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Il monitore monotorretta Saugus incominciò a sparare con i Dahlgren gemelli da quindici pollici mentre la Texas si avvicinava. I due tiri erano troppo corti e i colpi piombarono nell’acqua come pietre, sollevando enormi zampilli di spruzzi. Poi gli altri monitori, la Chickasaw tornata di recente da Mobil Bay dove aveva contribuito a costringere alla resa la temibile corazzata confederata Tennessee, la Manhattan, la Saugus e la Nahant girarono le torrette, abbassarono le imposte degli oblò e vomitarono una tremenda ondata di fuoco che si abbatté sulla casamatta della Texas. Il resto della flotta si unì all’azione e fece ribollire come un calderone l’acqua intorno alla corazzata ribelle.

Attraverso il boccaporto del tetto, Tombs gridò a Craven: «Non riusciremo a danneggiare i monitori! Risponda al loro fuoco solo con il cannone di babordo. Faccia ruotare i cannoni di prua e di poppa per sparare contro le fregate!»

Craven eseguì gli ordini; dopo pochi secondi la Texas rispose al fuoco, facendo esplodere i proiettili attraverso lo scafo ligneo della Brooklyn. Uno penetrò in sala macchine, uccise otto uomini e ne ferì una dozzina. Un altro spazzò via un equipaggio impegnato febbrilmente ad abbassare la canna di un’arma da 32 libbre. Un terzo scoppiò sul ponte affollato, causando altri morti e altro caos.

Tutti i cannoni della Texas erano impegnati nell’opera di distruzione. Gli artiglieri caricavano e sparavano con precisione mortale. Non avevano bisogno di sprecare secondi preziosi per prendere la mira. Non potevano sbagliare: le navi yankee riempivano la visuale al di là degli oblò dei cannoni.

L’aria di Hampton Roads rintronava del rombo degli spari a mitraglia, dei proiettili che esplodevano e persino delle palle da moschetto sparate dai federali appollaiati in coffa. Il fumo densissimo avvolse ben presto la Texas e per gli artiglieri dell’Unione divenne difficile prendere la mira: sparavano contro i lampi che uscivano dalle bocche dei cannoni e sentivano il rimbombo quando i loro colpi centravano la corazza e rimbalzavano.

Tombs aveva la sensazione di navigare in un vulcano.

La Texas aveva superato la Brooklyn; sparò un colpo di commiato dal cannone girevole di poppa. Il proiettile passò così vicino all’ammiraglio Porter che lo spostamento d’aria gli tolse il fiato per qualche istante. Era furibondo nel vedere la facilità con cui la corazzata ribelle era riuscita a deflettere la bordata sparata dalla nave.

«Segnali alla flotta di circondarla e speronarla!» ordinò al capitano Alden.

Alden obbedì, ma sapeva che non c’erano molte probabilità di riuscita. Tutti gli ufficiali erano sbalorditi dall’incredibile velocità della corazzata. «Sta procedendo in modo troppo rapido, troppo perché una delle nostre navi possa centrarla con precisione», disse cupamente.

«Voglio che quei maledetti ribelli siano affondati!» ringhio Porter.

«Se per un miracolo riuscisse a superarci, non potrà mai sfuggire ai fortini e alla New Ironsides», dichiarò Alden per placare l’ammiraglio.

Come per sottolineare la sua affermazione, i monitori aprirono il fuoco mentre la Texas superava la Brooklyn e avanzava verso la seconda fregata dello schieramento, la Colorado.

La Texas era spazzata da un urlante pandemonio di morte. Gli artiglieri unionisti diventavano più precisi. Un paio di proiettili colpì a poppa del cannone di babordo con un impatto tremendo. Il fumo eruttò nella casamatta, mentre 38 pollici di ferro, legno e cotone venivano spinti con violenza all’interno per ben quattro piedi. Un altro colpo aprì un ampio cratere sotto il fumaiolo, e fu seguito da un proiettile che cadde nello stesso punto, sfondò l’armatura già danneggiata ed esplose sul ponte dei cannoni. L’effetto fu terribile: sei uomini uccisi e undici feriti, mentre brandelli di cotone e di legno prendevano fuoco.

«Per tutti i diavoli dell’inferno!» ruggì Craven che si era ritrovato solo in mezzo a una montagna di cadaveri, con i capelli strinati, gli abiti laceri e il braccio sinistro fratturato. «Prenda il tubo nella sala macchine e spenga questo maledetto incendio.»

L’ufficiale di macchina O’Hare si affacciò al boccaporto. Aveva la faccia annerita dalla polvere di carbone e rigata di sudore. «È molto grave?» chiese in tono sorprendentemente calmo.

«È meglio non saperlo», gli gridò Craven. «Pensi a tenere in funzione le macchine.»

«Non è facile. I miei uomini svengono per il caldo. Qui sotto è peggio dell’inferno.»

«Lo consideri un allenamento per quando ci finiremo tutti», ribatté Craven.

Poi un altro proiettile, come un pugno immane, investì la casamatta con un’esplosione assordante che squassò la Texas fino alla chiglia. In realtà le esplosioni furono due, così ravvicinate da essere indistinguibili. L’angolo anteriore di tribordo della casamatta fu squarciato come se una gigantesca mannaia si fosse abbattuta su di esso. Frammenti massicci di ferro e di legno si contorsero e si schiantarono in un’esplosione che falciò gli uomini del Blakely di prua.

Un altro proiettile sventrò la corazza ed esplose nell’infermeria della nave, uccidendo il medico di bordo e metà dei feriti che attendevano di essere curati. Il ponte dei cannoni sembrava ormai un mattatoio. La tolda, un tempo immacolata, era annerita dalla polvere da sparo e tinta di cremisi dal sangue.

La Texas era in difficoltà. Mentre attraversava veloce la zona del massacro, veniva letteralmente fatta a pezzi. Le scialuppe erano finite in mare assieme ai due alberi, il fumaiolo era ridotto a un crivello. La casamatta, a prua e a poppa, era un groviglio grottesco di ferro contorto e acuminato. Tre dei condotti del vapore erano tranciati e la velocità era diminuita d’un terzo.

Ma non era ancora paralizzata. Le macchine rombavano e tre cannoni gettavano nel caos la flotta unionista. Una bordata dilaniò la fiancata lignea della vecchia fregata a ruote Powhatan, fece esplodere una delle caldaie, devastò la sala macchine e causò la più grave perdita di vite umane registrata quel giorno a bordo di una nave dell’Unione.

Anche Tombs era stato ferito gravemente. Un frammento di shrapnel gli era penetrato in una coscia, un proiettile gli aveva solcato la spalla sinistra; tuttavia stava ancora acquattato dietro la timoniera e gridava istruzioni al capo pilota Hunt. Ormai l’olocausto era giunto quasi alla fine.

Guardò davanti a sé in direzione della New Ironsides, piazzata di traverso nel canale, con le armi formidabili della fiancata cariche e puntate contro la Texas. Studiò i cannoni di Fortress Monroe e di Fort Wool, che erano stati messi egualmente in posizione, e con una stretta al cuore si rese conto che non avrebbero potuto farcela. La Texas non poteva reggere altri colpi. Un altro incubo spietato come quello e la sua nave si sarebbe ridotta a un guscio impotente, impossibilitata a evitare l’annientamento per opera dei monitori yankee che la stavano inseguendo.

E l’equipaggio, pensò… Uomini che non si curavano più di vivere e pensavano soltanto a caricare i cannoni, a sparare e ad alimentare le macchine. Coloro che erano ancora vivi dimostravano un eroico spregio della propria vita, ignoravano i compagni morti e facevano il loro dovere.

Il cannoneggiamento era cessato e aveva lasciato il posto a uno strano silenzio. Tombs puntò il cannocchiale sulle strutture superiori della New Ironsides, e vide quello che doveva essere il comandante: stava appoggiato al parapetto blindato e l’osservava a sua volta attraverso un cannocchiale.