Poulos aveva tentato inutilmente di inserire un po’ di calore nel suo sorriso.
«Ammetto, a torto o a ragione, di ricordare che lei ha detto qualcosa a proposito della sua intenzione di non votare a favore del beneplacito.»
L’uomo aveva ragione, ma, dato che aveva in mano la maggior parte delle carte alte, Ellen non sentì la necessità di rispondere.
Steinman le aveva allungato due pagine elaborate dal computer.
«So quello che pensa delle statistiche, signora Kroft. Malleabili come polli, credo abbia detto. Deve comunque riconoscere che spesso, in campo scientifico le statistiche sono tutto ciò che abbiamo.»
«Capisco.»
«Questo è un distillato del materiale di cui abbiamo discusso per filo e per segno durante le riunioni. È, in breve, la nostra valutazione sulle vite che saranno salvate dall’Omnivax entro uno, cinque e dieci anni, analizzate malattia per malattia. La prego di credermi quando dico che questo riassunto è stato messo insieme da studiosi di statistica il più imparziali possibile.»
Ellen aveva dato una scorsa alla lista che era, come aveva detto Steinman, un riassunto di ciò che era in gioco. Vi era incluso il morbillo e ogni altro vaccino facente legalmente parte della immunizzazione di ogni bambino. Senza o con quei vaccini, il numero delle vite da salvare era sbalorditivo. I casi annuali di febbre di Lassa erano 240, il che concordava con le statistiche che conosceva lei. Entro cinque anni, tuttavia, vi sarebbero stati più di ottomila casi mortali e, in dieci anni, quasi cinquantamila. Ellen guardò fuori della finestra, pensando a Lucy e alle centinaia di altre tragedie documentate nei dossier e nelle fotografie del PAVE. Quelle erano vite in carne e ossa, non statistiche. Vi erano poi gli innumerevoli casi di ADHD, disturbi dell’apprendimento, asma, diabete, sclerosi multipla, morti improvvise, sindrome di Asperger e altre forme di autismo il cui possibile legame con le vaccinazioni infantili richiedeva ancora indagini.
«Rifletterò su questo», aveva detto, infilando i dati nella sua cartella.
«Ellen, guardi quei numeri», era sbottato Poulos. «Non capisce cosa significano?»
«Sì, lo capisco, dottore. Lo capisco perfettamente. Ma lei riesce a capire cosa voglia dire vedere la vita di una bambina perfettamente sana e felice rovinata di colpo o spenta da qualcosa che le è stato fatto dal suo pediatra?»
«George, per favore», s’era intromesso Steinman, abbandonando la formalità. «Signora Kroft, questo lo comprendiamo. Mi creda, è così. Il rapporto tra rischio e vantaggio è la base su cui viene costruito tutto il trattamento medico. E nessuno di noi negherebbe l’esistenza di alcune conseguenze sfavorevoli della vaccinazione. Tutto ciò che possiamo chiederle è di fare esattamente ciò che aveva detto che avrebbe fatto, rifletterci su. Sento però di dover sottolineare tutto ciò che qui è in gioco.»
«E io questo lo apprezzo, dottor Steinman», aveva ammesso Ellen, alzandosi per fare capire di avere sentito abbastanza, specialmente da parte di George Poulos. «Non rilascerò alcuna dichiarazione su ciò che farò, ma le prometto che terrò conto di tutte le questioni. Spero che ciò sia sufficiente per il momento.»
«Dovrà esserlo», aveva concluso Steinman.
Ellen era uscita piuttosto stupita dal suo ufficio. Perché diavolo Lynette Marquand le aveva fatto questo? Andava tutto bene quando credeva che il suo voto avrebbe espresso un’opinione. Ora che la sua decisione poteva bloccare completamente il progetto, la pressione era immensa.
Se ne era andata da Georgetown e aveva passato il resto di quella giornata a Bethesda nella biblioteca del NIH. Ora, dopo due giorni di ricerche, era giunto il momento di discutere la faccenda con Cheri e Sally al PAVE prima di prendere la decisione finale su quale direzione dare al suo voto. Quale che fosse la sua decisione, il commovente resoconto della battaglia contro la febbre di Lassa di Suzanne O’Connor sarebbe stato un fattore da prendere in considerazione.
Persa nei suoi pensieri, raccolse le sue cose e si diresse verso l’auto. Dopo il discorso della first lady ci si aspettava di certo che parlasse personalmente con Cheri e Sally, ma lei aveva continuato a rimandare l’incontro. Cheri Sanderson non aveva, tuttavia, atteso troppo a lungo prima di telefonarle. Non era una sciocca e l’incertezza di Ellen, per quanto minima, risonava ancora forte e chiara.
«La faccenda si fa seria, Ellen», aveva esordito al telefono. «Mentirei se dicessi che non è importante per noi trovarci improvvisamente al centro dell’attenzione e che tu sei nella posizione di metterci lì.»
Dopo un chilometro e mezzo, Ellen usò il cellulare per chiamare Rudy.
«Peterson.»
«Rudy, sono io», si presentò, immaginandolo seduto alla scrivania al primo piano della sua casupola.
«Ehi, auguri. Diventerai famosa?»
«Vuoi dire, se voterò contro l’Omnivax?»
«Finiresti di certo all’Oprah show.»
«Suppongo di sì. Ieri ho visto il capo del comitato e ora sto andando a parlare con le mamme al PAVE.»
«E?»
«Non sono più tanto sicura, Rudy. Hai qualche informazione sul Lasaject che potrebbe aiutarmi?»
«Sto aspettando una telefonata da un amico che lavora al CDC. Tutto ciò che posso dirti al momento è che il progetto della ricerca preliminare sul vaccino è stato un po’ trasandato e assai limitato. Ma come ho già detto, ci sono altre cose che stanno andando avanti e la telefonata di Arnie Whitman dal CDC riguarda proprio quelle.»
«Quando saprai qualcosa?»
«Forse oggi sul tardi, forse domani. Nel frattempo, tutto quello che posso dirti è che il vaccino sembra a posto, se non immacolato. Quando ci sarà la votazione?»
«Dopodomani.»
«Che posso dirti, oltre a garantirti che mi farò sentire?»
«Grazie, Rudy.»
«Hai in programma di venire da queste parti?»
«Subito dopo la votazione. Mi piace lassù, e Dio solo sa quanto mi farebbe bene un po’ di riposo.»
Ellen agganciò. Rudy non sarebbe stato la risposta, almeno non in questa ripresa.
A differenza dell’ultima volta che era stata al PAVE, questa volta Ellen non riuscì a trovare un posto per l’auto e dovette fermarsi in un posteggio a pagamento, ben otto dollari per la prima mezz’ora, a tre isolati di distanza. I vaccini presentavano dei problemi che né il governo né il mondo scientifico stavano cercando di risolvere. Non aveva alcun dubbio che molte vite venivano perse o rovinate a causa di complicazioni immediate o a lungo termine delle vaccinazioni. Non aveva però nemmeno alcun dubbio che i vaccini evitavano una gran quantità di morti e sofferenze.
Questa volta, quando Ellen entrò negli uffici del PAVE, nessuno si alzò in piedi per applaudirla. Nessuna frivolezza. All’improvviso, la sua coraggiosa e donchisciottesca presa di posizione a favore di questioni in cui tutti loro credevano era diventata qualcosa di serio. Ellen ricordò il delizioso libro e film, Il ruggito del topo, in cui un minuscolo stato con un esercito di una ventina o poco più di soldati armati con archi e frecce, muove guerra contro gli Stati Uniti. Il loro piano è di perdere rapidamente per poter raccogliere le tradizionali riparazioni di guerra dai vincitori americani. Il fatto è che vincono. Che fare ora?
Nessuno, proprio nessuno aveva previsto di potersi trovare nella condizione di sconfiggere l’Omnivax, anche se solo momentaneamente. Tutto ciò che il PAVE voleva era una piattaforma su cui fare un altro passettino in avanti, per presentare al mondo le preoccupazioni sulla sicurezza del vaccino. In questo senso Ellen aveva fatto ciò che doveva fare.
Che fare ora?
«Ehi, arriva l’eroe vittorioso.»
Cheri Sanderson balzò fuori dal suo ufficio e abbracciò EUen.