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Caricò il resto delle sue cose e condusse il terzo cornacurve sulla zattera. L’animale sbuffò e pestò uno zoccolo.

— Sii paziente! Tranquillo! Gli altri non mi hanno causato problemi.

Spinse la zattera verso il largo. Cominciava a cadere la neve. I fiocchi erano grandi e soffici e scendevano lenti. Quando arrivò alla prima isola, la riva orientale era sparita, nascosta dal biancore. Nia attraversò l’isola e caricò tutto sulla seconda zattera.

Questa volta la neve attecchiva, fermandosi sui rami spogli, sull’attrezzatura caricata sul cornacurve: le sacche e le coperte. C’era neve sulle spalle di Nia e neve sulla ruvida corteccia dei tronchi che formavano la zattera. Tutt’attorno i fiocchi sfioravano la grigia superficie dell’acqua e svanivano.

Aiya! Quel biancore! Nascondeva l’isola che aveva appena lasciato e le impediva di vedere quella dov’era diretta. Nia azionava il remo e grugniva.

Approdarono sull’estremità meridionale dell’isola. Nia tirò a riva la zattera, poi la guardò. Avrebbe dovuto portarla più a monte dov’era il punto giusto per l’approdo, ma ciò avrebbe richiesto tempo e la bufera stava peggiorando.

— Che siano altri a occuparsi di questo problema — disse.

Condusse il suo animale attraverso l’isola fino all’ultima zattera.

L’ultima traversata fu più facile. Il letto del fiume in quel punto era stretto, ma la neve si faceva più fitta. Copriva la zattera, il cornacurve e Nia. Perfino il remo era coperto di neve. Quando lo sollevava e lo muoveva, cadevano pezzi di neve. Facevano dei rumori quando toccavano l’acqua.

A Nia venne in mente una poesia. Non sapeva se l’avesse imparata da bambina o l’avesse composta proprio lì in mezzo al fiume.

Perché vieni, oh, perché vieni adesso, o popolo della neve?
Popolo dalle scarpe bianche, perché mi infastidisci?

Nia raggiunse la riva occidentale e condusse a terra il cornacurve, lodandolo per le sue buone maniere. L’animale sbuffò e agitò le orecchie.

— Lo so. Lo so. Volevi causare guai. Ma ti sei trattenuto. Questo merita una lode. Ora è tutto finito. — Guardò il fiume: l’acqua grigia e la neve che cadeva. — Tireremo a riva la zattera e poi andremo a cercare i tuoi compagni. E domattina ci metteremo in viaggio per il sud.

APPENDICE A

NOTE SULLA PRONUNCIA

In questo romanzo ho usato il sistema Pinyin di traslitterazione del cinese benché la mia formazione sia avvenuta nel sistema Wade-Giles.

La "x" di Lixia si pronuncia come "sc".

La "q" di Yunqi si pronuncia "c".

La "zh" di Zhuang Zi (Chuang-tzu nel vecchio sistema) si pronuncia "g".

Yohai si dice Yohei.

Il suono scritto "kh" nella lingua del Popolo del Rame si pronuncia come la "ch" di "Bach".

Tutti i nativi parlano il linguaggio dei doni, ma la pronuncia varia.

Nia sa dire "g" ma non "k". Per questo motivo la sua versione del nome di Derek è "Deragu". Non c’è il suono "se" nella sua lingua. Lixia diventa "Li-sa". L’oracolo sa pronunciare "k" e "sc", ma non "p". L’animale indigeno che Nia chiama "osupa" per lui diventa "osuba".

Tutte le lingue native sono accentate. Di norma l’accento cade sulla prima sillaba.

Ci sono tre gesti nativi che si possono tradurre come "sì".

Uno è il gesto dell’affermazione che significa "sì, è così".

Un altro è il gesto dell’approvazione che significa "sì, sono d’accordo con te".

Il terzo è il gesto dell’assenso che significa "sì, dovrebbe essere, può essere, o sarà fatto".

APPENDICE B

PROGETTO DI NAVE STELLARE
DEL DOTTOR ALBERT W. KHUFELD

Per una propulsione a reazione che spinga una nave quasi alla velocità della luce, la massa di reazione stessa deve viaggiare a velocità relativistiche in un getto così caldo che nessuna sostanza materiale potrebbe sopportarlo. Soltanto un campo di forza può servire allo scopo.

I campi magnetici sono i campi di forza più sperimentati che conosciamo: essi vengono utilizzati ovunque nei laboratori per controllare le traiettorie di particelle caricate. La fusione nucleare è il metodo naturale per creare ioni caldi. Un reattore a fusione a specchio magnetico, con uno specchio a dispersione a poppa, creerebbe uno scarico nucleare tipo razzo.

La reazione Li7 + H1 = 2 He4 rilascia 17,3 MeV, senza particelle neutre per condurre energia in direzioni casuali e incontrollabili. È una delle reazioni più entusiastiche di nascita di una stella e qualunque tecnologia con potenza di fusione dovrebbe poterla governare.

L’idruro di litio ha un peso specifico di 0,78 e un punto di fusione di 689 °Celsius. Alloggiamenti costruiti all’interno di un grosso pezzo di questo carburante solido vengono protetti contro la maggior parte di gas e pulviscolo interstellari dalla massa pura e semplice. Gli atomi di idrogeno costituiscono un eccellente riparo contro i neutroni, mentre i campi magnetici deviano gli ioni interstellari.

17,3 MeVe, equamente diviso fra i due nuclei di prodotto, ammonta a circa il 22% della velocità della luce. L’equazione (non relativistica) per la velocità della nave è m dV + ve dm = 0 che dà un totale di V = ve ln(me/m).

Per raggiungere il 10% della velocità della luce, la nave dovrebbe bruciare il 37% della propria massa; per il 20% e, il 61% della massa. Se si rallenta fino a zero, si bruceranno rispettivamente il 61% e l’85% della massa. Il 15% della velocità della luce sarebbe un compromesso ragionevole. Al 100% dell’efficienza, accelerando fino al 15% della velocità della luce e decelerando quindi fino alla sosta, la nave dovrebbe arrivare con il 25% della sua massa iniziale, avendo usato il 75% come carburante e massa di reazione. (Errori derivanti dal non tener conto della relatività sono secondari in confronto a quelli provocati dal presumere una completa efficienza. Gli effetti della dilatazione temporale sono solo dell’1% c.) Ci vogliono meno di due mesi a gravità 1 per raggiungere il 15% della velocità della luce. Anche a una frazione di 1 g, la maggior parte del viaggio potrebbe essere trascorsa procedendo a motore spento.

(Lo scarico del razzo è una potente radiazione alfa. Questo è un veicolo ideale per lasciarsi alle spalle i nemici, ma fate attenzione a dove puntate la cosa se sperate in una buona accoglienza al vostro ritorno.)

Una nave che viaggi a 18,2 anni luce verso Sigma Draconis a 0,15 c. impiegherebbe 122 anni per la sola andata. Essa deve rifornirsi di carburante (sperando in un pianeta con un oceano d’acqua che fornisca litio e idrogeno!) prima di ritornare. Il viaggio complessivo dovrebbe essere compiuto in appena 250 anni; con il tempo di studio, sarebbe probabile di più.

Il grosso della nave è costituito da carburante, un gigantesco sigaro di idruro di litio, bianco quando è puro, ma chissà quali impurità vi si infiltreranno (o potranno essere trovate utili)? Il lungo asse punta nella direzione del viaggio, allo scopo di ridurre al minimo la sezione d’urto e frapporre la maggior quantità di massa possibile fra l’equipaggio e qualunque cosa con cui potrebbero entrare in collisione. (A 0,15 c, i gas cosmici diventano raggi cosmici a bassa energia: granelli di polvere creano vasti crateri quando colpiscono.)

Proprio di fronte al sigaro c’è uno scudo a "ombrello" riparabile: pochissima massa ma sufficiente a vaporizzare la polvere cosmica, diffondendola in modo che causi meno danni al corpo principale della nave. Gli alloggiamenti si trovano all’interno del "sigaro", protetti dai rischi del viaggio. Tunnel a spirale si snodano verso prua e verso poppa fino alle due calotte terminali; poiché la radiazione viaggia in linea retta, un tunnel a spirale la blocca efficacemente.