Выбрать главу

— Io ne ho visto uno. Una grande stanza silenziosa, tipo un reparto d’ospedale, ma molto silenziosa. Tranne che per il borbottio dei macchinali di sostegno vitale. Una doppia fila di vasche, separate da un corridoio ampio. Un corpo in ogni vasca, sospeso in un liquido tiepido verde-bluastro, un bagno nutriente. Tubi da fleboclisi sparsi per il pavimento, come spaghetti di color rosa. Apparecchi per la dialisi a metà strada tra ciascuna coppia di vasche. Prima di mettere un corpo nella sua vasca, uccidono il cervello: lo trafiggono là, vicino al grande foro occipitale, zap; ma il resto rimane in vita, Avogadro. Un vegetale in forma animale. Dio sa che cosa percepisce, ma vive, ha bisogno di essere nutrito, digerisce e defeca, i capelli crescono, le unghie, gli infermieri rasano e ripuliscono per bene i corpi ogni tot settimane, e loro se ne stanno lì; bene ordinati secondo il gruppo sanguigno e il tipo di tessuti, disponibili, gradualmente spogliati di arti e organi, un rene questa settimana, un polmone la prossima, in pochi semplici passi li affettano fino a ridurli a moncherini, gli occhi, le dita, i genitali, alla fine il cuore, il fegato…

— E allora? Dove vuole arrivare, dottore? Il vivaio di organi non è un posto allegro? Questo lo sapevo. Ma è un modo efficiente di mantenere in vita gli organi in attesa di essere trapiantati. Non è meglio riciclare organi piuttosto che sprecarli?

— E trasformare un uomo innocente in uno zombie? Una creatura il cui unico scopo è quello di essere un magazzino vivente per organi di ricambio?

— Buckmaster non è innocente.

— E di cosa sarebbe colpevole?

— È colpevole di aver mal giudicato. È colpevole di essere stato sfortunato. È uscito il suo numero, dottore. — Avogadro, alzandosi, posa la mano con delicatezza sul braccio di Shadrach. — Lei è un uomo coscienzioso, non è vero, Herr Doktor? Buckmaster la riteneva un demone cinico, un servo senz’anima dell’Anticristo, e invece no, no, lei è una brava persona, capitata in un momento storico poco piacevole, e fa del suo meglio. Bene, dottore, io sono la stessa cosa. Cito le sue parole della notte scorsa: il senso di colpa è un lusso che non ci possiamo permettere. Amen! Ora vada. La smetta di preoccuparsi di Buckmaster. Buckmaster si è fregato da solo. Se lei sente la campana suonare, se lo ricordi, la campana sta suonando per lui, e questo non svilisce né lei né me in alcun modo, perché ci siamo già sviliti per quanto ci è stato possibile. — Il sorriso di Avogadro è caldo, quasi compassionevole. — Vada, dottore. Vada e si rilassi un po’. Io ho del lavoro da fare. Ho un’altra decina di sospetti da interrogare prima di cena.

— E il vero assassino di Mangu…

— Era Mangu stesso, nove a uno. Ma questo che importa? Continuerò a trovare il suo assassino e a interrogarlo e a consegnarlo al vivaio di organi, finché non mi verrà detto di fermarmi. Vada, adesso. Vada. Vada.

12

Il giorno seguente corre voce che tredici persone siano state spedite ai vivai, tra queste Buckmaster, il capo della congiura. Voci del genere sono spesso affidabili, in qualche modo, ma Shadrach Mordecai, continuando a trovare l’idea difficile da mandare giù, si spinge fino a fare un controllo nel registro centrale del personale per vedere dove si trovi Buckmaster. Batte sulla tastiera il codice del dipartimento d’ingegneria, ma il computer centrale gli dice che Buckmaster è stato trasferito al Dipartimento 111. Shadrach digita il nuovo codice, pur sapendo cosa aspettarsi; e, sì, Dipartimento 111 è un eufemismo per i vivai d’organi. Buckmaster fa ormai parte delle riserve umane. Trafitto nel grande foro occipitale, zap. Povero sciocco sfortunato.

Il dottor Mordecai decide di non sollevare l’argomento Buckmaster nel corso della sua visita mattutina al Presidente. Pare che non si possa fare molto per Buckmaster a questo punto. — Abbiamo sventato il complotto! — dichiara Gengis Mao con forza quando Shadrach entra nella stanza. — I colpevoli sono stati puniti. Abbiamo dato la risposta adeguata all’attacco contro il nostro regime. I principi della depolarizzazione centripeta non sono in discussione. — Una soddisfazione folle gli brilla negli occhi. Il suo corpo antico, collage vivente, pulsa di salute trionfante, con un riverbero che sotto la forma di un torrente di energia risorta percorre furioso i noduli telemetrici di Shadrach.

Shadrach fa dei prelievi di sangue, somministra medicine, controlla i riflessi; il Khan non gli presta più attenzione di quanta non ne presterebbe a un infermiere venuto a cambiare le lenzuola. A quanto pare è completamente preso dal moltiplicarsi di progetti per la divinizzazione di Mangu. Ci sono già dei primi disegni per dei monumenti a Mangu, e le tavole sono sparse dappertutto, cumuli disordinati sul letto del Presidente, sulle ginocchia ossute, ai due lati del corpo, per terra. Canticchiando una melodia monotona, Gengis Mao volta i documenti di qua e di là, annuendo, scribacchiando appunti sui margini, borbottando considerazioni a se stesso.

— Ah! Questo mi piace! — esclama con convinzione Gengis Mao. — Basato sul modello della Grande Piramide di Giza, ma grande il doppio. Statue di Mangu alte venti metri che spuntano da ciascuno dei quattro lati. Cosa ne dice? — Passa i disegni a Mordecai. — È un’idea di Ionigylakis. Cerca di partire dall’antichità e di apportarvi dei miglioramenti, come tutti d’altronde. Cosa gliene pare, Shadrach?

— Le statue, signore. Tendono a… mmm, spezzare la linea della piramide, non crede?

— E cosa c’è di male?

— Le piramidi sono così aggraziate — dice Shadrach. — Così compatte.

— La piramide pura e semplice è un concetto che ha fatto il suo tempo — replica deciso il Presidente. — Quel che mi piace in questo disegno è il contrasto fra le angolature, la pendenza della parete della piramide rispetto alla statua eretta che vi si contrappone, capisce? Mangu che sorge, verso l’alto, verso l’esterno, via dal centro… È centripeto, Shadrach! Lo vede?

— Centrifugo, direi, signore.

Gengis Mao si produce in un’espressione stupita, come se Shadrach gli avesse sferrato un pugno. — Centrifugo? Centrifugo? Sta scherzando? — Scoppia a ridere. — Una battuta! Il mio buon Shadrach ha fatto una battuta! Mi dica: crede che Mangu abbia sofferto molto?

— Dev’essere morto sul colpo. Dubito che fosse cosciente durante la caduta. L’accelerazione…

— Sì. Guardi qui, guardi. Un torrione elicoidale, dice qui, alto novecento metri, una grande spirale metallica percorsa da un campo magnetico, e una scarica elettrica continua che fa lampeggiare la cima…

— Signore, se non le dispiace, l’iniezione di tritetrazolo…

— Più tardi, Shadrach.

— I livelli di assorbimento hanno già passato leggermente il punto ideale. Se lei stendesse un attimo il braccio…

— …e qui, ecco, questo mi piace. Un gigantesco sarcofago di alabastro, con intarsi d’onice…

— …stringa il pugno, signore…

— …costruire una tomba degna di…

— …se può trattenere il respiro, contare fino a cinque…

— …dimensioni appropriate per Alessandro Magno, Tutankhamon, per lo stesso Gengis Khan. Già, perché no? Mangu…

— …si rilassi ora, signore…

— …Ch’in Shih Huang Ti! Ecco il nostro modello! Lo conosce, Shadrach?

— Signore?

— Ch’in Shih Huang Ti.

— Credo proprio di non…

— Il Primo Imperatore della Cina, l’Unificatore, costruttore della Grande Muraglia. Sa come l’hanno sepolto? — Gengis Mao fruga fra i documenti sul suo letto e afferra un blocco di stampati, che sventola eccitato davanti alla faccia di Shadrach. — Una grande collina di sabbia, a sud del fiume Wei, ai piedi del monte Li. O era monte Wei, fiume Li? Wei. Li. Nel tumulo hanno fatto un palazzo, e il palazzo conteneva una mappa in rilievo della Cina, sbalzata nel bronzo, fiumi, montagne, vallate, pianure. Lo Yang-Tze e l’Huang-Ho erano canali fondi quattro metri, riempiti di mercurio. Modellini di città e palazzi lungo le loro rive, e in alto una grande cupola di rame lucente, sì, con scolpite la luna e le costellazioni. E la bara del Primo Imperatore fluttuava su uno dei fiumi di mercurio, Shadrach! Un viaggio senza fine per la Cina. Silenzioso, scorrevole… oh, immergetemi nel mercurio, Shadrach, fatemi dormire sul mercurio! Si immagina la bara? E un ragazzo vigoroso al fianco della bara, pronto a scagliare una freccia contro il primo intruso. E delle trappole, anche, botole e coltelli nascosti, in attesa dei saccheggiatori; e macchine che generano tuoni, e centinaia di schiavi e di artigiani sepolti nel tumulo insieme a Ch’in Shih Huang Ti, per servirlo. Sì. Grandioso. Cosa ne dice? Dovrei costruire questo per Mangu? — Il Khan sbatte gli occhi freneticamente, aggrotta le sopracciglia, si passa la lingua sulle labbra. Shadrach Mordecai rileva dei cambiamenti nella temperatura della pelle e nella pressione del sangue. — D’altra parte… se faccio costruire una tomba del genere per Mangu, cosa potrei fare per me stesso? Naturalmente merito qualcosa di ancora migliore. Ma cosa… cosa… — Sul volto di Gengis Mao compare un ampio sorriso. — C’è tempo per pensarci! Venti, cinquant’anni! Perché dovrei pensare ora a una tomba per Gengis Mao? È Mangu che stiamo seppellendo. Avrà il meglio! — Il vecchio spinge da parte i disegni. — Quarantun cospiratori mandati ai vivai finora, Shadrach.