Continuò a camminare finché diverse case lo separarono dalla scuola, poi svoltò in direzione est. Incontrò alcune persone sul suo cammino, ma tutte semplici conoscenze che non avevano motivo d’interessarsi a quello che lui faceva. Venti minuti più tardi raggiunse la spiaggia. Da lì andò a nordovest, lungo la parte più corta dell’isola, mettendo in breve la cresta di alture tra sé e la maggior parte delle abitazioni. Su quel lato la vegetazione era folta e intricata come dall’altra parte delle alture. I cespugli erano fitti ma non crescevano alberi d’alto fusto. A un certo punto il ragazzo riprese a salire in diagonale, e infine emerse dal sottobosco quasi in cima alla collina, e messosi carponi raggiunse un punto vicino allo spiazzo dove si era addormentato la sera che aveva voluto assistere alla colata di cemento. Anche da lì si vedeva chiaramente quello che succedeva attorno al nuovo serbatoio.
Al cantiere ferveva la solita attività: gli uomini sudavano a lavorare e i ragazzi stavano loro tra i piedi. Bob osservò attentamente tutti per vedere se c’erano i suoi amici, ma non li vide. Probabilmente erano andati a lavorare alla barca o avevano fatto una spedizione all’isoletta di Norman. Suo padre c’era, però, e il ragazzo lo tenne costantemente d’occhio mentre aspettava che si presentasse l’occasione sperata. Dalla quantità di parete ancora da fare, Bob era certo che la squadra addetta alla verniciatura fosse tuttora impegnata nel suo lavoro, quindi, prima o poi, gli uomini avrebbero avuto bisogno di altra vernice. Non era detto che fosse proprio il signor Kinnaird ad andarla a prendere, ma c’erano buone possibilità in questo senso.
Il Cacciatore si rese conto che il suo ospite era più agitato di quanto lo fosse mai stato da quando lo conosceva. I suoi occhi si posarono su ogni particolare della scena che si svolgeva sotto di loro, come se da ogni minimo movimento gli venisse l’ispirazione per completare il suo piano. Bob non aveva detto una sola parola da quando era uscito di scuola, e questo era notevole in un tipo come lui. Il Cacciatore non riusciva a capire che cosa avesse in mente il ragazzo, ma sapendo che non era affatto stupido si augurava che il suo progetto non facesse acqua.
A un tratto Bob si mosse, per quanto il poliziotto non avesse notato nessun cambiamento nella scena del cantiere. Senza cercare di nascondersi il ragazzo scese verso i serbatoi e si fermò accanto all’impastatrice. Lì attorno, per terra, c’erano parecchie camicie depositate dagli operai. Con gesti disinvolti Bob si mise a frugare nelle tasche delle camicie, senza curarsi che qualcuno lo vedesse. Infine parve aver trovato quello che cercava: una scatola di fiammiferi. Si rialzò, girò attorno gli occhi, incontrò lo sguardo del proprietario della camicia, e mostrò la scatoletta guardando l’operaio con espressione interrogativa. L’uomo gli fece segno di prenderla pure e tornò al suo lavoro. Bob intascò i fiammiferi, si sedette in un punto da dove poteva vedere quasi tutto il nuovo serbatoio, e riprese a seguire i movimenti del padre. E finalmente accadde quello che Bob aspettava. Il signor Kinnaird comparve reggendo sulle spalle un recipiente metallico, e mentre Bob si alzava in piedi per vedere meglio, sparì dietro il serbatoio, nel punto in cui di solito stava la jeep.
Bob si alzò con aria indifferente e andò dietro il vecchio serbatoio, camminando lentamente finché la massiccia costruzione non l’ebbe completamente nascosto agli operai sparpagliati su una vasta zona, poi riprese a correre a perdifiato tagliando dritto giù per la discesa. Pochi minuti più tardi arrivava alla strada asfaltata dove cominciava la fila di baracche in lamiera e qui, con sbalordimento del Cacciatore, cominciò a esaminarle da vicino. Nelle prime venivano tenute le macchine da costruzione, come le impastatrici e le scavatrici. Alcune di queste baracche, ovviamente, erano vuote dato che le macchine erano utilizzate in quel momento al cantiere. Parecchie altre erano piene di recipienti di benzina, petrolio e olio lubrificante. Bob osservò queste da tutte le parti, poi si dedicò a un’attività frenetica.
Scelse una delle baracche vuote, e dopo aver ripulito dagli sterpi il terreno lì davanti, prese ad accumulare, appena davanti alla porta, recipienti di benzina, portandone sei, sette per volta. Il Cacciatore se ne stupì, finché si accorse che erano vuoti. In breve tutte le latte erano sistemate a formare una piramide più alta del ragazzo. Soddisfatto di questa prima impresa, Bob entrò in un’altra baracca e cominciò a leggere attentamente le diciture che spiccavano su un’altra catasta di recipienti, questa volta pieni. Contenevano petrolio. Bob ne sistemò due in punti strategici della sua piramide, e apertone un terzo ne versò attentamente il contenuto sulla pila di latte e sul terreno intorno. Il Cacciatore collegò di colpo queste strane manovre con la scatola di fiammiferi.
Vuoi provocare un incendio? chiese. Perché hai preso le latte vuote?
«L’incendio ci sarà» rispose il ragazzo. «Ma non voglio far saltare in aria tutta questa parte dell’isola!»
Non capisco lo scopo. Un fuoco non può nuocere al nostro amico senza causare danni assai peggiori a tuo padre!
«Questo lo so anch’io. Ma se lui pensa che papà si trovi intrappolato dal fuoco senza via di scampo, immagino che cercherà di scappare. E io sarò pronto con un’altra latta di combustibile e altri fiammiferi.»
Magnifico, commentò il Cacciatore, rimpiangendo di non poter esprimere ironia col suo sistema di comunicazione. E in che modo pensi di mettere tuo padre in una situazione del genere?
«Lo vedrai!» rispose Bob, e il Cacciatore cominciò a preoccuparsi seriamente, e a chiedersi che cosa diavolo frullasse per la testa del suo giovane ospite. Questi intanto, dopo aver osservato la sua opera, andò a prendere una nuova latta, di olio questa volta, e versò anche quella sulla piramide, poi, aperto un recipiente di petrolio, andò a mettersi in un punto da dove poteva vedere la strada prima dell’ultima curva che portava sin sulla spiaggia per poi risalire verso le baracche. Di tanto in tanto il ragazzo lanciava anche qualche occhiata in direzione del cantiere, per evitare che qualcuno arrivasse inaspettatamente da qualche parte. Nel quale caso Bob Kinnaird avrebbe dovuto faticare non poco per spiegare i motivi del suo capolavoro.
Il ragazzo non sapeva quanto tempo aveva impiegato a scendere e a fare tutto il resto, quindi non aveva idea di quanto ancora avrebbe dovuto aspettare. Comunque preferì non muoversi dal suo punto di osservazione.
Il Cacciatore non aveva fatto altre domande. Saggia decisione perché Bob non avrebbe risposto. Non gli piaceva comportarsi così verso l’extraterrestre, ma l’idea di uccidere una creatura intelligente gli piaceva ancora meno, perciò voleva essere sicuro di uccidere l’individuo giusto.
Per avere quindici anni scarsi, Robert Kinnaird aveva un cervello assai obiettivo.
Alla fine, con suo immenso sollievo, dalla curva comparve la jeep. Il ragazzo aspettò che scomparisse di nuovo, poi tornò alla sua piramide e tolse di tasca la scatola di fiammiferi. E allora rispose all’ultima domanda che il Cacciatore gli aveva fatto. «Vedrai, Cacciatore, non sarà difficile attirare mio padre verso l’incendio, perché io andrò a mettermi dentro la baracca.» Dicendo le ultime parole Bob tolse un fiammifero dalla scatola. A questo punto si aspettò di perdere l’uso degli arti. Se il Cacciatore non era l’individuo che aveva sostenuto di essere, non avrebbe permesso a Bob di accendere quel fiammifero. Per estrema cautela il ragazzo non si era mai messo in modo che l’ospite potesse vedere la finestra che si apriva nella parete posteriore della baracca, quindi avrebbe dovuto sentirsi veramente in trappola. Il ragionamento di Bob faceva acqua da diversi punti, e non teneva affatto conto della rapidità di riflessi che un delinquente come quello che gli era stato descritto doveva necessariamente possedere. Forse con maggior tempo a disposizione se ne sarebbe reso conto anche lui, ma non aveva avuto tempo.