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Un riflettore dalla luce tenera inquadrò il punto dove mi trovavo, con gli abiti striati di sudore sanguigno, i capelli aggrovigliati, il mantello che mi pendeva da una spalla.

Nelle grandi fauci spalancate dell’attenzione ebbra ed estatica, alzai la voce lentamente in modo che ogni frase risuonasse chiara:

Questa è l’Età dell’Innocenza, la vera Innocenza, tutti i vostri demoni sono visibili, tutti i vostri demoni sono materiali.
Chiamateli sofferenza, chiamateli fame, chiamateli guerra.
Non avete più bisogno del male mitico.
Cacciate i diavoli e i vampiri con gli dèi che più non adorate.
E ricordate: l’uomo con le zanne porta un manto. Ciò che passa per incanto è un incanto.
Capite ciò che vedete quando vedete me! Uccideteci, fratelli e sorelle, tra noi c’è la guerra.
Capite ciò che vedete quando vedete me.

Chiusi gli occhi nella cerchia di applausi. Che cosa applaudivano veramente? Che cosa celebravano?

La luce del giorno artificiale nell’auditorium gigantesco. I vampiri autentici stavano sparendo tra la folla. I poliziotti in uniforme erano saltati sul palcoscenico per formare una fila compatta davanti a noi. Alex mi tirò per un braccio quando passammo oltre il sipario.

«Ehi, dobbiamo scappare. Hanno circondato la maledetta berlina. E tu non ce la farai ad arrivare alla tua macchina.»

Dissi che no, dovevano andare e salire sulla berlina, e filare via subito.

E sulla mia sinistra vidi la faccia dura e bianca di uno dei vampiri veri mentre si faceva largo a spintoni tra la calca. Era vestito di pelle nera, come i motociclisti, e i serici capelli preternaturali erano un lucente casco nero.

Il sipario si stava strappando e il pubblico invadeva il palcoscenico. Louis era al mio fianco. Vidi un altro immortale sulla mia destra, un maschio magro e ghignante dai minuscoli occhi neri.

Un soffio d’aria fredda mentre uscivamo nel parcheggio e un pandemonio di mortali che si agitavano, i poliziotti che urlavano per imporre ordine, la berlina che dondolava come una barca mentre Tough Cookie e Alex e Larry venivano spinti a bordo. Una delle guardie del corpo mi aveva acceso il motore della Porsche, ma i ragazzi battevano sul tettuccio e sul cofano come se fosse un tamburo.

Dietro il vampiro dai capelli neri ne apparve un altro, una donna. Tutti e due si avvicinavano inesorabilmente. Cosa credevano di poter fare?

Il gigantesco motore della berlina ruggiva come un leone contro i ragazzi che non davano strada, e le guardie in motocicletta facevano rombare i loro motori più piccoli che vomitavano fumi e rumore tra la folla.

Adesso i tre vampiri stavano per circondare la Porsche. La faccia del maschio più alto era sfigurata dal furore. Una spinta del braccio poderoso sollevò la macchina nonostante i giovani che vi stavano aggrappati. Ancora un attimo e si sarebbe capovolta. Sentii Louis che si girava, sentii il suo pugno colpire pelle e ossa soprannaturali dietro di me, sentii una maledizione bisbigliata.

Tutti i mortali incominciarono a urlare. Un poliziotto esortava la folla a disperdersi gridando attraverso un altoparlante.

Corsi in avanti facendo cadere parecchi adolescenti e bloccai la Porsche un momento prima che si rovesciasse sul dorso come uno scarabeo. Mentre cercavo di aprire la portiera, mi sentii schiacciato dalla folla. Da un istante all’altro sarebbe scoppiato il finimondo, una fuga generale.

Fischi, urla, sirene. Louis e io venimmo spinti l’uno contro l’altro. Poi il vampiro vestito di pelle salì sull’altro lato della Porsche, e una grande falce argentea lampeggiò nella luce dei riflettori quando la fece roteare sopra la testa. Sentii il grido d’avvertimento di Louis, vidi con la coda dell’occhio il balenio di un’altra falce.

Ma uno strido ultraterreno lacerò quella confusione, e il vampiro, in un lampo accecante, esplose in fiamme. Un’altra vampata scaturì accanto a me. La falce piombò sul cemento. A qualche metro di distanza un’altra figura di vampiro arse in un guizzo crepitante.

La folla era in preda al panico. Chi si precipitava di nuovo verso l’auditorium, chi correva nel parcheggio o dove capitava, per sfuggire alle figure turbinanti che bruciavano nei loro inferni personali mentre i loro arti si dissolvevano sulle ossa. Vidi altri immortali che si allontanavano a velocità invisibile nella lenta ressa umana.

Louis era stupefatto mentre si voltava verso di me, e senza dubbio la mia espressione di stupore lo sbalordì ancora di più. Non era stato uno di noi due! Non ne avevamo il potere. Conoscevo un solo immortale capace di tanto.

Ma all’improvviso fui scagliato all’indietro dalla portiera che si apriva. Una mano bianca, piccola e delicata, si tese per tirarmi a bordo.

«Presto, tutti e due!» disse in francese una voce femminile. «Cosa aspettate, che la Chiesa lo proclami un miracolo?» Fui trascinato sul sedile prima di rendermi conto di ciò che stava accadendo, e mi tirai addosso Louis che fu costretto a scavalcarmi per passare dietro.

La Porsche partì con un sobbalzo disperdendo i mortali in fuga davanti ai fari. Fissai la figura snella che stava al volante accanto a me, con i capelli biondi sciolti sulle spalle, il cappello di feltro calcato sugli occhi.

Avrei voluto abbracciarla e soffocarla di baci, stringerla a cuore a cuore e dimenticare tutto. Al diavolo quei novizi idioti. Ma poco mancò che la Porsche si rovesciasse, quando lei svoltò bruscamente a destra, fuori dal cancello, nella strada affollata.

«Gabrielle, ferma!» gridai, posandole la mano sul braccio. «Non sei stata tu a bruciarli così…»

«No, naturalmente», rispose lei in francese, lanciandomi una rapida occhiata. Era irresistibile, mentre con due dita girava di nuovo il volante e ci lanciava in un’altra curva a novanta gradi. Eravamo diretti verso la superstrada.

«Allora ci stai portando lontano da Marius!» dissi. «Fermati.»

«Lascia che pensi lui a far esplodere il furgone che c’insegue!» ribattè Gabrielle. «Poi mi fermerò.» Premeva l’acceleratore al massimo, e teneva gli occhi fissi sulla strada, le mani strette sul volante fasciato di pelle.

Mi voltai a guardare, oltre la spalla di Louis, un veicolo mostruoso che si avvicinava a velocità sorprendente… sembrava un gigantesco carro funebre, nero e ingombrante, con una quantità di denti cromati sul muso tozzo, e quattro vampiri che ghignavano dietro il parabrezza azzurrato.

«Non possiamo districarci in mezzo a questo traffico per distanziarli!» dissi. «Torna indietro. Torna all’auditorium. Gabrielle, torna indietro!»

Ma lei proseguì, serpeggiando all’impazzata tra le macchine e costringendone molte a portarsi sul bordo della strada.

Il furgone stava riducendo le distanze.

«È una macchina da guerra, ecco che cos’è», disse Louis. «L’hanno attrezzata con un paraurti di ferro. Cercheranno di speronarci, quei mostriciattoli.»

Oh, avevo sbagliato. Li avevo sottovalutati. Avevo calcolato le mie risorse nell’era moderna, ma non le loro.

E ci stavamo allontanando sempre di più dall’unico immortale che poteva farli esplodere. Bene, mi sarei occupato di loro con molto piacere. Tanto per incominciare gli avrei mandato a pezzi il parabrezza, e poi gli avrei strappato le teste, a uno a uno. Aprii il finestrino, mi sporsi a metà nel vento che mi agitava i capelli e fissai le loro facce bianche.