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Indossava il manto da sacerdotessa, liso e rammendato in più punti, su cui però spiccavano ancora strane lettere e disegni: CPRT TERMELETR 110 v. Nella destra reggeva lo scettro simbolo di potere e autorità, un oggetto che gli antichi chiamavano riga; nella sinistra teneva il simbolo della giustizia e della pietà: il teschio di un neonato. Intorno al petto, la catena d’oro dello zodiaco coi suoi dodici segni misteriosi.

Linc sedeva ai piedi di Magda, abbastanza vicino alla scrivania da arrivare a toccarla se avesse allungato la mano. Cosa che nessuno sano di mente avrebbe mai osato fare. La scrivania era riservata esclusivamente alla sacerdotessa e nessuna mano profana poteva sfiorarla.

Linc fissava la faccia di Magda incorniciata dall’enorme schermo grigio argento a muro che le stava alle spalle. Quando esercitava le sue funzioni di sacerdotessa e meditava, come ora, Magda dava l’impressione di non accorgersi di niente, tanto era concentrata nel suo dovere.

Ma era sempre bellissima. Gli occhi erano più scuri della notte eterna dello spazio, la faccia cesellata con la stessa finezza dei segni d’oro dello zodiaco. E tuttavia quegli zigomi accentuati, quella mascella decisa denotavano forza e autorità. E dalle sue labbra sgorgava la saggezza.

Magda si mosse e aprì gli occhi. Gli astanti sospirarono, agitandosi a disagio. La meditazione era terminata.

I profondi occhi neri di Magda si fissarono sui presenti, scrutandoli uno per uno. Poi disse semplicemente: — Sono pronta.

Monel si affrettò a spingere avanti la sua seggiola a ruote, ma Linc fu più svelto di lui e si alzò. Peta, che sedeva con due guardie di Monel ai lati, restò immobile. Sembrava pietrificato, era talmente atterrito da non riuscire nemmeno a muoversi.

— Abbiamo un problema — disse Linc esprimendosi col frasario di circostanza. — Peta ha combinato un pasticcio lavorando nelle vasche della fattoria e una delle pompe principali è guasta a causa della sua trascuratezza…

Un mormorio di orrore si levò dagli astanti. Quasi tutti erano al corrente del guasto alla pompa, ma l’idea di restare a corto di cibo continuava a sconvolgerli.

Magda guardò Peta ma non disse niente.

— E poi, quando Monel e le sue guardie lo hanno minacciato — continuò Linc, — Peta ha colpito una delle guardie ed è scappato.

Un sospiro più forte, seguito da un coro di mormorii, fece eco a queste parole.

La faccia della sacerdotessa s’incupì. — È vero, Monel?

Monel aveva raggiunto Linc, con la sua sedia, ed ora fece cenno alla guardia colpita di farsi avanti. — La prova è qui, chiara e lampante — disse. La guardia si voltò lentamente perché tutti potessero vedere il livido sulla guancia.

— Peta era spaventato — disse Linc. — Monel gli aveva detto che volevano portarlo nel compartimento della morte.

— È falso! — scattò Monel. — Peta stava scappando e noi cercavamo di fermarlo.

Linc fece un cenno di diniego. — Peta aveva deciso di arrendersi al tuo giudizio, Magda. Monel e le sue guardie sono arrivati nel tunnel proprio quando aveva acconsentito a venire a implorare pietà da te.

Magda si picchietto il ginocchio con lo scettro per un momento. — Cosa c’entri tu in tutto questo, Linc? Eri presente al fatto?

— No. Era il mio turno di riposo. — Inutile parlare del Posto dei Fantasmi davanti a tutti. Né della stella gialla sempre più vicina. Sarebbe servito solo a spaventarli. — Ho incontrato per caso Peta nel tubo-tunnel.

Monel sistemò la sua sedia davanti a Linc. — Peta è uno stupido e un fannullone. La sua pigrizia e la sua idiozia hanno rovinato metà delle vasche della fattoria. Chiedi a Stav se non è vero.

— Sono rovinate davvero? — chiese Magda.

— Sì — rispose la voce tonante di Stav dal fondo della sala.

Magda abbassò lo sguardo su Peta. — Tutto quel cibo rovinato! Come possiamo vivere senza cibo?

Prima che il giovane terrorizzato potesse rispondere, Linc disse: — Ti ho portato Peta perché tu eserciti su di lui la tua giustizia con misericordia.

L’ombra di un sorriso passò sulla faccia della sacerdotessa. Per un attimo i suoi occhi rimasero fissi in quelli di Linc, come se loro due fossero soli nella stanza. Linc sentì le sue labbra schiudersi in un lieve sorriso.

— Ma quello che è peggio — urlò Monel — è che Peta è un violento! Ha aggredito la mia guardia. Potrebbe aggredire chiunque, in qualsiasi momento. Chiunque di voi — e agitò il braccio in direzione dei presenti.

Tutti bisbigliarono guardando Peta, che teneva la testa china nascondendo la faccia. Le guardie che lo sorvegliavano si irrigidirono, guardando Monel, non Magda.

— Sappiamo tutti qual è la punizione per gli atti di violenza — continuò Monel rivolgendosi più alla folla che alla sacerdotessa. — La violenza è un crimine che non possiamo tollerare.

— Gettatelo fuori nel buio! — gridò qualcuno.

— Gettatelo fuori! — fece una guardia.

— Sì… sì… — gridarono gli altri.

Monel, con la faccia scarna arrossata, un sorriso di trionfo sulle labbra crudeli, tornò a rivolgersi a Magda. La sacerdotessa alzò le braccia per imporre il silenzio, e subito la folla ammutolì. Peta continuava a sedere immobile, a testa bassa.

— Peta — disse piano Magda, — cos’hai da dire in tua difesa?

Il ragazzo alzò la faccia per poterla guardare, scrollò le spalle e tornò a chinare la testa.

— Peta — ripeté Magda, questa volta in tono imperioso. — Alzati in piedi!

Lui si alzò lentamente.

— È colpa tua se la pompa si è rotta?

Lui annuì.

— È vero che hai colpito la guardia?

— Sì… ma loro dicevano…

Monel intervenne: — Lo ammette.

— Si è rivolto a te perché lo giudichi con misericordia — disse Linc.

— La punizione per chi compie atti di violenza è nota a tutti. Dev’essere gettato fuori nel buio — ringhiò Monel. — Non è vero?

Magda sollevò le braccia sottili. — La punizione — disse con voce dura come l’acciaio — sarà stabilita dalla sacerdotessa e da nessun altro.

— Permettimi di dare un’occhiata alla pompa rotta — disse Linc. — Forse la posso riparare.

— Ripararla? — Monel quasi rideva. — Vuoi dire rimetterla in funzione cosicché il raccolto non vada perduto?

— Sì — rispose Linc.

— Sei pazzo! Sai che è contrario alla legge di Jerlet toccare una macchina come quella. E anche se ti fosse concesso di farlo, credi che ne saresti capace? Non è come un taglio su un dito che poi guarisce…

— O come un livido sulla guancia che poi scompare?

Monel si rabbuiò. — Questo è un altro paio di maniche. La pompa della fattoria è una macchina. Una volta morta è morta per sempre. Non può guarire né essere riparata.

— Lasciami provare — disse Linc a Magda. — Forse riusciremo a salvare il raccolto. Ho già riparato altre cose… cavi, macchine elettriche. Forse…

Magda scosse la testa. — È proibito toccare le macchine di quel tipo. Conosci le leggi di Jerlet.

— Ma…

— È proibito.

Tornò a chiudere gli occhi per meditare. Tutti i presenti la imitarono. Linc tornò a sedersi per terra e chiuse gli occhi.

Cercò di scacciare tutti i pensieri e di lasciare libera la mente. Ma continuava a vedere i fantasmi congelati del Posto Fantasma. Rabbrividì. Il freddo aumenta. Arriverà fin qui dove viviamo. Anche alcune piante nelle vasche della fattoria stanno morendo di freddo. Poi gli tornò in mente la stella gialla che si avvicinava. È strano che moriremo tutti nel fuoco. Se solo potessimo sfruttare quella stella per scaldarci e scacciare il freddo…