In un modo o nell’altro Shadrach termina di dettare il suo profilo e procede al compito successivo, che è studiare un rapporto di Irayne Sarafrazi. Non c’è molto di nuovo: il suo progetto continua a scontrarsi con il problema del deterioramento neuronaie e, come Shadrach si aspettava, non sta andando da nessuna parte. Shadrach deve leggersi comunque tutto il rapporto, e trovare qualche commento incoraggiante da fare. La voce insidiosa gli risuona ancora in testa, distraendolo con esplosioni di fantasticherie. Continua a lavorare con ostinazione, cercando di ignorare il rumore di fondo nella sua mente.
15 maggio 2012
Una notizia terribile! Mangu è stato assassinato. Arriva Horthy, che bela isterico di corpi volati dalla finestra. Come può essere successo? Nella camera di Mangu, silenziosi, lo prendono, lo trascinano alla finestra, fuori! Oh, rabbia. Oh, dolore. Che farò adesso? I miei progetti su Mangu sono stati sabotati. Shadrach mi dice che il Progetto Fenice si è arenato, probabilmente non in modo temporaneo, su certi problemi biologici. Il Progetto Talos va avanti lento, e Talos non mi è mai piaciuto davvero. Così resta Avatar, e Avatar senza Mangu è…
Ah. Userò Shadrach. Un corpo magnifico… mi ci troverò bene. E nero. Un’idea divertente. È una buona cosa che io sperimenti tutte le varietà umane. Magari quando il corpo di Shadrach sarà vecchio potrei spostarmi nel corpo di un bianco. O anche nel corpo di una donna. Magari in quello di un gigante un giorno, o di un nano… sono tutte possibilità…
Shadrach è stato un buon medico, e la sua compagnia mi piace. Ma ci sono altri medici, e la compagnia è sempre meno importante per me. Mi sentirò in colpa per averlo fatto fuori? Per un po’, per un giorno o due magari. Ma devo superare sentimenti del genere.
16 maggio 2012
Qualche altra considerazione sulla scelta di Shadrach come sostituto di Mangu. Naturalmente avverto ancora un vago senso di colpa. Ma perché? Non mi sto proponendo di assassinarlo, bensì di nobilitarlo trasformando il suo corpo nel veicolo fisico di un potere smisurato. Certo, lui potrebbe obiettare che quello che gli propongo è, se non un assassinio puro e semplice, una forma di schiavitù nel migliore dei casi, e la sua gente ha sopportato la schiavitù già abbastanza a lungo. Ma non è così; Shadrach non è la stessa cosa dei suoi antenati, e tutti i vecchi debiti sono stati cancellati dalla Guerra Virale, che ha distrutto indiscriminatamente schiavi e padroni, ha colpito allo stesso modo generali e neonati, e ha lasciato quelli che si sono salvati nella condizione di superstiti puri e semplici: privi di un passato, liberati e affidati alle nuove regole di un mondo in cui la storia nasce vergine e pura ogni giorno. Vogliono forse dire qualcosa per qualcuno i peccati degli schiavisti, oggi? La società, la rete di rapporti, che si è evoluta sotto lo stimolo della schiavitù e delle sue conseguenze, e anche sotto lo stimolo dell’emancipazione e delle sue conseguenze, è definitivamente sparita. E io sono Gengis Mao, e ho bisogno del suo corpo. Non mi devo accollare colpe altrui. Non sono tedesco: potrei mandare degli ebrei a morire nei forni se fosse necessario, senza dovermi giustificare per dei peccati del passato. Non sono un bianco: quindi sono libero di rendere un nero mio schiavo. Il passato è morto. La storia è una serie di pagine bianche, adesso. E poi, se degli imperativi storici esistono davvero ancora, io sono un mongolo: i miei padri hanno tratto in schiavitù mezzo mondo. Posso essere da meno? Avrò il corpo di Shadrach.
27 maggio 2012
Sto controllando i nastri delle conversazioni di questa settimana e ho scoperto che Katya Lindman ha detto la verità a Shadrach: gli ha detto che sarà lui il prossimo donatore per Avatar. Katya parla troppo. Non era mia intenzione che Shadrach lo venisse a sapere, ma così sia. Lo sorveglierò con attenzione, ora che sa. Le sofferenze dell’umanità mi istruiscono nell’arte del governo. O, per metterla più crudamente, mi piace guardarli mentre si agitano così. Non è crudele? Ma mi sono guadagnato il diritto di concedermi qualche passatempo crudele, io che ho sopportato il fardello del potere per quattordici anni. Non sono stato un Hitler, no? Non sono stato un Caligola. Ma il potere dà diritto a un certo tipo di divertimenti. A titolo di compensazione per il fardello mostruoso, per la spaventosa responsabilità. La cosa strana è che Shadrach non si sta agitando, non ancora. È stranamente calmo. Immagino che non si sia ancora convinto del tutto che quel che gli ha detto Katya è vero. Dentro di sé non ci crede. Ci crederà. Basta aspettare. Basta solo aspettare. Prima o poi si sveglierà.
Improvvisamente, Shadrach smette di trovare divertente questo gioco. Non c’è più divertimento in questi esercizi di identificazione ironica, in questi esperimenti di prospettiva psicologica. La distanza tra lui e quel che si è trastullato a inventare si è bruscamente ridotta, e all’improvviso tutto è molto doloroso, è un’incisione troppo vicina al nervo, fa male, fa male con un’intensità agghiacciante. Negli ultimi dieci minuti è riuscito a far scoppiare quel suo involucro di equanimità impassibile, e ora non si sta semplicemente agitando, sta sanguinando. Lo assalgono il dolore, la paura, la rabbia. Sente che tutti hanno preso parte alla congiura per tradirlo. Lui, Shadrach Mordecai, simpatico, cortese, bello, umano, laborioso, non è che l’ennesimo negro sacrificabile, a quanto pare. Se quel che gli ha detto Katya è vero. Se. Se. Shadrach è in preda all’angoscia. Questa, qui, ora, è la fornace, e lui c’è dentro di sicuro. L’ombra pesante di Gengis Mao grava su di lui. Un giorno verranno a prenderlo, gli attaccheranno gli elettrodi, gli spazzeranno via l’anima, unica e insostituibile, e subito dopo gli inietteranno nel cranio quel vecchio mongolo astuto. Sarà davvero così? Sì, sostiene Katya. E lui, può credere a una cosa del genere? Dovrebbe crederci? Trema. Il terrore lo percorre, lo frusta come una ventata gelida. Vorrebbe tanto un po’ di tranquillità: potrebbe prendere una dose del calmante di Gengis Mao, una dose abbondante di 9-pardenon o magari qualcosa di più forte ancora. Ma Shadrach non ama drogarsi nei momenti di crisi. In questo momento ha bisogno di tutto il suo ingegno.
Che fare?
Il primo passo è quello che, lo sa bene, avrebbe dovuto fare già ieri. Andrà di nuovo a trovare Nikki Crowfoot. E le farà alcune domande.
17
Ha l’aspetto pallido e malato, mostra ancora tracce del malessere di ieri, ma si sta riprendendo, decisamente. Pare sapere perché Shadrach è venuto da lei, e gli bastano poche dure parole per avere da lei la risposta che sperava di non avere. Sì, è vero. Sì. Sì. Shadrach aspetta per un po’ prima che la confessione esitante, piena di giri di parole e di reticenze, si concluda; poi dice, con tono calmo, carico di rimprovero: — Avresti potuto dirmelo prima. — La sta fissando dritto negli occhi, e questa volta, finalmente, lei gli restituisce lo sguardo: ora che tra loro tutto è sul tavolo, ora che lei ha ammesso la mostruosa verità, può tornare a guardarlo negli occhi. — Avresti potuto dirmelo — dice lui. — Perché non me l’hai detto, Nikki?
— Non potevo. Non era possibile.
— Non era possibile? Non era possibile? Certo che era possibile. Tutto quel che dovevi fare era aprire la bocca e lasciare che le parole se ne venissero fuori. “Shadrach, credo che dovrei avvertirti che…”
— Basta — dice Nikki. — Non mi sembrava così facile.
— Quando è stato deciso?
— Il giorno che hanno mandato Buckmaster al vivaio di organi.