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«Nessuno di loro del male a me fatto ha» rispose Lunga Bottiglia.

«No, però…»

«La differenza ecco: non noi generalizziamo. Certi umani cattivi hanno fatto certe cattive cose: quegli umani non piaccionci. Quanto al resto dell’umanità, per uno uno li giudichiamo.»

«Ma non vi hanno trattato meglio, quando hanno scoperto che eravate intelligenti?»

«Gli umani scoperto hanno che eravamo intelligenti prima che scoprissimo noi loro lo erano che.»

«Che cosa?» esclamò Jag. «Ma era ovvio che loro fossero intelligenti. Avevano costruito città, strade…»

«Visto niente di questo.»

«No, me ne rendo conto. Ma navigavano su battelli, fabbricavano reti, indossavano vestiti.»

«Niente di tutto ciò significativo era per noi. Avevamo non concetti per simili cose, nessun termine di paragone. I molluschi crescere si fanno una conchiglia, hanno gli umani vestiti di tessuto. La copertura dei molluschi è più robusta. Avremmo giudicare dovuto i molluschi più intelligenti? Tu dici che gli umani cose costruivano. Noi concetto non avevamo di costruzione. Sapevamo non che costruivano barche. Forse pensavamo che le barche fossero vive, o che un tempo lo erano state. Alcune avevano di legno sapore, altre lasciavano chimici elementi nell’acqua, proprio come fanno le cose viventi. Era un successo, muoversi sulla schiena delle barche? Noi credevamo che gli umani fossero come le remore degli squali.»

«Ma…»

«Loro la nostra intelligenza non hanno visto. Ci guardavano negli occhi e non ci vedevano. E noi loro guardavamo e non vedevamo li.»

«Ma quando avete scoperto la loro intelligenza, e loro la vostra, vi sarete resi conto di quanto male vi hanno fatto.»

«Sì, alcuni di loro in passato maltrattato ci hanno. Gli umani generalizzano, in colpa si sentono. Imparato ho io da tempo che il concetto di colpa ancestrale, di peccato originale, è una centrale credenza per molti di loro. Nei tribunali umani discussi sono stati casi per determinare il dovuto ai delfini compenso. Questo per noi senso ha non.»

«Adesso però voi siete al fianco degli umani, un fatto che per la mia gente è difficile da comprendere. Come fate?»

Lunga Bottiglia abbaiò: «Loro debolezza accetta la, il benvenuto alla loro forza dà.»

Jag rimase zitto.

Alla fine la Rum Runner raggiunse la sua destinazione, a 1,3 miliardi di chilometri dalla stella e a un miliardo di chilometri dalla scorciatoia. Jag e Anguria Scavata si consultarono via radio per stabilire l’esatta traiettoria su cui lanciare il piccolo matos, quindi riattivarono le boe gravitazionali che, spingendo e tirando secondo i piani, misero in movimento il piccolo verso la stella facendolo cadere proprio verso il pozzo gravitazionale dal quale l’avevano appena tirato fuori. Questa volta, però, tra il matos e la stella c’era il punto della scorciatoia; questa volta, se tutto fosse andato bene, il cucciolo sarebbe entrato nella scorciatoia e il suo avvicinamento sarebbe stato favorito proprio dalla gravità della stella.

Anche con i razzi a piena potenza, alle boe ci volle più di un giorno per portare il matos in vicinanza della scorciatoia. Anguria Scavata spedì un watson per avvertire la Starplex che, se tutto andava bene, il piccolo sarebbe emerso entro breve dalla loro uscita.

Quando furono nei pressi della scorciatoia, le boe si diedero da fare per rallentare la corsa del cucciolo, in modo che attraversasse il portale lentamente. L’intero sforzo di recupero sarebbe stato vanificato se il matos fosse stato scagliato verso la stella verde che stazionava vicino alla Starplex. Una volta rallentato a una velocità ragionevole, il cucciolo fu messo nella direzione necessaria per attraversare la sfera tachionica con la giusta angolazione.

Le prime a passare dalla scorciatoia furono alcune boe gravitazionali, ma alla fine passò anche il cucciolo. Il punto cominciò a inghiottirlo, allargandosi, avviluppando il matos, spalancando labbra color porpora per circondare e infine per avvolgere la grande sfera nera. Jag si chiese che cosa pensasse il matos durante il passaggio, sempre che fosse ancora vivo.

E se era vivo, e se proprio a quel punto avesse ripreso coscienza (qualunque cosa fosse la coscienza), allora, si chiese Jag, cosa sarebbe successo se si fosse fatto prendere dal panico? Se fosse stato incapace di dare un senso al fatto di trovarsi parzialmente in un settore di spazio e parzialmente in un altro? Avrebbe potuto opporsi alla spinta e fermarsi. E se fosse morto a metà strada, nel bel mezzo della scorciatoia, forse sarebbe stato impossibile sloggiarlo di lì. Il portale aderiva con precisione a ciò che lo attraversava, per cui non sarebbe stato possibile coordinare i generatori di gravità dall’una e dall’altra parte. E per la PDQ e la Rum Runner, questo avrebbe significato rimanere intrappolati per sempre all’estremità del braccio di Perseo, a decine di migliaia di anni luce dai loro mondi di origine.

Il matos si deformò lievemente nell’attraversare la scorciatoia, lo si vide dagli spostamenti dei confini del portale. Quegli spostamenti erano normali, e i loro effetti sui rigidi scafi delle astronavi erano trascurabili, ma i matos erano composti principalmente di gas… un gas esotico, fatto di quark-lucenti, ma pur sempre gas. Jag temette che il piccolo potesse essere segato in due, come in un processo di nascita normale, che poteva però risultare fatale verificandosi in modo inaspettato. Il nucleo della creatura risultò invece abbastanza solido da impedire alla scorciatoia di tagliarlo in due.

Alla fine il matos passò completamente. La scorciatoia collassò alla sua consueta esistenza adimensionale. Jag avrebbe voluto ordinare immediatamente a Lunga Bottiglia di tuffarvisi, per poter vedere il risultato dei loro sforzi. Dovettero però aspettare per ore, in compagnia di Anguria Scavata sulla PDQ, per essere certi che il matos si fosse spostato abbastanza lontano dalla scorciatoia da evitare che una collisione o anche soltanto le forze di marea, provocate dalla sua immensa gravità, distruggessero le loro navi subito dopo l’emersione dalla scorciatoia.

Alla fine, dopo che una sonda ebbe loro comunicato che la strada era libera, Lunga Bottiglia programmò il computer per tornare a casa. La Rum Runner si spostò in avanti. La scorciatoia la inghiottì e passarono dall’altra parte.

Ci vollero alcuni secondi perché Jag afferrasse il significato di ciò che vedeva. Il piccolo era là, questo era chiaro. E c’era anche la Starplex. Ma la Starplex era circondata da ogni lato da matos e sembrava morta: tutte le sue luci erano spente.

24

Il punto che costituiva la scorciatoia cominciò a espandersi, iniziando come una pallina violetta di radiazione Soderstrom ma crescendo inarrestabilmente in un anello color porpora. Il primo oggetto che emerse fu una delle boe antigravitazionali costruite in fretta e furia sulla Starplex, poi ne arrivò un’altra e ancora un’altra. Sfrecciavano nel cielo come pallottole. Fino a un istante prima avevano rimorchiato il cucciolo matos, ma da quando erano emerse dal portale non erano più state trattenute dalla sua massa ed erano partite per la tangente. Ben presto, però, il corpo del cucciolo matos cominciò a emergere, spuntando nel cielo da un anello color porpora.

Sul ponte della Starplex, Thorald Magnor diede l’avvio a un applauso entusiasta, che trovò subito eco in centinaia di altri applausi provenienti da ogni parte della nave, mentre tutti assistevano allo spettacolo da un oblò o da uno schermo.

Occhio di Gatto si spostò verso la scorciatoia insieme con una decina di adulti matos, chiamando a gran voce il piccolo. Dagli altoparlanti del ponte, Phantom trasmise una traduzione di ciò che diceva Occhio di Gatto, anche se molte parole mancavano. Il capo dei matos non limitava il suo vocabolario alle poche centinaia di parole che Rissa e Hek avevano imparato. “Vieni avanti… avanti… verso… tu sei… noi… vieni… corri… non fare… avanti… avanti…”