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"Ok, non me lo perdo…"

"È quasi pronto… ma accomodati. Te lo porto di qua" e sparisce ancora per tornare dopo qualche istante con un piccolo vassoio, due tazzine colorate e due ciotoline di zucchero, di canna e normale. Appoggia tutto sul tavolo davanti al divano su cui Susanna si è appena seduta. E le si mette accanto.

"Prego…"

Susanna prende il cucchiaino, sceglie lo zucchero di canna e lo aggiunge al caffè. Inizia a girare. Poi beve.

"Mmm… ma è fortissimo!"

"Eh… il caffè d'orzo corretto con un goccio di Baileys, il caffè alla kick! Forte come un pugno… nell'occhio dei mariti!" e sorride bevendo anche lui.

"Dai, Susanna, non ho mai avuto modo di parlartene ma è da tanto che ti osservo e ci penso. Sei una donna bellissima, allegra, determinata. Una madre che non si arrende mai, una donna che può dare e dà tanto. Fidati… e lanciati ancora nella vita… ci sono tante cose che puoi scoprire e apprezzare… Te lo meriti. So che te lo meriti." Davide appoggia la sua tazzina ormai vuota sul vassoio. Prende quella di Susanna dalle sue mani. Poi la guarda. E le sorride. E lei si imbarazza e distoglie lo sguardo. E lui le prende dolcemente il mento e la tira a sé. E un bacio lento, caldo, tenero e poi più intenso cattura Susanna. E non sa che pensare. E non vuol più pensare. Si lascia andare a quell'abbraccio che diventa avvolgente, e il divano è comodo, e si ritrovano così, sempre più uniti. E passa il tempo. E non sa quanto. Indefinito. Poco o tanto non saprebbe dire. Sa solo, Susanna, di essere felice. Per un po'"dimentica tutto. Leggera. Se stessa.

Davide l'abbraccia forte e lei si copre col plaid giallo in pile, piegato ordinatamente fino a poco prima sul bracciolo del divano.

"Sai… l'altra volta quando mi accompagnasti a casa…"

"Eh…"

"Pensavo ci provassi e invece… mi sono detta: mica sarà gay?"

"Eh, se non ci proviamo siamo gay, se ci proviamo siamo i soliti porci, insomma, non andiamo mai bene…"

"No no, tu vai bene, eccome…" E Susanna si stringe di più a lui. E poi sorride serena, senza pensare a niente.

Centoventinove

Una canzone piano piano si diffonde nella macchina. Lovelight. È la musica perfetta. Niki sorride sempre senza aprire gli occhi. Cosa dice quella canzone? Ah, sì… "What am l supposed to do to keep from going under? Now you're making holes in my heart and yes it's starting to show…" Che buffo. Non ci aveva mai pensato. E poi sente accelerare e poco dopo sono nella campagna laziale, sull'Aurelia verso Civitavecchia. Verso il mare. Cambia il verde degli alberi per lasciare posto ai campi di grano, ai colori più chiari, alle ginestre ancora nascoste. Cambiano le piante, giovani ulivi lungo la strada si inchinano in saluti notturni, piegati dal fresco vento marino, brillano le loro mille foglie argentate baciate dai riflessi della luna. La station wagon blu con le tavole sopra rallenta ed esce dall'Aurelia. Si infila in una strada sterrata, trotterella, rimbalzando sui sassi rotondi, tra fronde di rami impolverate che leggere la accarezzano al suo passaggio, e un dolce raschiare accompagna per un po'"la macchina fin giù alla spiaggia, poi l'abbandona. Continua così a viaggiare, ora più silenziosa. Poco dopo si apre di fronte a loro il mare. Ecco la grande sfida. Il mare e la sua forza. Il mare e il suo potente respiro. Il mare e la sua rabbia divertita. Grosse onde si riversano sulla spiaggia. Schioccano cavalloni marini, spumeggiando imbizzarriti, corrono fino al bagnasciuga ed esplodono sui piccoli scogli che delimitano quella spiaggia. Alcune macchine con i fari accesi rivolti verso il mare dipingono di luce quelle onde. Surfisti spericolati appaiono e scompaiono scivolando sulle creste, scendendo giù come impavidi sciatori marini. "Yuuu!" Si sentono le urla fino a terra, mentre sulla spiaggia fuochi accesi con legna di pino e qualche vecchia trave di barche affondate chissà quando, crepitano riscaldando qualche surfista appena uscito dall'acqua, che racconta esaltato le sue precedenti gesta perdute nel buio della notte.

"Sei pronta?" Guido le sorride e scende dalla macchina.

"Sempre pronta per questo." Scende anche Niki e lo aiuta a

scaricare le tavole. Subito dopo le poggia per terra, si infila in macchina e inizia a spogliarsi, ma si ferma quando si accorge che lui è lì vicino. "Ehi… Mi puoi lasciare un po'"sola?"

Guido si volta. "Certo."

Niki spegne la luce interna. Poi lentamente controlla in giro. Ecco. Non c'è nessuno, è nel buio. Comincia a togliersi i vestiti, poi si infila la muta. Le sta perfetta. Scende dalla macchina, ripiega la camicia, il maglione, i pantaloni e li poggia sui sedili posteriori.

"Guido?"

Un attimo dopo è davanti a lei. "Ecco fatto, è tutto a posto?"

"Sì." Si è cambiato anche lui. Mette i vestiti vicino ai suoi, chiude la macchina e nasconde le chiavi sulla ruota davanti. "Le ho messe qui eh, per qualunque cosa…"

"Shhh! E se ti sentono?" chiede Niki.

Guido alza le spalle. "Embè, non c'è nulla da rubare." E le fa gesto con il capo indicando verso il mare. "Andiamo?"

"Sì."

Prendono le tavole, se le infilano sotto il braccio e vanno verso l'acqua. Poi un pensiero improvviso. Non ho detto nulla a Olly, Erica, Diletta. Forse mi stanno cercando, si preoccuperanno… I miei… Devo avvisare i miei. Ma subito un'altra riflessione. Quanto tempo è che mi preoccupo di tutto? Troppo. Ora è notte ed è tutto bellissimo. Niki piano piano abbandona i suoi pensieri e ogni passo è un po'"di tranquillità in più. La sabbia è fredda. Passano vicino a un fuoco, intorno ci sono dei ragazzi. Stanno cucinando qualcosa.

"Ehi, Guido, ve ne tengo due… Così quando finite vi scaldate un po'! Ok?"

"Certo, grazie, Clà!" Poi si rivolge a Niki. "Così quando usciamo ci mangiamo due salsicce e un po'"di birra, ti va?"

"Sì, certo…" Alla fine dimentica le sue amiche, i suoi genitori, il resto del mondo. "Ehi, è fredda." Entra anche lei e si distende subito sulla tavola. "Sì, è freddissima. Ma è una ficata di notte… Non l'avevo mai fatto." Dà due bracciate veloci e poco dopo viene presa dalla prima corrente e in un attimo è al largo. Persa nel buio, tra i fasci di luce delle macchine sulla spiaggia, la luna lontana e non piena. Niki guarda verso il mare aperto aspettando l'onda. Qualcosa la sfiora ma non ha paura. Deve essere un pesce, anche grosso. Silenzio. Nessun pensiero ora. Né amiche, né genitori. È sola in mezzo al mare di notte. E la cosa strana è che neanche per un attimo ha pensato ad Alex. Ma si sente leggera. Leggera. Da

quant'è che non viveva un momento come questo? Da tanto. Da troppo tempo. E quasi per magia ecco che sente il mare sotto di lei ritirarsi, si gonfia, come un grande, profondo respiro. E l'arrivo di un'onda importante e Niki lo sa. Non ha bisogno di vederla per capirlo. Fa velocemente delle bracciate verso il largo e poi si ferma, gira su se stessa, appena in tempo, la tavola viene presa da sotto dall'acqua e inizia a correre nella sua scia potente. Per Niki è un attimo, si piega sulle gambe e salta su, in piedi, senza incertezze, segue l'onda, gioca con la tavola, ci passeggia sopra, si sposta ora a destra, ora a sinistra, facendo piccole curve, salendo e scendendo veloce sulla ripida pancia dell'onda. Ogni tanto incrocia qualche altro surfista, lo supera, lo schiva e prosegue nel suo gioco. Scende e sale, appare e scompare, lei meravigliosa cavallerizza su quei cavalloni selvaggi fatti d'acqua che nitriscono spumeggiando, si increspano sotto di lei, fino a quando, dopo averne domati alcuni, riesce perfino ad infilarsi in un tubo. Accarezza con la mano la parete dell'acqua che le sfila accanto e poi si fa portare da quell'ultima onda, dolcemente a riva. Mentre si sta levando lo strep dalla caviglia le si avvicina Guido.