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«Sta bene: perché tu comprenda la futilità di tutto questo e capisca il silenzio della Madre e del Padre, te lo dirò. Ma ricorda le mie parole: forse potrò causare la rovina di tutti. Forse brucerò la Madre e il Padre nel calore di un forno! Ma facciamo a meno di lunghi preamboli e di linguaggi altisonanti. Facciamo a meno dei miti morti nella sabbia il giorno in cui il sole splendette sulla Madre e sul Padre. Ti dirò ciò che rivelano tutti i rotoli lasciati dal Padre e dalla Madre. Posa la candela e ascoltami.»

10.

«Se sapessi decifrarli», cominciò l’Anziano, «i rotoli ti direbbero che abbiamo due esseri umani, Akasha ed Enkil, giunti in Egitto da una terra più antica. Era un tempo anteriore alla scrittura e alle piramidi, quando gli egizi erano ancora cannibali e si nutrivano dei corpi dei nemici.

«Akasha ed Enkil convinsero il popolo ad abbandonare queste consuetudini. Erano adoratori della Buona Madre Terra e insegnarono agli egizi a seminare e allevare animali domestici per avere carne e latte e pelli.

«Con ogni probabilità non erano soli quando insegnarono queste cose; erano piuttosto i capi di un popolo venuto con loro da città più antiche, i cui nomi sono oggi perduti sotto le sabbie del Libano e i cui monumenti non esistono più.

«Erano comunque sovrani benigni, quei due, solleciti del bene degli altri, come la Buona Madre era la Nutrice e voleva che tutti gli uomini vivessero in pace; e decidevano tutte le questioni di giudizio in questa terra nascente.

«Forse sarebbero passati nel mito in una forma benigna se non fosse accaduto qualcosa nella casa dell’intendente reale. Tutto cominciò con le smanie di un demone che scagliava intorno i mobili.

«Non era altro che un demone comune, come se ne sentono nominare in tutte le terre e in tutti i tempi. Entra nel corpo di un innocente e grida a gran voce attraverso la sua bocca, e può indurre l’innocente a urlare oscenità e inviti carnali a tutti. Hai sentito parlare di queste cose?»

Annuii. Gli dissi che si sentivano spesso casi del genere. Si diceva che un demone di quel genere si fosse impossessato a Roma di una vergine vestale, la quale faceva proposte oscene a quanti le stavano intorno, fino a che la sua faccia diventava violacea per lo sforzo e quindi sveniva. Ma alla fine il demone era stato scacciato. «Secondo me, era semplicemente pazza», commentai, «e quindi non era adatta al ruolo di vestale, diciamo…»

«Certo!» esclamò l’Anziano in tono ironico. «Anch’io penserei la stessa cosa, e altrettanto farebbero quasi tutti gli uomini intelligenti che camminano per le vie di Alessandria. Tuttavia queste storie vanno e vengono. E se sono notevoli per una caratteristica, è che non influiscono sul corso degli eventi umani. Sono demoni che sconvolgono una famiglia, una persona, quindi si dileguano nell’oblio e noi ci ritroviamo al punto di partenza.»

«Precisamente», dissi.

«Ma quello era l’Egitto più antico. Era il tempo in cui gli uomini fuggivano nel sentire il tuono o divoravano i corpi dei defunti per assorbirne l’anima.»

«Capisco.»

«Il buon re Enkil decise di rivolgersi personalmente al demone che s’era insediato nella casa dell’intendente. Era qualcosa che turbava l’armonia, diceva. Naturalmente i maghi reali chiesero il permesso di provvedere alla cacciata del demone. Ma il re voleva fare del bene a tutti: era convinto che tutte le cose fossero unite nel bene e che tutte le forze dovessero procedere sullo stesso corso divino. Decise di parlare al demone, di tentare di imbrigliarne il potere, per così dire, nell’interesse del bene comune. E soltanto se non vi rosse riuscito, avrebbe consentito che il demone venisse scacciato.

«Quindi andò nella casa dell’intendente dove i mobili venivano scagliati contro i muri e il vasellame andava in frantumi e le porte sbattevano. Incominciò a parlare al demone e lo invitò a rispondergli. Tutti gli altri fuggirono.

«Passò una notte intera. Poi il re uscì dalla casa infestata e disse cose sorprendenti:

«‘Questi demoni sono sciocchi e infantili’, spiegò ai maghi. ‘Ma ho studiato il loro comportamento e ho appreso perché impazzano. Sono esasperati perché non hanno un corpo e non possono provare ciò che noi proviamo. Spingono gli innocenti a urlare oscenità perché non possono conoscere i riti dell’amore e della passione. Possono muovere le partì del corpo ma non possono veramente abitarle, perciò sono ossessionati dalla carne che non riescono a invadere. E con i loro deboli poteri urtano gli oggetti, fanno torcere e sobbalzare le loro vittime. Questo desiderio di essere carnali è all’origine della loro collera, è l’indicazione della loro sofferenza.’ E con queste pie parole il re si accinse a rinchiudersi nelle stanze infestate per apprendere di più.

«Ma questa volta la moglie si mise tra lui e il suo intento. Non volle che restasse con i demoni e lo esortò a guardarsi allo specchio. Era invecchiato incredibilmente nelle poche ore che aveva trascorso da solo in quella casa.

«E, poiché il re non si lasciò dissuadere, la regina si rinchiuse con lui; e quanti attendevano fuori della casa udirono gli schianti e gli urti e temettero di dover sentire i sovrani che gridavano o farneticavano con le voci degli spiriti. Il fracasso era allarmante, e i muri s’incrinavano.

«Tutti fuggirono come prima, eccettuato un gruppetto di uomini molto interessati agli avvenimenti. Fin dall’inizio del regno erano nemici del re. Erano vecchi guerrieri che avevano comandato le campagne d’Egitto in cerca di carne umana, e ne avevano abbastanza della bontà del re, e della Buona Madre e delle coltivazioni; e vedevano in quell’episodio con lo spirito non solo un’altra assurdità vana del re, ma anche una situazione che offriva loro un’occasione eccellente.

«Al cader della notte penetrarono nella casa infestata. Non avevano paura degli spiriti, come non ne hanno i ladri che rubano nelle tombe dei faraoni. La loro fede non è abbastanza forte da dominare l’avidità.

«E, quando videro Enkil e Akasha insieme al centro della camera piena di oggetti che volavano, assalirono il re e lo trafissero come i senatori romani hanno trafitto Cesare; e quindi pugnalarono l’unica testimone, la consorte.

«E il re gridò: ‘No, non capite cosa avete fatto? Avete dato agli spiriti un modo di entrare! Avete aperto loro il mio corpo. Non capite?’ Ma gli uomini fuggirono, convinti di aver ucciso il re e anche la regina che stava inginocchiata e reggeva la testa del marito. Entrambi perdevano sangue da innumerevoli ferite.

«I cospiratori aizzarono la popolazione. Sapevano tutti che il re era stato ucciso dagli spiriti? Avrebbe dovuto lasciare i demoni ai suoi maghi, come avrebbe fatto ogni altro sovrano. Presero le torce e si recarono alla casa infestata, dov’era sceso un silenzio totale.

«I cospiratori esortarono i maghi a entrare, ma quelli avevano paura. ‘Allora andremo noi a vedere cos’è accaduto’, dissero i malvagi, e spalancarono le porte.

«Il re e la regina stavano loro di fronte, calmissimi. Le loro ferite si erano rimarginate, e i loro occhi avevano assunto una luce strana, la pelle un riflesso candido, i capelli uno splendore magnifico. Uscirono dalla casa mentre i cospiratori fuggivano atterriti; congedarono il popolo e i sacerdoti e rientrarono da soli nel palazzo.

«E, sebbene non si confidassero con nessuno, sapevano cos’era loro accaduto.

«Il demone era penetrato attraverso le ferite quando la vita mortale stava per abbandonarli. Ma aveva permeato il loro sangue nel momento crepuscolare in cui il cuore s’era quasi fermato. Forse era la sostanza che aveva sempre cercato nella sua furia, la sostanza che aveva cercato di trarre dalle sue vittime senza riuscire mai a causare ferite sufficienti prima che le vittime morissero. Ma adesso era nel sangue, e il sangue non era soltanto il demone o il sangue del re e della regina, bensì una combinazione dell’umano e del demoniaco, e questa era una cosa completamente diversa.