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«Come ha fatto a rendermi un indiziato?»

«Ci sono scorte e medicinali ospedalieri nel bosco vicino alla casupola con impronte digitali e tracce di pneumatici di motocicletta tutt’attorno. Grimes pensa che quell’omaccione lavorasse per te quando hai rapito la dottoressa Solari e che tu lo abbia ucciso per non farlo parlare o per evitare che ti estorcesse più soldi.»

«Bella trovata. Sta allestendo la morte mia e di Nikki, Hal. Forse un omicidio seguito da suicidio compiuto da questo medico impazzito, tanto ossessionato dalla sua paziente da rapirla. Tutto ciò che Grimes deve fare è prenderci. Hal, devo fare uscire Nikki prima che parli con quelli dell’FBI. Ti richiamo più tardi.»

«Siamo attesi nell’ufficio di Carabetta alle tre di questo pomeriggio. Constitution Avenue.»

«Ci saremo», promise Matt.

Fece il giro dell’isolato e smontò dalla Harley dall’altro lato della strada di fronte all’edificio.

«FBI, per favore.»

«Ventiduesimo piano», rispose l’addetto alla sicurezza al bancone di ricevimento nell’atrio, alzando gli occhi dalla rivista il tempo necessario per assicurarsi che chi gli aveva posto quella domanda non fosse cinto di dinamite e non brandisse una mitraglietta.

I sei ascensori erano tutti tra il decimo e il quindicesimo dei ventisei piani dell’edificio. La loro discesa fu tanto disperatamente lenta che a Matt passò per la mente di farsi a piedi i ventidue piani. Era da solo quando entrò nella cabina, ma, come era prevedibile, tre persone, due uomini e una donna, si materializzarono proprio mentre le porte stavano per chiudersi e premettero i pulsanti per il quinto, il nono e il diciassettesimo piano. Matt batté la punta del piede e tamburellò le dita per tutta la salita, che gli parve durasse un’ora. L’ascensore si aprì direttamente nella sala d’attesa.

Grazie a Dio!

Nikki era ancora lì, seduta di fronte a un’addetta alla ricezione, e sfogliava una copia di People. Una rugosa donna asiatica occupava una delle altre sedie. Proprio mentre Matt usciva dall’ascensore, un giovane cupamente bello con un mento alla Hollywood uscì da uno degli uffici, si avvicinò a Nikki e si presentò come l’agente in servizio Sherman. Nikki, stupita dall’improvvisa comparsa di Matt, non rispose immediatamente all’agente. Quell’esitazione fu tutto ciò di cui ebbe bisogno. Corse al suo fianco e le infilò il braccio sotto il suo, stringendola con forza. Nikki parve momentaneamente scioccata, ma poi si riprese e affrontò l’aggressione con freddezza, ma anche con un’espressione che diceva, Sarà meglio che la tua giustificazione sia valida.

«Mi scusi se mi sono precipitato qui in questo modo, agente», disse Matt, «ma dobbiamo tornare più tardi. C’è stato un lutto in famiglia.»

«Ascolta bene, Sara Jane Tinsley. Smettila di dare i numeri e lasciami fare quello che ho da fare. Nessuno ti sta seguendo e nessuno sta cercando di farti del male. Esci e trovati qualcosa da fare o qualcuno con cui giocare. Se non sei capace di occupare il tuo tempo, mettiti a raccogliere il grano.»

«Il grano non è ancora pronto, mamma, e lo sai», ribatté Sara Jane.

«È più che pronto.»

«No, vuoi solo che io esca così quegli uomini possono prendermi. Tu mi odi. Odi il fatto che sono diventata tanto brutta. Credi che sia colpa mia. Pensi che stia alzata tutta la notte solo per infastidirti. Tu non capisci che non riesco a dormire. Per quanto mi sforzi, non riesco a dormire.»

Aveva tredici anni, era alta e sottile, ma non mostrava ancora alcun segno che stava diventando donna. E ora, pensò, non m’importa affatto se divento o no una donna. La preoccupavano però gli uomini che avevano tentato di farla salire sulla loro automobile mentre camminava per strada. Prima l’avevano chiamata per nome e le avevano offerto un grosso panda in peluche se andava con loro. Poi uno di loro, quello magro con il cappello da cowboy, era sceso dall’auto con un pugno di soldi in mano e glieli aveva allungati. Alla vista dell’uomo, Sara Jane si era girata ed era corsa nel bosco. L’uomo l’aveva inseguita, ma non sarebbe mai riuscito ad acciuffarla. Quello era il suo bosco. Nessuno poteva scovarla là dentro, a meno che non lo volesse lei.

«Stai facendo un grosso sbaglio», aveva gridato l’uomo, dopo avere smesso di inseguirla.

Sara Jane aveva riferito l’accaduto alla madre, ma era evidente che lei non le aveva creduto. Tutto ciò che aveva detto era che Sara Jane non sarebbe finita in simili guai se avesse smesso di correre via ogni volta che ne aveva l’opportunità e fosse invece rimasta vicina a casa. Sette figli, e Sara Jane era l’unica che si comportava in quel modo. In piedi tutta la notte. Inventando storie. Facendo le bizze. Urlando contro sua madre. Litigando con fratelli e sorelle. Fuggendo nei boschi.

Erano le protuberanze sul viso che la stavano avvelenando e spingendo a fare brutte cose, aveva cercato di spiegare Sara Jane. Quei bernoccoli. Il medico a Ridgefield aveva dissentito. Aveva detto che lei stava semplicemente diventando donna e che lo faceva in modo più faticoso degli altri. I gonfiori sarebbero scomparsi appena le fossero iniziate le mestruazioni. Forse. Ma questa mattina ne aveva trovato un altro, proprio sopra l’occhio, grande quasi come un centesimo e duro come una nocca. Era il sesto, più due proprio in cima alla testa. Le mestruazioni facevano meglio ad arrivare presto, o della sua faccia non sarebbe rimasto niente.

Era chiaro che sua madre aveva detto tutto ciò che aveva voluto dire su Sara Jane Tinsley. Che andasse al diavolo. Se voleva che venisse raccolto il grano, la figlia preferita l’avrebbe raccolto.

Sara Jane si precipitò fuori casa, sbattendo la porta a zanzariera lacerata dietro di sé, e afferrando un secchio in plastica. Fare il bucato e stirare era la fonte di denaro principale della madre, ma il grano, un mezzo acro, aiutava. Solo che questo era stato un anno arido, veramente arido, e molte pannocchie erano rimaste piccole. Ebbene, le voleva, le avrebbe avute, piccole o no.

Furiosa, Sara Jane raggiunse l’estremità della fila più lontana e cominciò a tirare giù tutte le pannocchie che riusciva a trovare e a gettarle nel secchio. I gambi si piegavano e tremavano con un rumore simile a quello che avrebbe fatto una trebbiatrice. Il rumore e i suoi stessi movimenti agitati le impedirono di sentire l’uomo che si stava avvicinando furtivamente dal dietro o di percepirne la presenza finché non fu troppo tardi. Con un braccio robusto e ossuto la bloccò contro il petto, con l’altro le chiuse la bocca e il naso con un panno, un panno inzuppato di qualcosa dall’odore dolciastro. Sara Jane tentò di lottare e di mordere, ma lui la sbatté a terra e la soffocò con il corpo e la mano. Lei comprese che si trattava dell’uomo con il cappello da cowboy, ma non poteva fare niente. Rapidamente, smise di lottare.

Te lo avevo detto, mamma… ti avevo detto che quegli uomini volevano prendermi…

Cominciò a girarle la testa. Poi, proprio mentre pensava di essere sul punto di vomitare, pace e oscurità la sommersero.

27

Ellen era sola, accoccolata nella poltrona in pelle logora nel soggiorno rivestito in legno d’abete di Rudy, un vassoio con un avocado e un panino ripieno di formaggio svizzero quasi non toccati, un bicchiere di Merlot quasi vuoto, il suo secondo, stretto in mano. Non aveva mai bevuto molto e non ricordava di averlo fatto al mattino. Ma il «documentario» sull’Omnivax che stava guardando alla televisione, messo insieme dalla campagna pubblicitaria Marquand, e la lettera che aveva nella borsetta e di cui non si era ancora occupata, avevano prodotto un livello di tensione che non si poteva non curare.