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«Sarà un nome di famiglia», commentò Rudy. «O una madre cui piaceva dare ai suoi figli il nome dei rivestimenti dei mobili.»

«È un bebè tanto carino. Lo chiameremo Naugahyde.»

«Forse dovremmo farci fare da un artista uno schizzo del suo volto secondo le varie informazioni ricevute», suggerì Rudy. «Oppure cercare di ottenere una fotografia dei quattro uomini dall’archivio dei passaporti al dipartimento di Stato.»

«A un certo punto, forse lo dovremo fare», ammise Ellen. «Non vorrei, tuttavia, perdere ora tutto quel tempo.»

«Sai, mi ha molto colpito quel piccolo iniettore pneumatico che il ministro userà su quella neonata.»

«Pensi che Vinyl, o chiunque sia stato, abbia infettato i passeggeri in quel modo?»

«O con una pistola a iniezione pneumatica come quella o con qualcosa di piatto e vuoto che si adatta al palmo della mano e sfrutta aria compressa da qualcosa su per la manica. Tecnicamente non è una cosa troppo complicata da costruire. Una spintarella, uno spruzzo di aria compressa mescolata con il virus di Lassa e zac, malattia istantanea.»

Ellen sentì che gli occhi stavano per chiudersi.

«Rudy», mormorò con una delicata voce infantile, «ho bisogno di chiudere gli occhi, solo per un po’. Ho bisogno di dormire.»

«Fallo, mia cara», lo sentì dire mentre si appisolava. «Fai tutto ciò che hai voglia di fare.»

Con il telecomando, Lynette Marquand spense il televisore che era stato portato su un carrello nel suo ufficio. «Ebbene, Lara, che ne pensi?» domandò.

Il ministro della Sanità, Lara Bolton, era raggiante.

«Splendido», rispose. «Magnifico. È assolutamente impossibile capire che la maggior parte del programma era stata registrata un mese fa. Quei ragazzi sono bravi, no, più che bravi. Sono faaantastici.»

«E la mia interpretazione?»

«Perfetta. Hai dato sufficienti informazioni, ma non troppe. E avevi un aspetto favoloso.»

«Grazie. Ti è piaciuto anche il copione?»

«Era perfetto, sincero e adeguatamente solenne, eppure umile ed emozionato. Mi è piaciuto moltissimo.»

«E la parte sulla bambina?»

«Cioè averla menzionata, senza comunque mai rivelare chi fosse?»

«Sì.»

«Ritengo abbia funzionato alla perfezione. Nessuno può criticarti per avere messo in imbarazzo lei e la sua famiglia o per avere violato la loro privacy, ma tutti, in ogni luogo, vorranno sapere chi è. Noi faremo il resto. Bastano una o due telefonate anonime e nel giro di poche ore tutti parleranno della piccola, adorabile Donelle Cleary.»

«E quelle telefonate?»

Lara Bolton fece finta di guardare l’ora.

«Credo che siano già state fatte, signora Marquand.»

28

Hal Sawyer stava aspettando Matt e Nikki nell’atrio del quartier generale dell’OSHA in Constitution Avenue. Era vestito più come il comandante di uno yacht club che un professore della facoltà di medicina, pantaloni bianchi, un blazer blu scuro, una camicia a righine azzurre aperta al collo, ma la sua espressione era cupa. Abbracciò Matt, quindi strinse la mano a Nikki e si presentò.

«Sono felice che stiate entrambi bene», commentò.

«Grazie a te», replicò Matt. «Siamo riusciti a uscire solo per un pelo dall’ufficio dell’FBI senza dovere dare loro alcuna spiegazione sul perché un capo della polizia pensa che io abbia sparato a un tipo in testa e abbia poi tentato di bruciare le prove.»

«Potrebbero non averlo ancora saputo. Ma Grimes sta attizzando il fuoco, per così dire.»

Matt sorrise fiaccamente.

«Siamo al sicuro qui?»

«Non c’è motivo di pensare che Carabetta sappia qualcosa. Non posso immaginare che l’OSHA riceva tutti i bollettini della polizia sugli omicidi.»

«Mio Dio. Mamma sta bene? Sa che non sono a Belinda?»

«Per alcuni minuti alla volta, pare di sì, ma poi se ne dimentica altrettanto velocemente. Mi spiace davvero per tutto ciò che hai dovuto sopportare. Anche per lei, dottoressa Solari.»

«Per favore, mi chiami Nikki», lo invitò lei. «Le sono grata del suo interesse. Tutta questa faccenda non sembra affatto risolversi.»

«Finirà. Grimes ha un sacco di potere dove vive, ma non molto altrove.» Abbassò di un grado la voce. «Conosco degli ottimi avvocati che potremmo andare a trovare dopo avere sistemato la faccenda della miniera. Pensi sempre che Grimes stia facendo tutto ciò per proteggere la BC C?»

«Ne sono certo, sì», rispose Matt, ignorando di proposito l’espressione dubbiosa di Nikki.

«Farò meglio a guardarmi le spalle, allora. Sono entrato anch’io in contatto con quei casi, sai.»

«Non ci ho pensato», disse Matt. «Motivo in più per ottenere le nostre prove e fermare Grimes il più presto possibile.»

«Oh, a proposito di prove, ho trovato il cervello di Darryl Teague, ma per adesso almeno, nessun segno di quello di Ted Rideout.»

«Potrebbe averlo preso qualcuno?» domandò Nikki.

«Ci piace pensare di avere preso buone precauzioni contro cose simili. Per ora preferisco credere che sia stato messo fuori posto. Abbiamo un deposito in cui conserviamo anche per più di un anno i prelievi. Rideout è morto meno di un anno fa, potrebbe trovarsi là.»

«Speriamo.»

«A proposito, Nikki, mi ha molto sconvolto la morte di Joe Keller. L’ho incontrato una volta a un congresso e mi è parso un tipo in gamba.»

«Grazie, lo era. Quelli che lo hanno assassinato hanno portato via tutti i prelievi di Kathy Wilson. È probabile che cerchino di portare via anche quelli che ha lei,»

«Forse. Starò attento e porterò tutto ciò che ho in qualche posto sicuro.»

«L’uomo che si ritiene abbiamo ucciso Matt e io era uno dei criminali che mi hanno rapita. C’era anche lui nella casupola, mentre Grimes mi interrogava sulla morte di Kathy. Era evidente che Grimes era il capo.»

Hal fischiettò tra i denti.

«Lui sostiene che l’avete ucciso voi due, e che poi avete cercato di bruciare le prove, per così dire. Gli ho detto che Matt non si sarebbe preoccupato di bruciarle, perché sapeva che io ero un medico legale sufficientemente acuto da non farmi scappare il foro di proiettile nel cranio dell’uomo anche se l’avesse ridotto in cenere, ma non mi è parso che abbia dato peso alle mie parole.»

«O l’ha ucciso lui o l’ha fatto fare a qualcun altro», osservò Matt. «Ora, almeno, capisci che genere di persona è.»

«Sì, lo capisco», ribatté Hal, mestamente.

«Conta sull’appoggio di quei suoi amici del country club che ritengono che io sia, tanto per cominciare, strambo e capace di fare qualsiasi cosa.»

«Conosco Bill, e lo stimavo, il che dimostra quanto ci si possa sbagliare, a volte. Ebbene, è ora di contrattaccare. Andiamo a parlare con Fred. Matthew, farò parlare prima te da solo. Nikki e io aspetteremo nella sala d’attesa. Se non è d’accordo sull’ispezione che vuoi tu, toccherà a me convincerlo.»

«Come vuoi.»

Fred Carabetta li aspettava in una stanza ben ordinata con una sola finestra, un divano in pelle e una libreria incassata. L’ufficio sarebbe stato assegnato a un manager di basso o medio livello in un’impresa privata, ma in un ufficio governativo, indicava un certo potere. Alcune fotografie rivelavano che aveva una moglie e due figlie adolescenti e una passione per la pesca d’alto mare e il golf.

Carabetta era un uomo grassoccio e quasi calvo sulla cinquantina, tanto basso da sembrare più largo che alto. Non faceva che fregare i pollici carnosi su indici e medi simili a salsicciotti. Consapevole, con ogni probabilità, di questa abitudine nervosa, tenne quasi sempre le mani in grembo. A suo merito, pensò Matt, Carabetta ascoltò pazientemente il suo resoconto della scoperta della discarica tossica, interrompendolo solo di tanto in tanto per avere una spiegazione. Matt non menzionò di proposito né la morte di Joe Keller né l’aggressione a Nikki. Non conosceva Carabetta e, almeno fino a quel momento, nulla in lui indicava coraggio o dedizione alla giustizia.