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— Presto — dice il Khan — i polmoni e i reni e gli intestini di questi criminali serviranno ad allungare la vita di membri leali del governo. Non c’è una giustizia poetica in questo? Tutte le cose sono centripete, Shadrach. Tutti gli estremi opposti vengono riconciliati.

— Duecentottantadue cospiratori? — domanda Shadrach. — Ce ne sono voluti così tanti per spingere un uomo giù da una finestra?

— E chi lo sa? Per il delitto vero e proprio forse non sono stati necessari più di due o tre sicari. Ma dev’essere stata necessaria una grande rete di compiici nella congiura. Hanno dovuto modificare dei congegni di sicurezza, distrarre delle guardie, mettere fuori uso delle videocamere. Riteniamo che potrebbe essere stata necessaria una dozzina di cospiratori semplicemente per far sparire i corpi degli assassini dalla piazza, dopo il salto.

— Per fare cosa?

Gengis Mao si produce in un sorriso condiscendente. — Riteniamo — dice — che gli assassini, dopo aver gettato Mangu dalla finestra, siano saltati deliberatamente dalla stessa finestra per evitare di essere catturati all’interno dell’edificio. Dei complici appostati nella piazza hanno raccolto immediatamente i loro corpi e sono fuggiti portandoseli via, mentre altri ancora provvedevano a cancellare dal terreno ogni segno di quelle morti.

Lo sguardo di Shadrach è fisso nel vuoto. — Signore, Horthy ha visto cadere un solo uomo.

— Horthy non è rimasto nella piazza a osservare gli sviluppi ulteriori.

— Ma in ogni caso…

— Se gli assassini di Mangu non l’hanno seguito per la stessa strada — dice il Khan, gli occhi lucenti della lucentezza della ragione trionfante — cosa ne è stato di loro? Dopo il delitto, nella Torre non si è trovata nessuna persona sospetta. — Shadrach non è in grado di trovare una replica adeguata a tutto questo. Qualunque commento facesse, sospetta, non riuscirebbe a essere costruttivo. Dopo una pausa si schiarisce la gola e riprende: — Signore, se potessimo parlare un attimo della sua salute…

— Gliel’ho detto. Sto benissimo.

— I sintomi che sto cominciando a percepire sono piuttosto preoccupanti, signore.

— Sintomi di cosa? — si informa Gengis Mao.

Shadrach sospetta che il Khan stia sviluppando un aneurisma dell’aorta addominale; un cedimento nella parete del grande condotto che diffonde sangue proveniente dal cuore. Chiede a Gengis Mao se ha avvertito qualche fastidio insolito, e il Presidente confessa, con riluttanza, recenti dolori acuti alla schiena e ai fianchi. Il dottor Mordecai evita di sottolineare come questo contraddica ciò che Gengis Mao diceva a proposito della propria buona salute; ma l’ammissione concede effettivamente una posizione di vantaggio a Shadrach, che ordina al Presidente di tornare a letto a riposare.

Spiando attraverso l’occhio di una sonda in fibra che si estende nell’aorta attraverso un catetere, Shadrach conferma la diagnosi. È stata la recente operazione al fegato, forse, a rilasciare degli emboli nella circolazione sanguigna del Presidente, e uno di questi è riuscito in qualche modo a risalire la corrente nell’arteria, installandosi nell’aorta addominale e causando infezione. O forse non è andata così, ma in ogni caso sta prendendo forma un tumore, e sarà necessaria un’altra operazione. Se si trattasse di chiunque altro, i rischi di un’operazione a così poca distanza dal trapianto di un organo importante potrebbero addirittura superare i rischi del permettere a un aneurisma di espandersi. Ma Shadrach è diventato sorprendentemente rilassato, quanto ad affidare il suo venerabile paziente alle cure del bisturi. Il corpo ben resistente di Gengis Mao è stato aperto così tante volte da accettare ormai le operazioni di chirurgia come il proprio stato naturale. E poi, l’aneurisma non è così distante dal fegato, quindi Warhaftig sarà in grado di farsi strada attraverso l’incisione recente, che sta cominciando a rimarginarsi solo ora.

La notizia infastidisce Gengis Mao. — Non ho tempo per un’operazione adesso — dice irritato. — Stiamo continuando a scoprire nuovi congiurati ogni giorno che passa. Devo concedere a questo problema tutta la mia attenzione. E settimana prossima ci sono i funerali di Stato di Mangu, funerali che intendo presiedere personalmente. Non…

— Il pericolo è critico, signore.

— Mi dice sempre così. Credo che le piaccia dirmelo. Lei è troppo insicuro, Shadrach. Anche se non riuscisse a scoprire una nuova crisi ogni ventina di giorni, la pagherei lo stesso. Lei mi piace, Shadrach.

— Non invento le crisi, signore.

— Lo stesso. Non si può aspettare un mese o due?

— In quel caso dovremmo fare un nuovo taglio nel tessuto rimarginato.

— E allora? Per un taglietto in più…

— A parte quello, i rischi…

— Già — dice Gengis Mao. — I rischi. Che rischi corro lasciando perdere questa storia per un po’?

— Lei sa cos’è un aneurisma, signore?

— Più o meno.

— È un tumore che contiene del sangue, o un grumo di sangue, in diretto contatto con la parete di un’arteria; causa delle modifiche degenerative nei tessuti che lo circondano. Se lo immagini come un palloncino che viene gonfiato gradualmente. Quando i palloncini diventano troppo grandi, esplodono.

— Ah.

— Questo aneurisma potrebbe finire per esplodere: negli intestini, nel peritoneo, nella pleura, o nei tessuti retroperitoneali. Oppure potrebbe causare un’embolia dell’arteria mesenterica superiore, e quindi un infarto intestinale. L’aorta stessa potrebbe esplodere spontaneamente. Ci sono diverse possibilità. Tutte fatali.

— Fatali?

— Invariabilmente. Un dolore lancinante, il decesso normalmente nel giro di minuti.

— Ah — dice Gengis Mao. — Ah. Capisco.

— Potrebbe succedere praticamente in qualunque momento.

— Ah.

— Senza preannunciarsi in alcun modo.

— Capisco.

— Non saremmo assolutamente in grado di far niente una volta che l’aneurisma scoppiasse. Non ci sarebbe modo di salvarla, signore.

— Ah. Capisco. Ah.

Capisce? Sì. Certamente davanti agli occhi da basilisco di Gengis Mao stanno nuotando visioni di aneurismi. Le guance magre e rugose si contraggono in una riflessione assorta; la fronte bronzea si aggrotta, cupa. Il Khan è turbato. Tra i suoi piani per questa mattina non era previsto il confronto con la possibilità della propria estinzione. Ora, ovviamente, sta contemplando la dipartita di Gengis II Mao IV da questo mondo, e l’idea non lo attrae più di quanto non lo attragga normalmente. La Rivoluzione Permanente che ha trasformato il mondo dilaniato richiede un Leader Permanente; sebbene Gengis Mao, riecheggiando parole simili di Mao I, abbia spesso detto che chi partecipa a una rivoluzione raggiunge l’immortalità rivoluzionaria, trascende la morte individuale vivendo indefinitamente nel fermento rivoluzionario permanente che ha aiutato a creare, è chiaro che Gengis Mao preferisce per sé l’altra varietà di immortalità, quella meno metaforica. Il viso torvo, emette un sospiro. Dà il suo assenso a quest’ultima interruzione chirurgica delle sue fatiche rivoluzionarie.

Warhaftig è convocato. Ci sono incontri, conciliaboli; si spostano appuntamenti e scadenze; si spiegano al Khan i dettagli dell’operazione chirurgica. I condotti sanguigni verranno bloccati al di sopra e al di sotto dell’aneurisma, per arrestare temporaneamente la circolazione fintantoché Warhaftig avrà rimosso l’aneurisma e installato una protesi di dacron o teflon.