"Sai che ha fatto? Ha allungato le mani, è un porco, sembra uno fichissimo sullo schermo e invece fa schifo."
Oppure è lui che si sfoga. "Non sai, bacia malissimo! E in più
ha un alito terribile, un corpo flaccido… Mi dovrebbero dare il doppio dei soldi solo per girare quella scena con lei…"
E Alex continua così, come ubriaco dentro il suo dolore senza però aver bevuto un goccio. Cerca di dare un senso a questa vita, ma in certi casi è proprio come dice Vasco, quando si soffre così, la vita un senso non ce l'ha. Non ce l'ha senza l'amore. Senza te, Niki. E continua quel frullato. "Tanti giorni in tasca tutti lì da spendere. Ma perché adesso senza te mi sento come un sacco vuoto, come un coso abbandonato?" E continua a mettere le canzoni di Battisti come se in qualche modo solo lui e Mogol sapessero veramente di cosa Alex stia parlando, come se solo loro due al mondo sapessero veramente quale dolore infinito è perdere l'amore. E resiste e soffre in silenzio, e porta avanti la sua vita come se fosse tutta aggrappata a delle grosse funi, e se le aggancia alle spalle, quale giogo di bue, e trascina soffrendo il peso della vita, giorno dopo giorno, al lavoro, in ufficio, scherzando e ridendo con tutti come se nulla fosse successo, tra la gente, per strada, nei negozi, dall'alimentari e ancora tra i suoi amici, la sera, in quell'unico silenzio che ogni tanto gli è permesso. Eppure resiste, passano le settimane e resiste. E gli sembra impossibile. E ogni sera gli sembra ancora più dolorosa, come se mettesse spazio oltre che tempo tra tutto ciò che aveva e quella improvvisa partenza per un viaggio non previsto, magari senza ritorno. Tutto è finito? Sul serio è tutto finito? No. Non può essere. E vivere in questa incertezza fa ancora più male. È come se Alex volesse rimanere nel dubbio, non sapere bene fino in fondo cosa sarà di loro, quella stessa frase che si erano detti sempre allegramente, quasi prendendosi in giro… lo scopriremo solo vivendo. E ora? Cosa rimane ora da scoprire? Forse il nulla del loro silenzio. Freddo, cinico, perfido, cattivo, divertito. Ah, terribile. E allora solo quella canzone. Orgoglio e dignità. All'infinito. Resistere. "Lontano dal telefono. Sennò… si sa."
Centoventiquattro
Il parco di Villa Pamphili è illuminato da un bel sole. Molte persone si godono una breve passeggiata prima del pranzo domenicale. Enrico spinge il passeggino mentre Ingrid ride indicando dei bambini che corrono più in là.
"Che fai?" chiede voltandosi indietro. Anna si è fermata a guardare una quercia molto grande. La osserva con attenzione.
"Hai visto quant'è bello quest'albero? È sanissimo. Mi piace."
"Sei un'ecologista, eh?"
"Sì, e gli alberi sono importantissimi… Sai, no, che fissano il carbonio…"
"Io so che fanno fresco d'estate… Ingrid, che c'è? Non ti sporgere così." La bambina sta cercando di prendere un sonaglio che le è caduto per terra. Anna fa una piccola corsa, li raggiunge e si inginocchia a raccoglierlo. Lo porge a Ingrid che ride. Anna si alza e ricominciano a camminare, ora vicini.
"Come mai così appassionata di natura?"
"È stato mio padre… mi ha insegnato molto facendomi capire l'importanza di amare, capire e proteggere l'ambiente. Mi portava con sé in lunghe passeggiate in campagna e collina, andavamo al mare, in bicicletta, insomma sempre in giro e senza automobile. Mi divertivo tanto. Sapeva spiegarmi ogni cosa, il nome di ogni animale, perché si comportava così, come mai quell'albero aveva le foglie di quella forma e tante altre cose… Mio padre era forte. Si era trasferito a Roma quando aveva solo vent'anni per lavorare come grafico e ce l'ha fatta."
"E dove abitava prima?" chiede Enrico sistemando un po'"meglio il giubbottino di Ingrid.
"In Olanda. Mio padre era olandese. Ecco perché sono così bella e bionda!" Anna scuote un po'"i capelli con aria provocatoria. Ma poi non resiste e si mette subito a ridere. Enrico la guarda. In effetti è proprio bella. Ma Anna è già oltre. Parla velocemente guardando avanti a sé. "See! Scherzavo… bella, proprio no. Ma
bionda sì! Comunque era un grande uomo… è morto tre anni fa… e mi manca tantissimo…"
Un velo di tristezza si posa improvviso sugli occhi di Anna. Si ferma e si avvicina al passeggino di Ingrid per giocarci un po', un modo per allontanare quella nostalgia che difficilmente passa. Enrico la guarda di nuovo. E sente una dolcezza improvvisa che lo avvolge. Vorrebbe quasi abbracciarla per consolarla da quei pensieri! Riprendono la passeggiata.
"La cosa più bella che mi ha insegnato, comunque, è l'amore. Ha amato tantissimo mia madre, che è romana. Sono stati una coppia fantastica, uniti, complici. Per questo ho le mie idee sul matrimonio. Non mi voglio accontentare di una storia così, tanto per fare… per me dev'essere qualcosa di unico, intenso, un progetto vero di due persone che si adorano e si aiutano a vicenda, che si piacciono molto e anche dopo tanti anni hanno voglia di baciarsi… come succedeva ai miei genitori che si cercavano sempre anche fisicamente…" continua Anna.
Un vento leggero le scuote i capelli, mandando un ciuffo sugli occhi. Lei lo scosta delicatamente e continua a camminare.
"E quindi il tuo sogno è sposarti?" chiede Enrico.
"Il mio sogno è una famiglia, come formalizzarla poi uno lo vede lì per lì. Ma una famiglia solida, allegra, vera, che non si rompe alle prime difficoltà… una famiglia composta da un uomo e una donna che si rispettano davvero, che vogliono il bene dell'altro e non si arrendono… ma vedo che troppo spesso non è così. Oggi le coppie si rompono al primo problema, sembra che stiano insieme solo perché è di moda essere coppia, non perché ci credono davvero… Hai visto quanti matrimoni finiscono dopo pochissimo tempo?" Poi Anna si blocca. Certo che l'ha visto… È successo anche a lui. "Scusami, Enrico… non volevo dire…"
Enrico sorride un po'"amaramente. "Non ti preoccupare… hai ragione… anch'io la penso come te. Solo che poi mi guardo intorno e vedo anche i miei amici, Flavio, Pietro, lo stesso Alex, nemmeno le loro storie vanno bene… La nostra società si modifica e alla fine uno si deve accontentare non di realizzare il suo sogno ma quello comune… che è meno bello e romantico… "i castelli in aria che si costruiscono con poca spesa sono costosi da demolire…""