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— Vattene, lasciami in pace.

— Vado. La compagnia degli esseri umani non è fatta per te.

Le macchine gli dissero cosa era successo. Qualcuno aveva svitato deliberatamente la valvola di sicurezza di una delle pompe del carburante esattamente un secondo prima dell’accensione. Troppo tardi perché anche i meccanismi automatici impedissero ai razzi di accendersi. Si scoprì che il colpevole era Rix; Monel gli aveva dato le istruzioni del caso, e lui le aveva eseguite. L’esplosione aveva danneggiato uno dei motori a razzo, e lo aveva ucciso. Fu Stav a scoprirlo e a riferirlo poi a Linc.

Il computer gli fornì altre informazioni. L’accensione sbagliata aveva comunque accelerato la velocità della nave alterandone la rotta, ma non nel modo voluto da Linc.

Ora, seduto in preda a un profondo scoraggiamento davanti ai comandi, guardava sullo schermo la linea che rappresentava la nuova rotta. Sarebbero passati a distanza di sicurezza da Baryta, ma non sarebbero entrati in orbita intorno a Beryl. Per quanto Linc potesse fare, la nave non avrebbe mai raggiunto il nuovo mondo.

Solo, rifiutandosi di vedere chicchessia, di mangiare e perfino di dormire, Linc passeggiò a lungo avanti e indietro sul ponte, alla ricerca di una soluzione. Infine chiese al computer informazioni sul trasmettitore di materia.

Domanda: A quale distanza dobbiamo trovarci da Beryl perché il trasmettitore possa funzionare?

Risposta: PORTATA MASSIMA DEL TRASMETTITORE MENO DI 5000 CHILOMETRI.

E al computer astronavigatore chiese: Quale sarà la nostra distanza minima da Beryl? Risposta: 28.069,74 CHILOMETRI.

Domanda: Possiamo portarci a meno di 5000 chilometri da Beryl? Risposta: LA PROPULSIONE NECESSARIA PER RAGGIUNGERE LA DISTANZA VOLUTA ECCEDE I LIMITI STRUTTURALI DELLA NAVE.

Linc riprese a passeggiare su e giù. Gli pareva di essersi trasformato in un blocco di plastica dura. Ignorava il dolore delle contusioni, la stanchezza e la fame. Doveva risolvere il problema. Le macchine non potevano risolverlo per lui.

Perché il trasmettitore di materia non poteva avere una portata più ampia. Perché avrebbe richiesto una maggior quantità di energia, e loro non disponevano del quantitativo necessario… Chi l’ha detto? C’è energia a volontà, qui a bordo: per l’illuminazione, il riscaldamento, per far funzionare le macchine…

Tornò al computer. Formulò altre domande. Ottenne altre risposte.

Rimasero tutti colpiti quando comparve nel refettorio. Era l’ora dell’ultimo pasto, come Linc aveva intuito dal fatto che l’illuminazione del corridoio si era abbassata.

Fu Jayna a correre per prima da lui. — Linc! Ma tu stai male… — Lo prese per un braccio. — Qua… mettiti a sedere.

— No, aspetta. — Fece segno agli altri di sedersi. Non erano presenti tutti. Mancavano anche Magda e Monel.

— Ascoltatemi. Abbiamo ancora una probabilità di arrivare sul nuovo mondo. Sarà difficile ma potremo farcela. In caso contrario, la nave compirà un grande arco che ci allontanerà per un po’ da Baryta. Ce ne stiamo infatti già allontanando. Ma entro un anno torneremo ad avvicinarci e il sole giallo ci brucerà.

Le sue parole furono accolte da un coro di mormorii. Non mi credono pensò Linc. Sono stufi di ascoltarmi. Ma Jayna chiese: — Cosa dobbiamo fare, Linc?

— Niente — rispose lui. — Non dovete far niente. Solo, quando vi dirò di muovervi, dovrete scattare. — L’ultima parola risuonò come una frustata. — Ci resta solo questa piccolissima probabilità di farcela, di salvarci. Sarà quindi meglio che vi muoviate subito non appena ve lo dirò io.

Si trascinò stancamente al computer sul ponte di comando, e cominciò a programmare. Ogni grammo di spinta dei razzi… ogni erg di energia… o la va o la spacca.

Jayna gli portava da mangiare e lui prendeva i piatti senza neanche voltarsi a guardarla. Mangiava alla tastiera del computer, mentre sugli schermi si susseguivano le informazioni che aveva chiesto. Lei restava a lungo muta, alle sue spalle, senza mai interromperlo. Linc ne vedeva l’immagine riflessa sugli schermi, mezza dozzina di Jayne su mezza dozzina di schermi, tutte con la faccia confusa e preoccupata. Ma Jayna non gli fece mai neanche una domanda.

Quando non ne poteva più, appoggiava la testa sul banco e dormiva un po’. Appena sveglio ricominciava a programmare. Il computer assimilava le sue istruzioni e le sue domande, ronzava e ticchettava, e finalmente, dopo aver ronzato e ticchettato per un’ora, un tempo incredibilmente lungo per una macchina come quella, riferì a grandi lettere gialle sullo schermo principale.

IL PROGRAMMA FUNZIONA. TUTTI I SISTEMI FUNZIONANO COME RICHIESTO.

Linc chiese alla macchina: — Fra quanto tempo raggiungeremo il punto di trasferimento?

La risposta fu immediata: FRA 76 ORE 11 MINUTI 14,08 SECONDI.

— Inizia il conto alla rovescia quando mancano tre ore all’ora zero.

RICEVUTO.

— Per quanto tempo resteremo a distanza di trasferimento?

53 MINUTI 12,6441 SECONDI.

— Il trasmettitore di materia dev’essere caricato in modo da accogliere una persona ogni cinquanta secondi circa. Può farlo automaticamente?

I CIRCUITI AUTOMATICI NON FUNZIONANO. NECESSARIA MANOVRA MANUALE.

Il che vuol dire che dovrò restare a bordo finché non saranno passati tutti nel trasmettitore pensò Linc.

Scostò la sedia dal banco e si soffermò poco più in là a osservare la sequenza del conto alla rovescia. Sullo schermo stava scritto: 76 ORE 10 MINUTI 06 SECONDI.

E continua a contare disse fra sé Linc.

Passò, la maggior parte del tempo su nel mozzo, lontano da tutti. Mangiava alla cucina automatica e dormiva profondamente. Poi tornava sul ponte a controllare il trasmettitore di materia.

In confronto alle altre apparecchiature, quella macchina non sembrava niente di eccezionale. C’era una cabina di plastica trasparente capace di contenere una persona, e una lucida console di metallo che racchiudeva complicati circuiti elettronici e infine un’altra console attraverso cui passava l’energia e dalla quale uscivano serpeggiando alcuni grossi cavi. Linc aveva seguito il percorso di quei cavi lungo la parte esterna del tubo- tunnel principale fino ai generatori atomici vicino al mozzo. La tastiera dei comandi era zeppa di manopole e interruttori. Linc doveva manovrare con calma e precisione, evitando il minimo passo falso, se voleva che si salvassero tutti.

Premette i pulsanti che attivavano i sensori di autocontrollo del trasmettitore, e annuì soddisfatto quando si accese una serie di luci verdi. La macchina era in condizioni perfette, pronta a entrare in funzione.

Al pensiero di quello che era capace di fare quel trasmettitore Linc non poteva evitare un senso di ammirazione e di sorpresa. Jerlet gli aveva spiegato che la macchina trasformava gli atomi di qualsiasi oggetto materiale posto nella cabina in energia che poteva venir trasmessa fino a una data distanza. All’estremità opposta del raggio trasmesso, la macchina ricevente ritrasformava l’energia nell’oggetto originale. Chi fosse entrato nella cabina sarebbe stato immediatamente trasferito dalla nave sul nuovo mondo.

Se ci fosse stata energia sufficiente.

Se la nave fosse stata abbastanza vicina al pianeta.

Se la parte ricevente fosse stata sistemata a dovere sulla superficie del pianeta.

Se qualcuno fosse stato disposto a correre il rischio di entrare in cabina ed essere completamente disintegrato.

Possiamo ottenere l’energia sufficiente disattivando tutte le altre apparecchiature di bordo pensò Linc. E i razzi ancora funzionanti possono portarci abbastanza vicino al pianeta. La trasmissione dell’apparecchio ricevente è automatica.