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— Avevo sentito parlare di tredici.

— Quarantuno, e non abbiamo finito. Ho detto ad Avogadro di pescarne almeno cento. Pensi a tutti i fegati che avremo nelle riserve! I chilometri di intestino. Quanta bellezza c’è nei vivai, Shadrach. Odio lo spreco, in qualunque forma. Lei lo sa. Conservare. È una specie di poesia. Altre quarantun vasche piene. E il pericolo per il governo è sventato. — La voce di Gengis Mao si fa cupa, vacua. — Ma Mangu… cos’hanno fatto a Mangu? Il mio altro me stesso… il futuro Gengis Mao… il mio principe, il mio viceré…

— Signore, forse si sta agitando troppo.

— Sto benissimo, Shadrach.

— Ma un po’ di riposo…

— Riposo? Non ho bisogno di riposare. Potrei alzarmi dal letto in questo momento e correre fino a Karakorum. Riposarmi, perché? È preoccupato per me, Shadrach? — La risata del Presidente è sonora, tonante. — Sto benissimo. Mai stato meglio. La smetta di preoccuparsi. Lei è come una vecchia signora, Shadrach. È cristiano?

— Signore? — chiede Shadrach confuso.

— Cristiano. Cristiano. Riconosce l’Unigenito Figlio di Dio come suo Salvatore? Eh? Non ci sente? L’udito che se ne va? Chiederò a Warhaftig di metterle dei timpani nuovi in quelle orecchie. Le ho chiesto: è cristiano?

Sconcertante. — Be’…

— Ha presente. Ha presente. Pater noster che sei nei cieli. Ave Maria piena di grazia. Chi mangia della mia carne e beve del mio sangue avrà vita eterna, e risorgerà dai morti nell’ultimo giorno, dice il Signore. Eh? Le conosce queste cose? Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo. Ite missa est. Allora?

— Be’, i miei genitori mi portavano a messa di tanto in tanto, ma non potrei dire che…

— Peccato. Non è un credente, allora?

— In un certo senso, forse, ma…

— C’è un senso solo, mi pare.

— Allora non penso di essere un credente.

— Va bene, sia santificato il suo nome, Shadrach. Le piacerebbe diventare papa, comunque?

— Signore?

— Ma è tutto quel che sa dire? Signore? Signore? — Gengis Mao fa il verso all’ossequiosità di Shadrach con ferocia devastante. Le pulsazioni del Khan stanno aumentando; la faccia si fa rossa. — Il regno e il potere. Oh, e la gloria. Voi cristiani le capite queste cose. Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore; nessuno raggiunge il Padre se non attraverso di me. — Questo saltare freneticamente di palo in frasca inquieta il dottor Mordecai; senza farsi notare aumenta l’erogazione di calmante nel metabolismo del Khan, premendo il pedale del 9-pardenon mentre è chinato, e finge di esaminare la base del macchinario di sostegno medico. Gengis Mao si alza a sedere e, urlando ormai, prosegue: — Risponda di sì, risponda di no, ma basta signore! Papa! Le ho chiesto, le piacerebbe diventare papa? Il Papa è morto, a Roma, il vecchio Benedetto. I cardinali si riuniranno quest’estate. Mi hanno invitato a nominare qualcuno. Manderò loro il nome del mio medico, il mio bel dottore nero, eh? Le Pape noir. Papa niger. Ci sono stati dei santi neri, perché non un papa nero? Si sceglierà un bel nome pontificale. È uno dei piccoli dividendi di potere e gloria. Cosa ne dice di Papa Legba? Eh? Eh? — Gengis Mao batte le mani compiaciuto. — Papa Legba! Papa Legba!

Il nuovo fegato, pensa Shadrach. Che fosse il fegato di un pazzo?

In tono mite dice: — Non sono cattolico, signore.

— Può sempre diventarlo. Ci vuol tanto? Una settimana di studio, e sarebbe perfettamente in grado di borbottare le parole giuste. Kyrie eleison. Credo in unum deum. Om mani padme hmmmm…

C’è qualcosa di minaccioso, in questo folle cianciare di pontificato. I salti fulminei di argomento, il flusso frenetico di fantasticherie, la vulcanica energia verbale, non ispirano fiducia nella stabilità mentale di Gengis Mao. Questo è l’uomo che governa il mondo, riflette Shadrach. Che piaccia o no.

Shadrach dice: — Se io diventassi papa, chi sarebbe il suo medico?

— Ma lei, naturalmente, Shadrach.

— Da Roma?

— Traslocheremmo il Vaticano a Ulan Bator.

— Anche così, non credo che potrei svolgere i due lavori in maniera soddisfacente, signore.

— Un giovane come lei? Ma certo che potrebbe. Cos’ha, trentacinque, trentott’anni, qualcosa del genere? Sarebbe un papa splendido. Diventerei cattolico anch’io, e lei potrebbe ricevere la mia confessione. Non rifiuti quest’offerta, Shadrach. Credo che lei non sia abbastanza occupato, al momento. Ha bisogno di qualche distrazione. Passa troppo tempo a curare me, perché altrimenti le sue giornate sarebbero oziose. Mi riempie di medicinali inutili. Perché mi fissa in quel modo?

— Preferirei non diventare papa, signore.

— Decisione definitiva?

— Definitiva.

— Molto bene. Nominerò Avogadro.

— Lui almeno è italiano.

— Pensa che io sia impazzito, Shadrach?

— Credo che si stia affaticando troppo, signore. Le prescrivo due ore di riposo assoluto. Posso darle una pastiglia per dormire?

— No, non può. Può andarsene a divertirsi a Karakorum. Gonchigdorge diventerà papa, sì, un mongolo, come le suona l’idea? A me piace. E tu, lassù, vecchio, santo padre Gengis, vecchio Temucin, ti piace? Se ne vada, Shadrach. Mi irrita, oggi. Non sono pazzo. Non mi sto affaticando troppo. Ho sofferto per la morte di Mangu. Sono in lutto per Mangu. Farò sì che il mondo ricordi Mangu per sempre. Quarantuno persone ai vivai, ed è solo mattina! Mi farà il favore di andarsene a Karakorum?

I livelli metabolici stanno salendo su una decina abbondante di fronti diversi. Shadrach è allarmato. Interviene nuovamente sul pedale dei tranquillanti. Il vecchio dev’essere imbottito di 9-pardenon a questo punto, ma in qualche modo Gengis Mao riesce a resistergli e rimane sovreccitato nonostante il farmaco. Sta facendo finalmente effetto, però. Finalmente, i primi segni di rilassamento. Il Khan sta cedendo.

Shadrach si avvia, preoccupato, ma fiducioso che l’umore del Khan si stabilizzerà per un po’ di tempo. Mentre sta uscendo, Gengis Mao lo chiama: — Oppure, re d’Inghilterra! Che gliene pare? A Windsor si libererà un posto tra non molto!