23 gennaio 2012
Il Comitato in sessione plenaria. Horthy, Labile, Ionigylakis, Eyuboglu, Lapostolle, Farinosa, Parlator, Blount. Tutti i burocrati migliori. Ronzano senza sosta, bzzz, bzzz, bzzz, e io lì ad ascoltare tutto, senza ascoltare. Sono delle macchine. Il Comitato stesso è una macchina che ho costruito io, un meccanismo delicato quanto inutile, come un orologio senza lancette. Quando morirò io, si sfalderà da solo, se quando morirò sarò davvero morto. Ho concesso a Mangu di presiedere le riunioni. Passo dopo passo, lo incoraggio a convincersi della propria responsabilità, gli dono l’ombra dell’autorità. È affascinato da quella massa di burocrati spaventosi, quegli apparatchik, così come un ragazzo è affascinato dal ronzio delle mosche sul letame, e non parliamo del letame stesso. Era questo che avevo in mente quando ho preso in mano le redini del mondo, pensavo di affidarlo a questo Comitato Rivoluzionario Permanente di mosche da letame, tutte figlie mie? Rivoluzionari! Lapostolle dorme; Farinosa sogna Karakorum e se ne sta seduto a tormentarsi il nasone; la pancia di Ionigylakis brontola. Avrei dovuto mettere più mongoli nel Comitato; questi stranieri bianchi sono spenti. Ma ho bisogno dei miei mongoli altrove. Non posso permettere che diventino degli insetti ronzanti. Non posso lasciare che passino il tempo a russare. Sta nevicando di nuovo, oggi.
Potrei sgattaiolare via dalla stanza del Comitato, via dal palazzo, scappare segretamente nella neve, sdraiarmici sopra, rotolarmici, prenderla a manciate e lanciarla per aria. Chiamare un cavallo e galoppare tutta la notte, senza sella, gli zoccoli silenziosi sul bianco del suolo, uomo e bestia attraverso la steppa, senza sosta, delle croste di pane per me, un otre di pelle di capra pieno di airag da tracannare lungo la strada… sì, sono ancora un ragazzo, io che sono così anziano, e loro sono dei vecchi! Ma naturalmente Shadrach me lo proibirebbe. Io regno sul mondo, lui regna su di me. E se insistessi? Perché devo sopportare il ronzio di queste mosche, quando il Cobi è coperto di neve fresca? Sei in grado di sostituire un rene, se si sta disfacendo, gli dirò; sicuramente sarai in grado di curare il naso congelato di un vecchio. Sì. Sì. Me ne uscirò. Lo farò. Devo fuggire da questa noia.
Avevo questo in mente quando ho preso in mano le redini?
Cos’avevo in mente? Avevo in mente qualcosa, a parte che tutto stava cadendo a pezzi, e che era mio dovere tenerlo insieme? Credo che fosse solo questo. Il mondo stava sprofondando nel caos. Come aborro il disordine! Una tale agitazione, una tale confusione: la gente che muore, le nazioni morte, orde di selvaggi che spazzano la Terra, niente di semplice, tutta la semplicità sparita dalla faccia del pianeta. Io amo la semplicità, una struttura ben organizzata, armoniosa e soddisfacente; una sola nazione, un solo governo, un solo codice di leggi, tutto unico, e avanti verso l’orizzonte. Avevo settantatré anni, e una gran forza. Il mondo aveva milioni di anni, ed era debole. Non potevo sopportare il caos. Credo che tutti coloro che hanno governato il mondo fossero motivati fondamentalmente dall’odio per il caos, piuttosto che dal semplice amore per il potere. Napoleone, Attila, Alessandro, il grande Gengis, perfino quel povero pazzo di Hitler, ciascuno di loro voleva che le cose fossero bene ordinate, semplici, avevano un sogno d’ordine, insomma, e per realizzarlo non vedevano altro modo che importo essi stessi al mondo. Come ho fatto io. Naturalmente, la maggior parte di loro hanno finito per generare più caos di quanto non ne stessero eliminando, e hanno dovuto essere eliminati. Hitler, per esempio. Io quell’errore non l’ho fatto. Fino all’ultimo, combatto l’entropia, offro me stesso, Gengis II Mao IV, come simbolo di unità, centro focale dell’energia planetaria, cristallo di semplicità. Ma… oh, padre Gengis, queste sessioni plenarie, questo ronzio, queste mosche! Padre Gengis, tu avevi forse un Horthy con le sue declamazioni? Te ne stavi ozioso, a sognare un cavallo veloce e un vento ghiacciato, ad ascoltare un Parlator e un Blount? Oh! Oh! È per questo che ho dichiarato guerra al caos del mondo corrotto e disperato?
Shadrach si alza. Non può continuare a starsene lì a fantasticare; ha delle responsabilità, degli obblighi, dei rapporti da compilare, dei progetti da supervisionare. Per cominciare, deve aggiornare il dossier su Gengis Mao con un resoconto conciso del trapianto di aorta di oggi, e questo significa confrontare una gran pila di stampati e selezionare da quella massa di dati grezzi e frammentari le basi significative di un profilo medico utilizzabile. Benissimo. Shadrach batte sui tasti, richiama i risultati dell’operazione del mattino. Ma mentre lavora, scopre che di quando in quando la sua mente è invasa dalla voce fittizia di Gengis Mao, che gli detta frammenti sparsi di memorie immaginarie.
27 maggio 1998
La Repubblica Popolare si è ritrovata priva del suo leader stamattina, e penso che il governo cadrà prima di mezzogiorno. Shirendyb, il quinto Primo ministro nelle ultime sei settimane, è stato sconfitto dalla decomposizione organica nel corso della notte. Non rimane nessuno del Politburo; il Presidium è stato decimato; le strade di Ulan Bator sono affollate dai profughi, una corrente lenta e regolare di carretti e di camion distrutti che se ne vanno… ma dove? Dappertutto è la stessa cosa. La vecchia società sta morendo. Solò dieci anni fa, pensavo che un cambiamento radicale fosse impossibile; poi è venuto il vulcano, il terrore, le insurrezioni, la Guerra Virale, la decomposizione organica, e tre miliardi di esseri umani sono morti e le istituzioni crollano come vecchi edifici colpiti da un terremoto. Io non abbandonerò Ulan Bator. Credo che il mio momento sia finalmente arrivato. Ma il governo che proclamerò non si chiamerà Repubblica Popolare.
16 novembre 2008
Per celebrare il mio decimo anno di regno sono andato fino a Karakorum e ho inaugurato il nuovo centro di divertimenti. Mi hanno invitato a sperimentare le attrazioni che chiamano “sogno di morte” e “transtemporalismo”. Ho scelto il sogno di morte. Il fascino irresistibile di ciò che è morboso. Specialmente l’illusione di ciò che è morboso. Si svolge in una tenda piena di motivi pseudoegizi. I brutti dei-mostri antichi incombono come grondoni di una chiesa, da ogni angolo; si può praticamente sentire l’odore acre del fango del Nilo, il ronzio delle mosche. Attendenti che indossano maschere. Luci molto forti. Tutti molto cerimoniosi con me. Naturalmente ero l’unico a sperimentare l’attrazione in quel momento. Mi sono lasciato ipnotizzare, dietro una falange di guardie di sicurezza scelte appositamente. Una sensazione come di morte, molto convincente, direi. (Ma chi mai sa qualcosa di com’è realmente?). E poi, un sogno. Ma nel mio sogno il mondo era esattamente com’è quando sono sveglio. Mi avevano promesso illusioni scatenate e fantasie surreali. Niente. Mi hanno imbrogliato? Non hanno il coraggio di lasciar sperimentare a Gengis Mao la versione genuina di un’esperienza del genere?
4 giugno 2010
Oggi è entrato in servizio il nuovo medico. Un nome strano, Shadrach Mordecai. Americano, intelligente, un bravo ragazzo. Ha una paura folle di me, ma questo non è grave. È così rigido quando è con me! È specialista gerontologo e da diversi anni fa parte della squadra che lavora al Progetto Fenice. Stamattina gli ho detto: “Facciamo un patto, noi due. Tu stai attento a che io resti in buona salute, e io faccio lo stesso con te. Okay?”. Ha sorrìso, ma dietro a quel sorriso era chiaramente stravolto. Devo aver avuto la mano un po’ pesante.