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«Non credo che si debba arrivare a tanto», commentò la Catlett. «Me se è così che lei cura tutti i suoi pazienti, cambio medico. Al mio ente di medicina preventiva non piace affatto pagare camere private.»

Matt fece un rapido giro dei suoi pazienti, quindi portò l’apparato per inserire il tubo nel torace e per drenare, i palloncini endovenosi, gli antibiotici e altre cose trafugate alla moto. Aveva la mente talmente piena di pensieri su Nikki e di domande concernenti l’aggressione che non riusciva a concentrarsi su molto altro. Quando tornò all’unità, le infermiere gli riferirono che Nikki aveva dormito da quando lui se ne era andato, svegliandosi e riaddormentandosi subito dopo ognuno dei due esami neurologici. Eppure, come entrò nella camera, lei gemette di contentezza e aprì gli occhi.

«Ben tornato», lo salutò, sbadigliando.

«Come facevi a sapere che ero qui?»

«A volte le cose le so, così.»

«Come va il mal di testa?»

«Hai mai visto Riverdance

«Oh, oh. Posso farti dare del Tylenol, ma preferirei tenermi alla larga da qualcosa di più forte.»

«Il Tylenol andrà bene. Sono una dura.»

«Non occorre che cerchi di convincermene. La vigilanza della polizia è sistemata. Avevi ragione su Bill Grimes. Si sente protettivo nei tuoi confronti.»

«Spero che riesca a capire che c’è sotto tutta questa storia.»

«È un bravo poliziotto.» Quando vuole esserlo. «Senti, devo fare una visita a domicilio, ma resterò qui in giro fino all’arrivo dell’agente. Tu rimettiti a dormire. È la cosa più terapeutica che puoi fare al momento.»

«Tra un minuto. Ora sono ben sveglia. Puoi sederti per un po’? Mi sento un po’ come Dorothy quando, guardando fuori dalla finestra, scopre di non essere più nel Kansas.»

«Preferisco parlare con te che scrivere cartelle cliniche.»

«Grazie. Le infermiere mi hanno detto che hai studiato a Harvard.»

«Ho fatto il tirocinio pratico ospedaliero al White Memorial»

«Però! Io non sono stata accettata al loro programma chirurgico.»

«Chirurgia?»

«Ho fatto un anno di chirurgia al Metropolitan, poi sono passata a patologìa. Volevo che i miei pazienti giacessero immobili, veramente immobili mentre li operavo. Dove vivevi quando eri là?»

«Beacon Hill. La zona più povera. Boston mi piaceva molto, ma il mio cuore è sempre rimasto in queste montagne. Non vedevo l’ora di tornare.»

«Non è difficile capirlo. Questa zona è molto bella.»

«Solo quando non si è inseguiti da un paio di pazzi assassini. Posso chiederti una cosa?»

«Certo.»

«Riguarda il tuo tatuaggio.»

«Che vuoi sapere?» domandò, con un tono leggermente difensivo.

«Oh, niente. Volevo solo che tu sapessi che m’imbatto di continuo in piedi di medici con tatuaggi del mostro Gila.»

Nikki strinse gli occhi. Mi stai prendendo in giro? chiese con lo sguardo.

Matt cercò di salvare la situazione.

«Uh uh, scusami», esclamò. «Suonare insolente nel momento sbagliato è uno dei miei talenti meno piacevoli e mi caccia sempre nei guai. Mea culpa.» Tirò su la manica per mostrarle il suo tatuaggio. «Io sono per i biancospini.»

L’espressione di Nikki si addolcì.

«Un giorno o l’altro mi devi una storia», disse. «Ecco, vediamo. Mi sono fatta fare il tatuaggio alcuni anni fa. Alcuni dei miei amici musicisti si stavano facendo tatuare e avevo deciso di volerne uno anch’io. Ho scelto il dorso del piede, perché così potevo vederlo quando volevo, ma anche nasconderlo quando volevo. Avrei scelto un altro posto se avessi saputo quanto questo avrebbe avuto successo. In verità è solo un mezzo mostro Gila. La parte anteriore è una salamandra.»

«Molti nostri medici hanno scelto quella versione», commentò, malgrado stesse cercando di trattenere l’ironia.

Gli occhi di Nikki risero. Nessun problema, questa volta.

«Una volta ho visto le due parti congiunte su un vaso di creta in una riserva Navajo in Arizona», continuò, «e, dopo che l’artista me l’ebbe spiegata, ho adottato quell’immagine come una specie di totem personale. La salamandra è timida, vulnerabile, debole e riservata. Il Gila è intrepido, compatto, combattivo, determinato e tanto ostinato che, quando afferra qualcosa con le sue fauci, bisogna tagliargli la testa per costringerlo a lasciarla andare.»

Matt ricordò l’orribile morte della bestia nel sogno e rabbrividì. Non aveva mai respinto il mistico o il sovrannaturale, cominciando dai sogni, e questo lo stava preoccupando sempre più. Quello scenario sconcertante riproduceva semplicemente una versione degli eventi appena passati o era una visione di cose future?

«Posso capire ora come quei due uomini sulla strada abbiano ricevuto più di quanto s’aspettassero.»

Non ricevette risposta. Nikki aveva chiuso gli occhi, il cervello avvolto dalla stanchezza e dall’effetto della commozione cerebrale. Gli effetti prolungati del trauma cranico erano assolutamente imprevedibili e potenzialmente devastanti. Matt aveva visto atleti professionisti costretti per sempre all’inattività e altri, mentalmente a posto senza visibili cambiamenti sulle loro risonanze magnetiche, peggiorare gravemente nel giro di pochi giorni.

Silenziosamente, pregò per Nikki Solari e per la musica che suonava, con o senza il violino. Si alzò, quindi, prima di voltarsi, allungò impulsivamente il braccio per toccarle la mano. All’ultimo istante, si tirò indietro. Il gesto sarebbe stato del tutto innocente e spontaneo con quasi tutti i suoi pazienti, ma non con questa, dovette ammettere.

17

Con tre rapidi colpetti di gola, il dottor Richard Steinman richiamò all’ordine la riunione finale della commissione sull’Omnivax. Fuori dalle porte chiuse della sala non vi era la ressa di fotografi e giornalisti che aveva ripreso e trasmesso il discorso di Lynette Marquand. La stampa era comunque rappresentata. La spettacolarità della promessa della first lady di ripartire da zero con l’Omnivax, se anche un solo membro di quell’illustre tavola rotonda avesse votato contro, unita alle implicazioni politiche e mediche, aveva mantenuto alto l’interesse.

Nella lussuosa sala conferenze, ventidue medici e scienziati interruppero le loro conversazioni e, con solennità, presero posto attorno al tavolo. Un posto rimase vuoto, quello della rappresentante dei consumatori, Ellen Kroft.

«Gradirei cogliere questa occasione», esordì Steinman, «per ringraziare tutti voi per l’impegno profondo che avete dimostrato in questi tre anni e che culminerà con la votazione di questa mattina. Avete reso un grande servigio al vostro paese, alla comunità medica e alla gente di tutto il mondo. Il programma di questa ultima riunione prevede che ognuno di voi esprima qualche osservazione sul tema che preferite riguardo al lavoro svolto. Dopo di ciò, ognuno voterà sì o no. A causa della promessa fatta dalla first lady agli americani, l’astensione verrà considerata un voto positivo.»

S’interruppe e, dalla sua espressione, sembrava avesse inghiottito un pezzo di carne senza masticarlo.

«Prima di andare avanti», riprese, dopo essersi schiarito la gola ed essersi calmato, «c’è una dichiarazione che mi è stato chiesto di leggere a tutti voi. Mi è stata recapitata questa mattina sul presto, con un biglietto che diceva che copie della stessa erano state inviate al Washington Post e al New York Times e ai quattro principali network televisivi e alla CNN. È della signora Ellen Kroft, che oggi non sarà presente. Mi spiace non vi sia stato tempo per dare a ognuno di voi una copia, la riceverete comunque al termine della seduta. La signora Kroft mi ha chiesto di leggere la sua dichiarazione dalla prima all’ultima parola.»