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Linc sentì un vuoto nello stomaco come quando saliva al secondo livello dove la gravità era inferiore.

Adesso però la sensazione era molto più sgradevole.

— Monel vuole… come fai a saperlo?

Lei scrollò le spalle esili. — Lo so. Sento mentre lo pensa. Sento l’odore della sua fame.

— A Monel piace comandare perché gli piace darsi arie — disse Linc.

— Mi ha fatto capire chiaramente che gradirebbe molto fare un patto con me. Io resto sacerdotessa e lui mi dice cosa devo fare.

Linc si immaginò mentalmente una scena di lui che affrontava Monel e per la prima volta in vita sua provò il desiderio di essere violento.

— Stai tremando! — esclamò Magda.

Lui l’afferrò per le spalle. — Monel mi è sempre stato antipatico, fin da quando eravamo bambini e Jerlet viveva insieme a noi. Quando cadde e diventò storpio… be’, mi sforzai… cercai di non provare più antipatia per lui. Ma adesso…

— Non ti preoccupare — lo tranquillizzò Magda avvicinandosi a lui e posandogli la guancia sul petto. — So come va trattato. Ci penso io. Non aver paura…

— Non è paura quella che provo — ribatté lui a denti stretti, abbracciandola. Poi gli venne in mente un’altra cosa. — Ma perché hai fatto quello che voleva Monel? Perché hai mandato via Peta?

Lei si scostò un po’ e sollevò la faccia per guardarlo negli occhi. — Immagina che avessi assolto Peta e che in seguito qualcuno fosse stato aggredito. Cosa credi che sarebbe successo poi?

— Ma Peta non…

— No. L’avrebbe fatto Monel, accusando Peta.

Linc rimase a bocca aperta. — Adesso capisco!

— Non potevo permetterlo. Non potevo correre questo rischio. Monel ne avrebbe approfittato per assumere il comando… per comandare a tutti, anche a me. Questo non deve succedere! Io sono la sacerdotessa e voglio continuare a esserlo, a dispetto delle ambizioni di Monel.

— E così Peta ha dovuto essere sacrificato.

— Punito — lo corresse lei. — Era pigro, stupido e violento, e se fossi stata clemente avrei fatto il gioco di Monel.

Linc tacque a lungo. Quando riprese a parlare disse: — Spero che riesca ad arrivare da Jerlet. È un’arrampicata lunga e pericolosa.

Magda voltò la testa per guardare lo schermo a muro. — Andiamocene di qui. Ho la sensazione che lui senta e veda tutto quello che facciamo.

— Chi, Jerlet?

— No, Monel.

Erano nel corridoio, diretti alla zona viva, quando Linc le parlò della stella gialla.

— Adesso è abbastanza luminosa da formare ombre. Non la si può guardare perché fa male agli occhi.

— Quanto tempo ci resta?

— Chi lo sa! Forse solo pochi sonni. Forse tanto tempo da consentirci di diventare vecchi come Jerlet.

— Nessuno può diventare tanto vecchio!

Rimasero insieme.

Poi Linc le chiese: — Vuoi salire a vedere?

— Sì — rispose Magda dopo un attimo di esitazione.

Erano quasi arrivati al portello che dava sul tubo-tunnel quando uno degli addetti alla fattoria li chiamò. Magda e Linc si fermarono davanti al portello mentre l’altro arrivava di corsa.

— Magda — disse ansando, — Monel vuole vederti… subito.

— Può aspettare — disse Linc.

— No… si tratta del raccolto… Non c’è abbastanza da mangiare per tutti…

La faccia di Magda si trasformò in una maschera dura. Anche così è bella pensò Linc.

— E va bene — disse lei all’operaio. — Parlerò a Monel del cibo.

Si avviarono tutti e tre, e Linc si voltò a guardare il portello del tubo- tunnel. Dev’essere il tunnel dove hanno mandato Peta. Chissà come se la cava. Riuscirà a raggiungere Jerlet prima di aver bisogno di mangiare e di dormire? E il tunnel porta veramente al regno di Jerlet?

Monel si trovava nel piccolo compartimento riscaldato fornito di una cuccetta malandata, di uno schermo che non funzionava sulla parete di fondo e di una scrivania piena di bottoni, anch’essa guasta.

Ma sul ripiano libero della scrivania Monel aveva disposto una gran quantità di dischetti di plastica colorata. Dove li ha presi? si chiese Linc.

Lui e Magda stavano accanto alla porta del cubicolo. Monel sedeva alla scrivania sulla sua sedia a ruote, giocherellando coi dischetti di plastica con le lunghe dita scarne. Sulla cuccetta stava seduta Jayna, una ragazza che aveva lavorato alla fattoria ma che adesso stava con Monel.

— Ho imparato a servirmi di questi pezzetti di plastica per risolvere i nostri problemi alimentari — disse Monel. E Jayna aggiunse: — Io l’ho aiutato.

— Mangeremo la plastica? — chiese Linc.

— Ma no! — sbottò Monel. — Questi pezzi di plastica servono a spiegarci come dobbiamo distribuire il mangiare alle persone giuste.

— Le persone giuste? — ripeté Magda.

— Sì… guarda… — Monel cominciò a disporre in fila i dischetti. — Vedi. Ogni pezzo rappresenta uno di noi.

— I gialli sono per i maschi e i verdi per le femmine — disse Jayna con un gran sorriso compiaciuto.

Linc guardava Monel che disponeva i dischetti in tante file. — Come fai a sapere che il numero dei dischetti corrisponde a quello delle persone?

— Ne ho preso uno per ognuno di noi — spiegò Jayna sempre più compiaciuta di se stessa. — Sono stata io a inventare il metodo. E ricordo a chi corrisponde ogni disco. Come vedi sono di dimensioni diverse. So a chi corrispondono. Ho un’ottima memoria. — Si alzò e andò a sedersi sulla scrivania. — Vedi? Questo è tuo, Magda. È verde, è il più grosso. E questo è di Monel.

— Interessante — osservò Magda. Linc aveva l’impressione che lei facesse uno sforzo per parlare con un tono calmo e pacato, ma senza riuscirci. — Però non capisco affatto cosa c’entri tutto questo col cibo.

— Aaah! — L’abituale cipiglio di Monel lasciò il posto a un largo sorriso. — Da quando Peta ha rotto la pompa ci troviamo di fronte a un grave problema. Non c’è abbastanza da mangiare per tutti.

— Non ancora — corresse Linc. — Per adesso ne abbiamo a sufficienza.

Monel gli diede un’occhiataccia. — Ma quando sarà maturo il prossimo raccolto disporremo solo della metà del nostro fabbisogno. Qualcuno soffrirà la fame… anzi, molti.

— Tutti — precisò Magda, — perché divideremo il cibo in parti uguali.

— Come abbiamo fatto finora — riprese Monel. — Ma questo non significa che dovremo continuare sempre così. Con questi pezzetti di plastica decideremo chi mangerà, e quanto.

— Ma tutti hanno bisogno di mangiare — osservò Linc.

— Però non tutti se lo meritano — rispose pronto Monel.

— Come sarebbe a dire?

— Sai che c’è sempre qualcuno che non si comporta a dovere — spiegò Monel. — Non lavora, si arrabbia, non medita quando dovrebbe… le mie guardie hanno notato un mucchio di infrazioni, e te ne accorgeresti anche tu, se tenessi gli occhi aperti. Incideremo un segno sul gettone corrispondente a chi si comporta male. Più segni ci saranno meno cibo avrà.

Linc rimase a bocca aperta, e prima che avesse il tempo di intervenire, sentì la voce di Magda tagliente e gelida come un coltello. — E chi deciderà se qualcuno si è comportato male?

Il sorriso di Monel diede il voltastomaco a Linc. — La sacerdotessa, naturalmente — rispose Monel. — Con l’aiuto di questi pezzetti di plastica e di coloro che sanno come servirsene.