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Linc era sbalordito. — Ci hai messi uno contro l’altro per il tuo interesse?

— Naturalmente. Ho sempre fatto quello che volevo di voi tutti da quando sono sacerdotessa. Anzi, da prima ancora, quando eravamo bambini. Anche allora ero capace di farvi fare quello che volevo.

— Ma non volevi che riparassi le macchine sul ponte.

— È vero. Avevo paura per te. E avevo paura che se tu fossi riuscito nel tuo intento, il mio potere e la fede in Jerlet sarebbero stati in pericolo. Ma quando mi sono resa conto che non avrei potuto impedirtelo, decisi che sarebbe stato stupido resistere. Il tuo modo di agire controbilanciava il potere di Monel. E Stav e i suoi uomini sono diventati un terzo potere, fra voi due.

Appoggiandosi affranto all’orlo della cuccetta, Linc disse: — Non posso crederlo. Non puoi giocare in questo modo con la vita delle persone. Nessuno può. Tu credi…

— Perché credi di essere venuto qui stanotte? — lo interruppe lei.

— Vuoi saperlo? Perché domattina accenderemo i razzi per il primo cambiamento di rotta e ci tengo a che tu sia presente.

— No, non sei venuto per questo. — Gli strinse ancora più forte la spalla. — Linc, tu sei venuto perché io ti ho chiamato. Ecco perché sapevo che eri tu, quando hai bussato.

Lui sbuffò.

— So che non mi credi. — La voce di Magda era così sommessa che la sentiva appena. — Però potresti almeno chiedermi perché ti ho chiamato.

— E va bene. Perché?

— Perché ho una paura tremenda. I tuoi razzi non funzioneranno, domani. Precipiteremo nella stella gialla e moriremo bruciati… o, se no, accadrà qualche altra cosa terribile.

— Non dire sciocchezze. — Ma la mano di lei gli artigliava la spalla. — Magda, è tutto sotto controllo. Il computer…

— Non parlarmi di quello che dicono le macchine! — esclamò brusca lei. — Io so che qualcosa non va come dovrebbe. E bisogna che tu mi aiuti a scoprire di cosa si tratta.

— Hai bisogno di me?

Lei assentì e chiuse gli occhi. — Devo toccarti. Sentire le tue vibrazioni, per scoprire cosa c’è che non va.

— Parli sul serio?

Ma lei non lo ascoltava più. Le brillavano gli occhi, ma fissava il vuoto, mentre tutto il suo corpo era scosso da un violento tremito.

Mosse le labbra come se volesse parlare, ma nessun suono uscì dalla sua bocca. Pur non volendolo, Linc subiva il suo fascino. — Cosa c’è? Cosa vedi? — chiese con apprensione.

Magda non rispose.

I minuti passavano lenti, e lei sembrava sempre posseduta da qualcosa d’invisibile.

Poi si accasciò e gli crollò quasi addosso. Linc si alzò in ginocchio per sostenerla.

— Magda, cosa c’è? Cosa succede?

Lei era fradicia di sudore gelido. — Io… guai… — ansimò con voce flebile. — Guai… i motori…

— Cos’hanno i motori? Di quali guai parli?

— Non lo so. Non riesco a vedere.

Tenendola stretta, con la mente in tumulto, Linc pensava: Sciocchezze! Ti sei lasciato trascinare in queste assurde superstizioni. Ma una voce nel suo intimo diceva: Cosa potrebbe essere successo? Un guasto? Dove? E la risposta era: Ovunque.

Ma dov’è più probabile che qualcosa non funzioni? si chiese. E la risposta balenò come un’esplosione nella sua mente: Se qualcuno ha manomesso i motori… o i collegamenti fra il computer astronavigatore e i comandi… o…

Magda s’irrigidì fra le sue braccia. Lo respinse e lo guardò fisso negli occhi. — Monel — sussurrò.

XVIII

Monel non era nella sua stanza.

Quando vi arrivarono, trafelati per la lunga corsa nel corridoio, ed ebbero bussato senza aver risposta, aprirono la porta. Non c’era nessuno.

— Potrebbe essere in mille posti — disse Linc.

— Cosa dobbiamo fare? — chiese Magda con gli occhi sbarrati per l’apprensione.

Lui la prese per mano. — Andiamo sul ponte.

Linc cercava di costringersi a pensare con calma, ma la sua mente era un carosello di paura, odio, istinti omicidi.

Non pensò neppure che Magda finora non aveva mai messo piede sul ponte. Senza badarle si precipitò a sedere davanti al quadro principale dei comandi. Fece cenno a Magda di prender posto nel sedile accanto al suo, e con la mano libera accese lo schermo del computer.

— Voglio la posizione dei propulsori a razzo, il sistema dei comandi e i collegamenti col ponte — ordinò al computer.

Sugli schermi posti sulla parete curva al di sopra del banco comparvero dei diagrammi con i punti indicati da Linc contrassegnati da cerchi colorati.

— Come fa a sapere Monel dove si trova quella roba? — chiese Magda guardando gli schermi.

— Glielo avrà detto qualcuno — disse Linc. — Rix, la guardia che è rimasta con noi ad aiutarci. È un traditore. Quel grassone con la faccia da topo avrà raccontato tutto a Monel… ci scommetto.

Linc si alzò e andò a un’altra postazione. Premette convulsamente alcuni pulsanti ed esaminò le immagini che via via comparivano sugli schermi: vedute di diverse zone della nave. Tutte vuote.

— Dobbiamo frugare tutti i posti dove può essersi nascosto — si voltò a dire a Magda.

— Quanto tempo abbiamo?

Linc guardò l’indicatore del conto alla rovescia. — Mancano poco più di due ore all’accensione dei razzi.

— Come possiamo cercare…

Ma Linc era già al quadro delle comunicazioni: — A tutti! Sveglia! — tuonò nel microfono che sporgeva dal banco. — Stav, Cal, Hollie alzatevi e venite subito sul ponte! Emergenza! Tutti, qui immediatamente!

Meno di cinque minuti dopo arrivarono, assonnati e perplessi. Linc li mise al corrente della situazione. Erano circa una cinquantina, e lo ascoltarono senza aprir bocca mentre continuava: — Non credo che possa essere arrivato più in là del secondo livello. Il computer ci ha mostrato dove si trovano le zone vitali. Deve trovarsi in una di esse. Abbiamo due ore per trovarlo. Dividetevi in squadre di almeno sei persone ciascuna. Non sappiamo quante guardie ha con sé.

Magda rimase sul ponte con Linc, che controllò tutti i circuiti e i comandi con l’ausilio del computer e dei sensori di bordo per cercar di scoprire se Monel aveva messo fuori uso i razzi o danneggiato i circuiti di comando.

Linc sistemò Magda al quadro delle comunicazioni, insegnandole cosa doveva fare e lei seguì al microfono le squadre che erano andate alla ricerca di Monel. Dagli altoparlanti si sentivano le voci e i rumori provenienti dai corridoi e dai locali del secondo livello.

— Qui non c’è.

— Ehi, mi pare… no, è solo un’ombra.

— Guarda qui… non sono tracce di ruote?

— Dove?

— Qui, ti dico. Deve esser passato sopra questa chiazza d’olio…

Linc si rammaricava di non aver attivato le telecamere in tutti i corridoi per poter vedere quello che succedeva.

Mancava un’ora al momento dell’accensione. Quarantacinque minuti. Mezz’ora.

— Qua, al compartimento della morte.

Linc non aveva smesso un attimo di controllare. Tutto il sistema dei propulsori a razzi sembrava perfettamente a posto. Non aveva rilevato nessun danno.

— Chiedi dove si trovano quelli che seguono le impronte delle ruote — disse a Magda senza distogliere gli occhi dagli schermi.