«Se sono tanto vittoriosa», commentò Ellen, «come mai mi sento come se avessi un limone conficcato in gola?»
«Se non sbaglio John Kennedy si era ammalato proprio prima di telefonare a Kruscev e di dirgli di spostare i missili, altrimenti… Entra. Caffè? Tè?»
«Niente, grazie. Sally non c’è?»
Nell’ufficio ingombro di Cheri vi erano articoli incorniciati che parlavano dell’incredibile influsso del PAVE, e della sempre più grande consapevolezza generale che le vaccinazioni non erano benefiche e indiscusse come le autorità volevano che tutti credessero.
«Trascorre la giornata con suo marito. Ultimamente si è lasciata prendere un po’ da questa faccenda dell’Omnivax e credo sia stata un po’ fredda con lui.»
«Posso capire. So cosa ha passato dopo quello che è successo a suo figlio.»
«E così oggi siamo solo tu e io. Lynette ti ha messo in un bel guaio, eh?»
Ellen si fissò le mani. Questa donna, non più alta di un metro e cinquantacinque, cinquantasette, era un gigante, scelta forse da Dio perché superasse grossi svantaggi per poter fare una differenza. Negli ultimi dieci anni aveva trascorso migliaia di ore a blandire, scrivere, indagare, discutere, lisciare, condannare, implorare, consolare, piangere per poter aiutare il mondo a raddrizzare qualcosa che secondo lei era totalmente sbagliato. Aveva lottato accanto a madri cui venivano portati via figli, perché loro si rifiutavano di farli vaccinare. Si era trovata davanti a dottori espressamente nominati nel Tribunale dei diritti federali degli Stati Uniti, stringendo le mani di genitori che avevano appena ricevuto una somma irrisoria per prendersi cura del figlio menomato dal vaccino, la somma massima per legge secondo il National Childhood Vaccine Injury Act del 1986, o peggio, nessun risarcimento.
Ellen fissò una delle citazioni incorniciate. Era di una madre del Wisconsin, il cui figlio, il cui sogno, era stato tremendamente e irreparabilmente distrutto: Il governo ci costringe a vaccinare i nostri figli, diceva, e poi, quando qualcosa va storto, peccato, devi cavartela da sola.
«Senti», disse infine Ellen, incapace di velare le parole, «scusami se ti sembro tanto riservata, ma non hai idea di ciò che ho sentito in questi tre anni e di chi ha detto quelle cose. Quelle persone non sono dei mostri né dei criminali né degli assassini. Sono medici e scienziati e intellettuali. Credono veramente in ciò che stanno facendo.» Con grande sorpresa di Ellen, Cheri non la confutò automaticamente. La sua espressione, che a volte aveva la durezza del diamante, era dolce e triste.
«Lo so», disse dolcemente.
«Non metto in discussione il fatto», continuò Ellen, «che molti di loro ricevano denaro dalle ditte farmaceutiche. Ma ciò li rende necessariamente disonesti? Per ogni grafico presentato da me, loro hanno fornito risposte incredibilmente logiche e suffragate. Per ogni esperto citato da me, loro ne hanno menzionati dieci con titoli altrettanto genuini. Era diverso quando pensavo che il mio voto sarebbe stato un simbolo, una cortese richiesta che la discussione su questo tema continuasse. Non ho mai voluto essere l’epicentro di questa controversia. Non ho mai voluto esserne il fulcro.»
Cheri si portò alle spalle dell’amica e l’abbracciò, la guancia sui capelli di Ellen. Non c’era nulla di falso in quel gesto, di certo non era dettato da senso di condiscendenza.
«Ascolta», disse, rimettendosi a sedere, «non ti dirò che questo non è importante per noi. Ma non è tutto. È una battaglia, non tutta la guerra. Erano presenti più di cinquecento persone al convegno sul vaccino che abbiamo tenuto quest’anno. Cinquecento persone da tutto il mondo, professori, pediatri, scienziati, genitori, filosofi. Al prossimo ce ne saranno di più. La stampa e il Congresso cominciano a capire che non siamo delle radicali isteriche, trascinate dall’amarezza, dagli ormoni, dalle emozioni, prive di logica, per nulla disposte ad ascoltare la voce della ragione.
«Ellen hai fatto un lavoro fantastico, più di quanto chiunque di noi aveva il diritto di aspettarsi. Hai reso fieri me e Sally e tutti gli altri là fuori. Hai già fatto capire a migliaia di genitori che le loro opinioni importano. Se voti contro l’Omnivax, tu e io sappiamo che andrai incontro alla frenesia famelica della stampa e forse finirai addirittura sulla copertina di Newsweek o del Time. Saremmo ingenue se pensassimo altrimenti. Se voti a favore, la tua vita riprenderà il solito corso e saremmo felici di ridarti il tuo incarico al telefono. Ti prometto, tuttavia, che, qualsiasi decisione prenderai, nulla cambierà nella nostra ferma intenzione di pretendere una valutazione scientifica, precisa e a lungo termine delle vaccinazioni. La nostra crociata a favore di una scelta fatta da genitori consapevoli non cambierà. Non cambierà nulla nemmeno nel nostro impegno a trovare una via di mezzo che sia la più sicura per tutti.»
L’espressione di Cheri fece capire a Ellen che non stava facendo alcun giochetto cerebrale, anche se in alcuni ambienti si riteneva che fosse una campionessa.
«Ho quasi deciso cosa farò», dichiarò Ellen, «ma finché non ne sarò completamente certa, preferirei tenere per me la mia scelta.»
«Va bene», replicò Cheri. «Sarebbe bello saperlo appena tu lo vorrai e, naturalmente, spero che scenderai in campo a nostro favore.»
«Voglio fare ciò che è giusto», soggiunse Ellen, sperando che Cheri capisse che era probabile che le cose andassero come voleva lei.
«Questo è tutto ciò che ti abbiamo chiesto», osservò Cheri.
Mentre passava accanto all’ufficio di Sally, Ellen sbirciò dentro e soffermò lo sguardo sulle fotografie che adornavano le pareti, fermandosi un attimo davanti a una in particolare.
La casa di Ellen, sette stanze in stile Cape Cod a Glenside nel Maryland, nella zona a sudest di Washington, era quella che lei e Howard avevano acquistato poco dopo il matrimonio.
«Se questo sarà l’unico posto in cui vivremo, sarò assolutamente felice», aveva detto allora.
Certo.
Sulla via di casa, Ellen si fermò al supermercato del quartiere per comperare uova e latte. Amava le frittate di ogni tipo, e con ciò che vi era in frigo, nello scomparto della verdura, avrebbe creato un gran pasto. Fisicamente e mentalmente era sfinita, esausta come non ricordava d’essere mia stata. Mentre tirava fuori il portafoglio alla cassa, lanciò un’occhiata allo scaffale delle riviste. C’erano sia il Time sia Newsweek. Immaginò la propria faccia sulla copertina. Oggi a comperare uova e latte al Kim’s Korner, domani il suo volto in tutto il mondo. Era pronta per una cosa simile?
Che ne pensi, Howie? Prevedi di vedere presto la tua nuova moglie sulla copertina di una rivista? Sul Mensile della Barista?
Ellen sistemò la spesa sul sedile del passeggero, vergognandosi per la sua piccineria. Riusciva quasi sempre a controllare abbastanza bene rabbia e dolore e stava male quando sgarrava. Il supervaccino era una cosa troppo grossa, che stava succedendo troppo in fretta. Pensò alle orribili cifre che Steinman le aveva mostrato: vite perse o distrutte se votava a favore del farmaco, contro vite perse o distrutte se votava contro. Fondato sull’attuale livello di conoscenza del vaccino, il verdetto era di parità. Ma quello era proprio il punto a favore del quale Cheri e Sally e gli altri si stavano battendo, un aumento del grado di conoscenza.
Ellen parcheggiò nel garage e portò in casa la spesa passando per la porta della cucina. Malgrado la sgradevole associazione d’idee con Howard, amava veramente quella casa, dalla fila di erbe aromatiche alla finestra all’enorme quercia nel cortile sul retro, agli scoiattoli fastidiosi, al piccolo balcone che sporgeva dalla sua stanza da letto dove passava molte ore a guardare le prime luci del giorno filtrare attraverso gli alberi. Era veramente una piacevole…