alle spalle. — Avevo fame. Ero stanco. Lavoravo da tanto tempo alle vasche… tutti gli altri avevano avuto la possibilità di mangiare, ma Stav diceva che non potevo smettere finché non avessi finito di ripulire completamente la mia vasca.

— Stav sa il fatto suo. È un uomo giusto — disse Linc.

Anche nella penombra del tunnel, Linc poteva vedere che la faccia, solitamente rosea, di Peta era diventata bianca per il terrore. — Lo so… ma io ho buttato le erbacce nel condotto di scarico.

— Oh, no… — Linc si sentì irrigidire i tendini della nuca. — E così hanno intasato la pompa?

Peta annuì, avvilito.

— Per questo la pompa si è rotta, e adesso metà delle vasche della fattoria non ricevono più acqua — concluse Linc. — Metà delle nostre riserve di viveri è rovinata.

La voce di Peta era ridotta a un sussurro. — Monel è venuto nel mio compartimento con le guardie. Mi hanno preso… dicevano che mi portavano al compartimento della morte per buttarmi fuori.

— Non può farlo!

— Sono scappato — balbettò Peta. — Ho afferrato il bastone di Monel e ho colpito la guardia che mi teneva per un braccio. Poi sono scappato.

— Cos’hai fatto?

— Ho… colpito… la guardia.

— L’hai colpita? Dici sul serio? — Linc si lasciò cadere su un gradino stringendosi la testa fra le mani. Peta gli stava davanti, cercava di parlare ancora ma dalla bocca gli usciva solo un balbettio appena percettibile.

Linc alzò la faccia. — Come hai potuto fare un cosa simile? Se avessi cercato deliberatamente di violare le regole che Jerlet ci ha dato, non ti saresti potuto comportare peggio.

— Volevano portarmi nel compartimento della morte — gridò Peta.

Linc scosse la testa.

— Aiutami!

— Aiutarti? — Linc spalancò le braccia in un gesto d’impotenza. — E come? Metà di noi moriranno di fame per colpa della tua pigrizia. Forse riuscirò a riparare la pompa, ma conosci le leggi di Jerlet riguardo alla manomissione delle macchine. E per di più hai colpito una guardia. Sei ricorso alla violenza! Tutte le leggende sulle guerre e le uccisioni non ti hanno insegnato niente?

— Volevano buttarmi fuori.

— Neanche Monel può farlo senza l’autorizzazione di Magda — replicò Linc. — Non gli sono amico, Jerlet lo sa. Non riesco a sopportarlo per molte ragioni. Ma non potrebbe mai farti del male, altro che a parole. Lui e le sue guardie scherzavano, e tu sei stato tanto stupido da credere che parlassero sul serio. Solo Magda può condannare, lo sai bene.

Peta si lasciò cadere in ginocchio e si aggrappò a Linc. — Aiutami, ti supplico. Mi riporteranno indietro, perché venga giudicato…

— È quello che ti meriti.

— No! Ti prego! Nascondimi… aiutami a sfuggirli.

Linc scosse la testa. — Non puoi nasconderti. Da solo, o moriresti di fame o saresti costretto a rubare il cibo. Prima o poi le guardie di Monel ti acciufferebbero. O i topi.

— Ti prego, Linc, fa’ qualcosa! Non lasciare che mi prendano. Mi…

Linc lo respinse e si alzò. — Vieni, ti porto da Magda.

— Noooo! — urlò Peta.

— La cosa migliore che puoi fare è arrenderti. Forse il suo giudizio sarà più mite. Le chiederò di non infierire.

— Ben detto!

Linc si voltò di scatto. Dal buio sovrastante stavano scendendo la scala Monel e tre guardie. Due reggevano la sedia di Monel grugnendo a ogni passo. Altre tre guardie sbucarono dall’ombra sui gradini sotto di loro.

Monel sorrideva. Un tempo era stato alto come Linc, ma da quando la caduta gli aveva rovinato le gambe e l’aveva costretto su una sedia, sembrava che il suo corpo si fosse raggrinzito e rinsecchito. Adesso era ridotto a un fragile e contorto nodo di collera e dolore. I suoi occhi ardevano nel buio. La sua voce era sottile, fragile e pungente come filo spinato.

— Non fare quella faccia sorpresa, piccolo Peta — disse con la sua voce sottile e acida. — Dopo che ti abbiamo visto sgattaiolare in questo tunnel, è stato facilissimo intrappolarti.

Linc si chinò aiutando Peta a rialzarsi.

— Per un attimo — disse Monel a Linc, — ho pensato che avremmo preso in trappola anche te. Ma ti sei rivelato fedele e leale amico di Magda.

Linc non fece commenti. Nella penombra scorse una ecchimosi sulla guancia di una guardia. Dev’essere il segno lasciato dalla bastonata di Peta.

Il sorriso di Monel faceva gelare il sangue. — Andiamo da Magda. Sta aspettando il suo piccolo Peta.

III

La sala delle riunioni era piena zeppa. Erano presenti tutti; molti più di quanti Linc potesse contarne sulle dita. Più ancora del numero delle nocche di ogni dito. Magda era al suo posto, al centro del locale. Stava seduta sulla vecchia scrivania dotata di un minuscolo schermo ormai cieco contornato da graziosi bottoni colorati. Tutti gli altri le sedevano intorno, accovacciati per terra, come era d’uso, con gli occhi fissi su di lei. Pareva che anche gli scaffali vuoti sulle pareti la guardassero. Su quegli scaffali c’era ancora qualche antico libro, polveroso e accartocciato, con le pagine che si sbriciolavano a toccarle. Erano stati conservati per i casi d’emergenza, in vista di un tempo in cui il freddo si sarebbe infiltrato nella Ruota Viva e ci sarebbe stata necessità di qualunque cosa da bruciare. Gli altri libri erano serviti allo stesso scopo molto tempo prima. Quando, Linc non poteva ricordarlo.

Magda stava seduta con la schiena eretta, il mento sollevato, gli occhi chiusi. Teneva le gambe scarne ripiegate sotto il corpo come si conveniva quand’era nell’esercizio delle sue funzioni di sacerdotessa. Portava i capelli neri accuratamente pettinati che brillavano sotto la cruda luce dei pannelli inseriti nel soffitto.