E così il luogo dove era finito il dito mancante di Joe Keller sarebbe rimasto per sempre un mistero.
26
Erano passate le due del mattino quando Matt e Nikki trovarono finalmente una stanza libera in un motel appena fuori Stamford, nel Connecticut. Confusi, sconcertati e ben più che spaventati, si registrarono e portarono le loro poche cose su per una rampa di scale in una stanza anonima ma in ordine, con vista sull’Interstatale 95.
Dopo essere scappati dallo sconquasso che era l’appartamento di Nikki, si erano diretti verso sud, avevano superato Providence ed erano entrati nel Connecticut. Era stato un viaggio cupo, silenzioso, ben al di sotto dei limiti di velocità, in un traffico leggero. La decisione di Nikki di coinvolgere la polizia e possibilmente anche l’FBI, a dispetto del desiderio di Matt di rimanere il più possibile un mistero per Bill Grimes, almeno fino a che non avesse risolto le sue questioni con la Belinda Coal Coke, aveva suscitato in entrambi una certa tensione. Due uscite dopo Providence, lei gli aveva chiesto di lasciare l’interstatale e, fermatisi in un’area di servizio, aveva telefonato alla polizia.
«C’è stato un doppio omicidio nello studio del medico legale in Albany Street», aveva riferito, sorpresa dalla suo stesso tono calmo. «Responsabile è il capo della polizia di Belinda, nel West Virginia, William Grimes.»
Un minuto dopo erano di nuovo per strada.
«Ti senti meglio?» le aveva chiesto Matt.
«Non molto. Grimes dirà di non saperne nulla e che qualche pazzo che aveva arrestato voleva metterlo nei guai.»
«Una volta scoperti quei cadaveri, sono sicuro che la polizia inizierà a indagare su tutti quelli che lavorano nel tuo edificio. Non ci metteranno molto a capire che potresti essere stata tu a telefonare.»
«Non m’importa. So che a te importa, ma a me no. Tu e io siamo gli unici che possono collegare Grimes a Joe. Sarà la nostra parola contro la sua, ma due titoli accademici conteranno pure qualcosa. Domattina voglio andare all’FBI e denunciare gli assassinii e il mio rapimento. Quello è decisamente un reato federale. Se vuoi, dirò loro di non sapere dove sei. Potrai così raggiungere Washington e incontrare quel tipo di cui ha parlato tuo zio.»
«Fai tutto ciò che senti di dover fare», aveva replicato Matt.
«Scusami se alla fin fine interferisco con i tuoi piani.»
«Speriamo che non si arrivi a tanto.»
«Sei arrabbiato.»
«Non sono arrabbiato. Avrei preferito, non so, avere rafforzato la nostra posizione prima di coinvolgere la polizia, avere parlato, per esempio, con un avvocato.»
«Scusami.»
«Non scusarti. Hai vissuto un incubo da quando hai messo piede a Belinda. Hai il diritto di fare ciò che vuoi.»
«Anche tu», aveva ribattuto lei.
«Anch’io», aveva concordato Matt, prima di affrontare la rampa d’entrata e riprendere l’interstatale.
Anch’io.
Nikki fece una doccia e si cambiò per la notte. Quando uscì dal bagno, Matt si era già infilato una tuta e stava leggendo una rivista nella poltrona accanto al tavolino, il più lontano possibile dal letto.
«Vieni a dormire?» chiese Nikki con voce impassibile.
«Tra poco», rispose lui con lo stesso tono freddo. «Il viaggio e tutto ciò che è accaduto mi hanno reso un po’ nervoso. La lampada ti darà fastidio?»
«No, no.»
«Bene.»
Questa donna e Ginny erano diverse, stava pensando Matt, ma non quando si trattava di impuntarsi. Mio Dio, quanto avrebbe voluto prenderla tra le braccia. Rimase invece seduto nella poltrona, sfogliando la rivista, fissando senza vederla una insulsa fotografia di una baita su una montagna innevata un attimo dopo.
Nikki si pose sul fianco, girata dall’altra parte, ma Matt capì dal respiro e dalla posa che non stava dormendo.
«Dormi?» chiese infine.
«No.»
«È stata una notte orribile.»
«Già. Joe era un uomo meraviglioso.»
Passarono parecchi minuti di silenzio.
«Sai», riprese lui, «caso mai non l’avessi capito quando non sono nemmeno riuscito a pronunciare bene il termine, non ne so un gran che sul morbo del prione. Se te la senti, visto che siamo entrambi ancora troppo svegli per dormire, potresti dirmi quello che hai appreso dalle tue letture e dalla conferenza di quello scienziato.»
Nikki si girò lentamente verso di lui e poggiò la guancia sulla mano.
«Intendi Stanley Prusiner?»
«Sì, lui.»
«È uno stratagemma perché in questo momento le cose sono un po’ tese tra noi?»
«No… Voglio dire, sì… Voglio dire che non ne so molto sui prioni, a parte le nozioni base, per cui non lo chiamerei proprio uno stratagemma. Più che altro una missione d’informazione.»
«Hai intenzione di restare là?»
«Non vorrei.»
«Nemmeno io.»
«Allora, che sto facendo qui?» Si sedette vicino a lei. «Senti un po’. Che ne dici se ti togliessi un po’ di tensione dalle spalle mentre tu mi illumini sull’encefalopatia spongiforme?»
«Penso che a Stanley questa idea piacerebbe.» Si mise supina, mentre Matt iniziava a massaggiare l’irrigidimento che si diffondeva dalla base del collo. «Mmm. Solo un po’ più delicatamente. Oh, così, ecco, è perfetto. Va bene, vediamo un po’, tu già sai che i prioni sono piccole particelle di proteina capaci di riprodursi. Nessun DNA, nessun RNA, eppure possono riprodursi. Straordinario.»
«Questo è suppergiù tutto ciò che so.»
«Stai rallentando. Vuoi saperne di più o no? Ah, molto meglio. Allora, i prioni sono presenti normalmente negli esseri umani e probabilmente in ogni altro organismo con un sistema nervoso. PrPC è l’abbreviazione usata per questi prioni normali. In alcune persone e in alcuni animali sfortunati avviene una mutazione in uno o più prioni normali. Come conseguenza, si forma gradualmente un prione tossico chiamato PrPSc. Senza saperlo, il cervello e il sistema nervoso adottano questo agente infettivo. Poi il normale tessuto nervoso si sgretola lentamente e l’organismo ospitante muore.»
«Esseri umani e bovini.»
«E visoni, e cervi e gatti e anche scimmie. Temo che più indaghiamo, più morbi spongiformi troveremo. E i prioni potrebbero essere al centro di altre malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer.»
«Mia madre ha l’Alzheimer», ammise Matt.
«Lo so. Ne hai parlato stamattina e ne sono addolorata.»
«Per la maggior parte del tempo mi sembra che l’affronti meglio di quelli che ha attorno a sé.»
«È ancora troppo presto per saperlo, ma potrebbe avere una malattia mediata dal prione. Ti stai stancando?»
«No.»
«Allora, un po’ più verso le spalle, per piacere. Bello. Perfetto. Oh, che bello!»
«E così, la mutazione è l’unico modo per prendersi il morbo del prione?»
«No. Basta che i germi entrino nel corpo in qualche modo. I prioni che provocano il morbo della mucca pazza o kuru vengono mangiati. I pazienti che ricevono trapianti di cornea da qualcuno infetto da malattia spongiforme possono beccarla in quel modo. Ritengo, tuttavia, che vi siano altre vie di contagio.»
«E i sintomi appaiono dopo molto tempo?»
«Forse decenni. Finora si sono avuti solo un centinaio di casi di mucca pazza in Gran Bretagna, malgrado le tonnellate di carne bovina che quella gente ha mangiato prima che la malattia venisse riconosciuta e fosse dato l’allarme. Ciò potrebbe significare che in fermentazione vi sono migliaia di casi. Ma non credo sia così.»