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una prima, e ha continuato a cucinare. Ha resistito a non farlo da sola. Ha voluto aspettare Filippo. E prima godersi quella cena solo per loro due, pensata con amore. Mangiare e pensare. Mangiare e guardare lui. Mangiare e sapere che tra poco tutto potrebbe cambiare. In un modo o nell'altro.

Diletta toglie il cellophane dallo stick del test. Guarda la fessurina bianca da cui tra poco si affaccerà una verità. Bella o brutta non si sa. Ha letto qualcosa in Internet. I test rilevano in un campione di urine la presenza dell'ormone tipico della gravidanza. L" HCG. Che nome. Dall'apposita finestrina in qualche minuto arriverà il risultato. Una linea scura. O due. Normalità. Novità. Assurdo. La tua vita di colpo cambia per via di una lineetta in più che si colora. E che novità. Certo, dicono che ci sono anche falsi positivi e falsi negativi. Ma l'attendibilità è alta. Diletta fa un sospiro e procede. Pensa anche agli altri sintomi che ha letto in Internet. Vomito, nausea, tensione al seno, variazioni dell'umore e dell'appetito. Sintomi di gravidanza. Boh. Ma io ce li ho? Difficile capire. Sono così confusa. Ecco fatto. Diletta si sistema, volta lo stick per non vedere subito, si siede sul bordo della vasca da bagno e chiama Filippo.

"Amore, vieni… guardiamo insieme."

Filippo entra con una faccia cadaverica. La guarda. "Che dice?"

"Eh, appunto. Vediamolo insieme, no?" e lo invita a sedersi accanto a lei.

Filippo si avvicina e si siede. Diletta gli prende la mano. Gliela stringe forte. Poi con l'altra volta lo stick. Un secondo. Due. Tre. Dieci secondi. Filippo e Diletta scrutano la finestrella. Poi si guardano tra loro. Stupiti. Sbalorditi. Ma ancora come sospesi. Non riescono a crederci.

Diletta continua a rigirare tra le dita lo stick. E poi di colpo sente le lacrime salirle agli occhi. Si commuove. Positivo. È incinta. Tutta la tensione nervosa di quei due giorni è come se si fosse sciolta di colpo. Filippo se ne accorge. È spaventato. L'abbraccia. La tiene vicina. Ma poi la strattona un po'. "Dai, amore, rifacciamolo."

"Mah… guarda che di solito sono sicuri…"

"Macché… rifacciamolo, Dile. Almeno ne siamo certi, no? È importante. Tanto nella scatola ce ne sono due, no?"

"Sì, ma…"

Filippo non risponde, prende la confezione, toglie l'altro stick, lo apre e glielo dà. "Tieni."

Diletta lo guarda dubbiosa. Ancora non ci crede. Ma sì, forse ha ragione lui, è meglio riprovare. E riprova. Filippo aspetta con lei. E poi di nuovo seduti sulla vasca. Uno. Due. Tre. Dieci secondi. Diletta gira lo stick. E la finestra dice la verità. Di nuovo. La stessa di prima. Due lineette. Due barrette. Due segni. Due. Che significano però uno. Una sola cosa. Un bambino.

Filippo si alza, prende la scatola dei test, cerca il foglietto delle istruzioni. Lo spiega, lo legge.

"Guarda, Filippo, che lo sappiamo già cosa vuol dire…"

"No, magari abbiamo capito male…" e legge nervosamente. Scorre le righe. No. Non è possibile. "Il risultato è positivo (gravidanza) quando accanto alla linea (o punto) di controllo ne appare un'altra. Il test va considerato positivo anche se la linea (o il punto) si presentano meno definiti e di colore meno intenso rispetto al controllo. Il valore di affidabilità dei test dichiarato dalle aziende produttrici è superiore al 99 % (paragonabile a quella di un test di laboratorio)." Filippo legge a voce bassa, quasi mangiandosi le parole. E quelle parole gli rimbombano in testa. Due lineette. Gravidanza. E quella percentuale, il 99 %. Anzi, più del 99 %. Praticamente è certo. Praticamente è la fine. E ancora. "È consigliabile confermare lo stato di gravidanza con esami di laboratorio, su richiesta del medico. È bene sospendere l'assunzione di farmaci che potrebbero essere dannosi per il feto (compresa la pillola anticoncezionale), l'assunzione di alcol e astenersi dal fumo." Poi si ferma. E gli viene quasi da ridere. Perché per un istante si attacca a quel ricordo come fosse un'ancora di salvezza. Ci naviga dentro, un po'"per consolarsi, un po'"per distrarsi. Una cosa che aveva imparato al liceo, durante un esercizio di italiano sull'etimologia delle parole. Il foglietto illustrativo dei farmaci si chiama anche bugiardino: questo nome si pensa derivi dall'abitudine con cui in Toscana, nel senese, gli anziani chiamavano la locandina dei quotidiani esposta fuori dalle edicole. Poi per estensione chiamarono così il foglietto dei medicinali. Una volta dicevano che era perché le "istruzioni per l'uso" tendevano a sottolineare solo i pregi e l'efficacia del farmaco. Dicevano insomma delle piccole bugie. Bugiardino. E per un istante Filippo ci spera. Spera che sbagli, quella sentenza. Quella mazzata. Quella novità assurda.

Filippo si risiede sulla vasca e guarda Diletta. Lei ha la mano sulla bocca, le viene ancora da piangere.

"E ora?" Filippo è sconvolto. "Che facciamo?"

"Non lo so… non me l'aspettavo…"

"Comunque lo dice anche qui. Ci si può sbagliare, ci vuole la conferma del medico. Perché magari il test è falsato, magari abbiamo fatto qualche errore, magari il test era mal conservato al supermercato, dice qui che se hai assunto dei farmaci particolari…"

Diletta guarda Filippo con aria perplessa. "Amore… io non uso farmaci."

"Va bè. Comunque si va dal medico. E presto." "Sì, domani telefono e prendo un appuntamento…" E restano così, sulla vasca, a guardare nel vuoto. Vicini. Molto vicini. Diletta gli tocca una gamba e gli appoggia la testa sulla spalla. E intanto un pensiero, quel pensiero tanto grande e insolito, prende spazio e li riempie. Ma in modo così diverso.

Cinquanta

Pietro arriva davanti al circolo. Scende e si guarda in giro. Gli otto campi da tennis in terra rossa sono tutti pieni. Poi finalmente lo vede. Suo figlio Lorenzo è lì che gioca e rimanda la palla dall'altra parte con una certa sicurezza. Carolina, la sorellina più piccola, invece è più incerta, non stringe ancora la racchetta con la giusta forza, è più morbida nel colpire, meno determinata. Pietro vede Susanna seduta sugli spalti lì vicino e la raggiunge.

"Amore…"

Susanna sta facendo un sudoku, non stacca lo sguardo dal suo tentativo di trovare il numero giusto per quella casella, e in particolare per tutta la linea, ma riconosce perfettamente quella voce. E poi, sotto sotto se l'aspettava.

"Scusa…" Si gira con un sorriso forzato ma duro, deciso, fermo. Anzi di più. Affilato. "Scusa ma non chiamarmi amore. Non ti permettere. Non più. Non ne hai più il diritto…"

"Ma, tesoro…"

Susanna lo guarda malissimo. Pietro allarga le braccia. "Tesoro non me lo hai vietato." Susanna scuote la testa scocciata e riprende a giocare a sudoku, o almeno ci prova. Pietro continua. "Ma, tesoro, mi sembra assurdo non mettere una pietra sopra a quello che è successo… È stata una scivolata."

"Una scivolata? Magari lo fosse stata sul serio… Dovevi andare lungo, fino a prendere il primo gradino che incontravi e spaccarti tutti i denti… poi volevo vedere se continuavi a fare questo sorriso ebete che ti ritrovi. Ma non ti rendi conto di quello che hai fatto? Guarda… Guarda…" Susanna smette di scrivere e gli indica il campo da tennis con Lorenzo e Carolina… E proprio in quel momento, forse un colpo fortunato, Carolina riesce a mandare perfettamente la palla dall'altra parte. Si gira verso di loro e sorride cercando il compiacimento dei genitori. Pietro continua a guardare in quella direzione ma non capisce a cosa si riferisca Susanna. Allora accenna un commento.