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"Ah già…"

Niki scuote la testa. "Telefono…"

Alex si appoggia a lei. "So già a chi…"

"Pronto, mamma…"

"Niki, ma mi avevi detto che rientravi a casa. Ti avevo preparato anche qualcosa da mangiare… Sono tornata e non c'eri!"

"Allora siediti."

"Oddio, che ti è successo? Che mi devi dire? Non mi fare preoccupare…"

"Niente di preoccupante. Per festeggiare, Alex e io andiamo quattro giorni fuori."

"E dove? E a festeggiare che?"

"A New York!"

"E dai, Niki! Beata te che hai sempre voglia di scherzare. Senti, torna presto perché devo uscire con tuo padre, che abbiamo teatro, e non mi va di lasciare tuo fratello di nuovo da solo." E chiude.

"Pronto, mamma? Mamma?" Si gira verso Alex. "Non ci credo! Ha chiuso! Oh, io ho provato a dirglielo per la seconda volta. Prima dice che ci dobbiamo raccontare tutto ma proprio tutto, e poi ogni volta che cerco di dirle qualcosa in più, qualcosa di diverso dal solito… mi chiude il telefono in faccia… Valle a capire le mamme!"

Alex sorride. "Tieni."

"Cos'è?"

"Dentro questa sacca c'è una camicia da notte, tutti i trucchi che hai lasciato nel mio bagno, una camicia e un maglione per domani mattina, la tua biancheria intima… E lo spazzolino da denti che tanto ami…"

"Amore" lo stringe forte, si ferma in mezzo all'aeroporto e lo bacia. Un bacio lungo, morbido, caldo, innamorato… Alex apre gli occhi. "Amore…"

"Sì?" Niki risponde con aria sognante.

"Ci sono due guardie che ci osservano…"

"Sono invidiose."

"Ah… Sì, certo, però non vorrei che ci mettessero dentro per oltraggio al pudore…"

"Embè?"

"Embè, non vorrei perdere l'aereo."

"Ora mi hai convinto!" E cominciano a correre veloci verso l'imbarco. Poi di colpo Niki si ferma. "Amore… Ma c'è un problema assurdo, tremendo, drammatico."

Alex la guarda spaventato. "Quale, che non parli inglese?"

"Macché… stupido! io non ho il passaporto…"

"Io sì!" Alex sorride e lo tira fuori dalla tasca. Niki lo prende e lo apre.

"Ma questo è il tuo, con le bande magnetiche come va fatto adesso…"

Alex mette la mano nell'altra tasca. "E questo il tuo… Con le stesse bande magnetiche!"

"Ma dai… Me lo hai fatto fare!"

"In due giorni."

"E come ci sei riuscito?"

"Avevo tutti i tuoi dati, fototessera e quant'altro… E anche la tua firma, ti ricordi che ti avevo fatto firmare un foglio? Era per questo."

"Ho capito, ma in due giorni?"

"Non lo sai? Procedura speciale… Vai a fare un servizio fotografico a New York per la nuova campagna!"

"Bene! Mi piace questa cosa! E pagano tutto loro?"

"No… Eh, quello no…"

"Eh no, Alex, allora non vale. Io voglio dividere il viaggio… Eh scusa, festeggiamo come hai detto tu il nostro grande unico e personalissimo successo… E merito di tutti e due, appartiene a tutti e due e va diviso tra tutti e due…"

"Amore, ma ho scelto il top del top…"

"Cioè?"

"Se dividiamo sei mia debitrice a vita!"

"Cafone. Non dovevi dirlo quanto costava."

"Ma infatti non l'ho detto…"

"Sì, ma lo hai fatto capire."

Salgono sul pullman. Niki improvvisamente ha un'idea. "Allora facciamo così. Il nostro prossimo grande unico personalissimo successo, che da adesso in poi si chiamerà G. U.P. S… lo festeggeremo a spese mie dove dico io…!"

"Ok, sono d'accordissimo! Che bello, mi piace un sacco l'idea di andare in vacanza a Frascati!"

Niki gli dà una botta forte sulle spalle. "Ahia! E perché questo?"

"Cafone…"

"Di nuovo? Ma che ho detto?"

"Hai fatto capire…"

"Ma che cosa?"

"Che andiamo in un posto vicino e che costa poco."

"Ah, io non avevo capito!"

"Sì, bugiardo…"

Si avvicinano al bancone del check- in. "Prego" e Alex prende i passaporti, insieme ai biglietti.

"Avete dei bagagli da imbarcare?"

"Ah già… Il tuo è pieno di trucchi, devi mandarlo così per forza. Che scocciatura."

"Meglio, così viaggiamo leggeri."

"Metto anch'io la mia per solidarietà."

La hostess si affaccia e vede due piccole sacche. "Tutto qui?"

"Sì."

Fa una faccia perplessa, poi alza le spalle, ormai ne avranno viste di tutti i colori e quella in fondo è solo una piccola stranezza.

"Ecco qua i vostri biglietti. 3A e 3B. Buon viaggio."

Trentotto

Ma che giorno è? Si controlla per l'ennesima volta allo specchio. Cerca distrattamente un indizio, qualcosa sul viso, ma non vede niente. Nessun segnale. Meglio. Almeno stavolta non dovrò usare come sempre il correttore. Che fortuna. Avrò avuto qualche sbalzo, come si dice. Ma sì, un po'"di stress che ha sballato tutto. E c'ho guadagnato zero brufoli! Una volta tanto. Prova a convincersene guardandosi un'ultima volta allo specchio. Niente. La sua solita faccia solare e serena, circondata dai capelli chiari e luminosi. Mah. Va in camera e si veste per uscire. Il cellulare vibra. Un messaggino. Diletta lo prende e legge. "Passo stasera alle otto, il film inizia alle otto e quaranta! Baci cinematografici!" Che scemo. A volte è proprio un bambino. Diletta sorride e si infila le ballerine rosse lucide. Poi prende la borsa dalla mensola e il cappottino grigio chiaro. Supera il corridoio ma poi si ferma di colpo. Gira su se stessa e va in bagno. Cerca in un mobiletto. Ecco la confezione. Sfila due bustine e le mette nella tasca interna della borsa. Tante volte mi servissero proprio stasera. Non si sa mai. Chiude la porta, torna in corridoio, prende le chiavi.

"Ciao mamma, torno presto."

Dalla cucina arriva una voce smorzata dalla tv accesa. "Ma esci con Filippo?"

"Sì! Ma mi aspetta giù, non gli faccio fare quattro rampe di scale, l'ascensore è ancora rotto!"

"Ok, salutamelo e non fare tardi."

E ti pareva. Ma saranno assurdi i genitori. Le ho appena detto che torno presto e mi dice di non fare tardi. Come quando ti dicono "Stai attenta". Come se uno non lo sapesse che deve stare attento e non comportarsi da irresponsabile. Perché poi ci sono delle conseguenze. E di colpo, su quella parola, mentre la pensa, ha una fitta allo stomaco. Conseguenze. Stare attenti. Come uno strappo che lacera qualcosa. Una fitta. Ma non è il segnale che aspettava, quello naturale, di sempre. Non arriva dal basso

addome. È altro. Più diffuso. Un tonfo. Una specie di folgorazione. Diletta si ferma sulle scale. Comincia a contare freneticamente usando le dita di entrambe le mani. Come una bambina delle elementari che fa un'addizione. O meglio una sottrazione. E quando arriva al risultato spalanca gli occhi. No. Non è possibile. Rifa tutto da capo, stavolta conta più lentamente. Nulla da fare. Stesso risultato. Ci riprova una terza volta. Ma le viene in mente quella regola, "Cambiando l'ordine degli addendi il risultato non cambia". Cavoli. E di colpo ricorda. Non vorrebbe pensarci. Però ci pensa. E ricorda. E in effetti, porca miseria, ci può anche stare. E sempre stata puntuale come un orologio svizzero, da quel che si ricorda. E guarda caso stavolta no. Non è possibile. Poi velocemente, come un investigatore che ha messo insieme tutti gli indizi e sta per comporre il puzzle finale che risolverà l'inchiesta, realizza. Se in sette anni non è mai successo una volta che qualche brufoletto non le spuntasse in faccia in quei giorni, ci sarà un perché. E quel perché somiglia troppo a una serata in particolare. Quella volta dopo il pub, quando Filippo prima di riaccompagnarla a casa, fece un giro largo in macchina per mostrarle un arco antico sull'Appia che aveva scoperto per caso e gli era piaciuto molto. E poi, parcheggiati lì al buio, dopo aver parlato e scherzato come sempre, avevano iniziato ad accarezzarsi e farsi le coccole. Di più. Sempre di più, persi nella musica che usciva dall'autoradio. Protetti dalle chiusure automatiche delle portiere eppure con il timore per il posto sconosciuto, loro sempre prudenti, sempre attenti, con tutto quel che si sente dire. E stavolta invece un po'"incoscienti, un po'"ribelli, nella passione imprevista che a volte ti prende così. E si erano lasciati andare, presi dall'amore, dal desiderio. E poi Filippo che di colpo si era accorto di non aver preso i preservativi. E si era accasciato affranto su Diletta. E lei allora, dolcemente, gli aveva detto che forse era meglio fermarsi. E lui era d'accordo. Ma poi insieme, senza riuscire a controllarsi, avevano continuato. E baci, carezze, abbracci, desiderio, passione. Occhi negli occhi. Ancora e ancora. E le stelle dal finestrino, il paesaggio, la notte. E loro uniti, vicini, insieme. E un lungo abbraccio. Loro che si erano guardati negli occhi un po'"ridendo un po'"preoccupati e quella frase di Filippo… "Sono stato attento, hai visto, amore?" No. Non ho visto, amore, perché mi sono lasciata andare e mi sono persa con te, in te. Mi fido. E anche Filippo si era fidato di se stesso. E ora? Ma non sarà mica davvero così? Diletta cerca affannosamente il cellulare nella borsa. E mentre lo fa, trova le due