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Ebbene, ora Howie se ne è andato da tanto e tu ti sei ripresa bene. Mi racconti tutto ciò che stai facendo e mi parli anche di alcuni appuntamenti sentimentali. Questo fa male. «Io sono qui!» vorrei gridare. «Proprio sotto il tuo naso! E ti ho amata per trentacinque anni.»

Con ogni probabilità non invierò questa lettera, o forse sì. In ogni caso, penso sia fantastico che tu abbia accettato quel posto nella commissione di valutazione del vaccino e che mi abbia chiesto di aiutarti in alcune ricerche. Ti prometto che farò tutto ciò che posso per farti diventare una esperta nel campo. Vorrei essere un po’ più vivace e carismatico e un po’ meno timido, ma, ahimè, è così che sono. E non rimpiango affatto il corso preso dalla mia vita.

Ho solo pensato che era ora che tu lo sapessi.

Il tuo devoto amico

Rudy

Ellen aveva alzato gli occhi dal rattoppo logoro che stava esaminando sul tappeto orientale nella sala d’attesa dell’ambasciata e si era resa conto che l’attaché di Andrew Strawbridge le stava sorridendo.

«Presto», le aveva detto con un vellutato accento inglese. «L’ambasciatore Strawbridge sarà qui.»

«Grazie. Non mi spiace aspettare.»

La lettera era ancora nella sua borsetta. Rudy si era alzato attorno alle sei e, senza sapere che lei era nel suo studio, era uscito nel cortile dove aveva fatto una ventina di minuti di tai chi, un tai chi di alto livello, per quanto ne capiva lei. Sapeva che praticava quella splendida arte marziale e di tanto in tanto l’aveva osservato esercitarsi da solo nel cortile. Non aveva mai pensato di chiedergli se poteva unirsi a lui e lui, coerente con il suo carattere riservato, non le aveva mai proposto di farlo. Quella mattina, tuttavia, l’aveva osservato mentre si esercitava. Più tardi, durante la colazione a base di frittatine ai funghi e brie che lui aveva cucinato alla perfezione, aveva appreso che insegnava tai chi in un vicino centro ricreativo.

Era stata parecchie volte sul punto di parlare della lettera e di confessare ciò che aveva fatto, ma ogni volta si era tirata indietro. Quando si erano abbracciati, mentre lei si preparava per tornare a Washington, come avevano fatto centinaia di volte nel corso degli anni, era stato come se si fossero toccati per la prima volta.

Perché diavolo non hai infilato quella dannata lettera nella cassetta della posta quando hai avuto intenzione di farlo? aveva pensato mentre partiva.

«Signora Kroft? Signora Kroft, sono Andrew Strawbridge», si era presentato l’ambasciatore, con voce melodica e profonda.

Svegliata di soprassalto dalle sue fantasticherie per la seconda volta, Ellen era balzata in piedi, aveva mormorato una scusa e stretto la mano dell’ambasciatore. Era un uomo piccolo, esile e vivace, con cordiali occhi marrone intenso e una pelle profondamente nera. Il viso era leggermente butterato, probabilmente a causa di una malattia infettiva infantile.

«Grazie per essere venuto ad accogliermi di persona.»

«Leighton si è già alzato dalla sua sedia una volta», aveva replicato lui, ammiccando, «non volevo affaticarlo. In verità, sono venuto personalmente perché la sua telefonata di ieri mi ha incuriosito e non vedevo l’ora di conoscerla.»

«Grazie.»

«Ha detto che lei faceva parte della commissione che di recente ha approvato il supervaccino?»

«Sì. Alla fine però non ho votato né a favore né contro l’approvazione dell’Omnivax. Mi sono astenuta.»

«A volte, l’astensione è una dichiarazione molto forte», aveva osservato lui.

Le aveva fatto strada in un ufficio spazioso dalle pareti ricoperte di pannelli in mogano, con un tavolo da conferenze e una parete nascosta da scaffali pieni di libri. Una bandiera a strisce verdi, bianche e blu incorniciata era appesa dietro la scrivania. Sulle altre due pareti spiccavano le solite fotografie di diplomatici e dignitari che si stringevano le mani e una carta geografica della Sierra Leone.

«Caffè? Tè?» aveva chiesto l’ambasciatore. «Prendo in giro Leighton, ma in verità mi è di grande aiuto e prepara un caffè ottimo.»

Ellen si era raffigurata i piccoli eserciti di impiegati che facevano funzionare le altre ambasciate che aveva visitato.

«In questo caso, un caffè nero, grazie.»

«Leighton, per favore, caffè nero per la signora Kroft e il solito per me.» Lasciata la porta socchiusa, le aveva indicato una sedia di fronte alla scrivania. «E così lei è qui per parlarmi di un vaccino.»

«Sì, quello contro la febbre di Lassa.»

Strawbridge aveva sospirato.

«Un tema delicato per noi, temo, signora Kroft.»

«Non capisco.»

«La società che aveva creato il Lasaject circa dieci armi fa è la Columbia Pharmaceuticals, situata poco distante da qui.»

«Questo lo so.»

«Per quanto ne sappiamo, il vaccino è molto efficace. È d’accordo con me?»

«Sì e no», aveva risposto Ellen. «Il vaccino era stato sperimentato su un gruppo molto piccolo di persone nel suo paese, e si era rivelato protettivo. Per qualche motivo, però, la sperimentazione venne bloccata. Il vaccino è stato poi valutato su un gruppo più ampio qui, negli Stati Uniti.»

Strawbridge aveva annuito con l’aria di chi la sapeva lunga e si morse il labbro inferiore. Ellen aveva intuito che stava decidendo quanta verità svelarle.

«Sfortunatamente», aveva dichiarato infine, «nel periodo in cui la Columbia stava cercando di valutare il Lasaject, nel nostro paese vi era un certo, come posso dire, trambusto. Decisero allora di allontanare i loro tecnici e di testare il vaccino altrove.»

«È quella la sperimentazione che ho menzionato prima. Ma invece di valutarne la protezione contro la febbre di Lassa, hanno valutato i livelli protettivi degli anticorpi stimolati dal vaccino. Il rapporto della Columbia alla Food and Drag Administration afferma che, a quel riguardo, le inoculazioni avevano avuto un buon effetto.»

«Sono molto felice per loro», aveva ironizzato Strawbridge. «Ahimè, nessun cittadino del mio paese ha tratto beneficio dalla loro ricerca. Sono certo che non la sorprenderà sentire che la Sierra Leone non è un paese ricco. Le due persone a capo della Columbia, una virologa e un altro medico, sono venute a Freetown e hanno incontrato il nostro ministro della Sanità. Purtroppo, non hanno potuto trovare, come posso dire, un comune terreno finanziario per iniziare un programma di vaccinazioni di massa.»

«Mi spiace. Ho letto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità era restia a farsi coinvolgere, finché non fosse risolta l’agitazione politica.»

Gli scuri occhi di Strawbridge avevano lampeggiato, per poi ammorbidirsi di colpo.

«Purtroppo, nel nostro paese c’è stato un certo dissenso, che ha privato milioni di persone di una conquista medica.»

«Mi spiace.»

Ellen si era stupita di ritrovarsi, in quel momento, a pensare a Rudy, a quanto più tranquilla si sarebbe sentita se lui fosse stato lì con lei, a quanto sciocca era stata ad aprire quella lettera. Perché diavolo non aveva mai parlato francamente?

«E così», stava dicendo l’ambasciatore, «quando lei ha telefonato, mi ha incaricato di due compiti.»

«So che poteva essere difficile esaudire le mie richieste.»

Strawbridge aveva sorriso pazientemente.

«Non possiamo permetterci gli esorbitanti prezzi richiesti dalla Columbia Pharmaceuticals per il vaccino», aveva ammesso Strawbridge, «ma fortunatamente possiamo permetterci i computer. La sua prima domanda aveva a che fare con il numero di casi di febbre di Lassa verificatisi tra americani.»